Negozio chiude perché «manca personale con un minimo di voglia di lavorare». Scoppia la bufera

Cosa dicono i candidati? «Lavorare il sabato non va bene, iniziare il turno alle otto è troppo presto, gli spostamenti sono troppo lunghi»

Negozio chiude perché «manca personale con un minimo di voglia di lavorare». Scoppia la bufera
di M.A.
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Lunedì 2 Gennaio 2023, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 12:12

VALVASONE - Un cartello. Diretto, abrasivo, intriso di polemica. Poi i fogli sono diventati due. Il secondo riporta solo una parola: «Vergognatevi». Il primo, invece, spiega: «Con grande rammarico ci troviamo obbligati a comunicare che a far data dal 2 gennaio 2023 la Cospalat sospende l’attività nello spaccio di Valvasone». Siamo in piazza Mercato, nel cuore del borgo medievale. Il negozio è di quelli storici, conosciuti da tutti. Un messaggio normale, fino a qui. È quello che arriva dopo a scatenare il pandemonio, con tanto di coda polemica e litigiosa con il sindaco del paese, Markus Maurmair. 


LO SFOGO


Perché lo spaccio Cospalat di Valvasone sarebbe costretto a sospendere l’attività? Il messaggio spiega tutto o quasi.

La decisione, infatti, sarebbe dettata dalla «mancanza di personale». E infine la parte più diretta della comunicazione. Si specifica, infatti, che a mancare sarebbe personale «che abbia voglia di lavorare». «Ringraziamo tutta la clientela per la fiducia di questi anni», si conclude il messaggio riportato sul cartello affisso alla vetrina in piazza Mercato. Quindi, ricapitolando: la Cospalat chiuderebbe perché non si riesce a trovare personale. E alla base ci sarebbe la poca voglia di lavorare dei candidati. Un concetto, questo, espresso a chiare lettere dallo storico consigliere di Cospalat Renato Zampa. 


LA SPIEGAZIONE


«Cerchiamo due persone per mantenere in attività lo spaccio di Valvasone - spiega il consigliere Zampa -, ma non riusciamo a trovarle. E sapete perché? Perché anche solo lavorare il sabato sembra essere un problema per i candidati». E qui inizia il racconto dettagliato di quello che sarebbe avvenuto nelle ultime settimane tra i datori di lavoro (la Cospalat appunto) e chi si è presentato ai colloqui. «L’incarico che offriamo - spiega sempre Zampa - consiste in un lavoro da commesso, dietro al banco dello spaccio di Valvasone. Quaranta o trenta ore settimanali, con tanto di formazione che ovviamente garantiamo. A quel punto sono iniziate grosse difficoltà: su dieci appuntamenti fissati, si presentano di norma solo tre persone. Calcoliamo che al momento per tenere aperto lo spaccio siamo stati costretti a spostare dipendenti da altri negozi del territorio friulano». 


LE RISPOSTE


Cosa si sono sentiti rispondere dai candidati i datori di lavoro? «Prima di tutto voglio dire che praticamente di giovani non se ne vedono - attacca ancora il consigliere della Cospalat che “firma” la polemica -: sotto i trent’anni non si presentano proprio. Le candidature sono rappresentate da over 50, nella stragrande maggioranza dei casi. Poi iniziano i problemi: lavorare il sabato non va bene, iniziare il turno alle otto è troppo presto, gli spostamenti sono troppo lunghi. Ecco perché con quel cartello ho voluto provocare. Sarà un caso, ma da quando è comparso il messaggio ho ricevuto tre telefonate. Speriamo che i prossimi colloqui vadano meglio». 

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LA LITE


Il caso però non si è limitato all’esposizione del cartello che annunciava la sospensione dell’attività allo spaccio Cospalat di Valvasone. A margine, infatti, è andata in scena anche una polemica piuttosto accesa tra lo stesso Zampa e il sindaco di Valvasone Arzene, Markus Maurmair. Quest’ultimo, infatti, ha stigmatizzato così - in un post sui social - lo sfogo della Cospalat. «Un messaggio molto preoccupante dal punto di vista del rapporto datore di lavoro con i propri dipendenti. Bisognerebbe fornire tutte le informazioni del caso (stipendi garantiti, contesto lavorativo adeguato, come le temperature dei locali, e capacità di gestire il personale) prima di esternare affermazioni così pesanti. Da anni l’attività funziona grazie alla buona volontà delle persone che vi lavorano, credo non si meritino una cosa del genere. Non vorrei fosse una sorta di giustificazione per una chiusura preventiva collegata al fatto che nelle vicinanze aprirà un’altra attività similare». Dura la replica: «Accuse infondate e totalmente false. Abbiamo sempre pagato tutti gli stipendi». 

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