A Natale uno "spelacchio" per il Papa dal Friuli: «Simbolo della devastazione subìta dal Paese»

A Natale uno "spelacchio" per il Papa dal Friuli: «Simbolo della devastazione subìta dal Paese»
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Lunedì 5 Novembre 2018, 17:05 - Ultimo aggiornamento: 17:14
«Vorremmo regalare al Papa non il solito tradizionale albero di Natale, ma uno di quelli strappati dalla terra dall'ondata di maltempo che si è abbattuta sulla nostra regione». L'idea di dare in dono una sorta di "spelacchio" (l'abete rosso installato lo scorso Natale a piazza Venezia, a Roma, che ha fatto parlare di sè per tutto il periodo natalizio, a causa dei suoi rami poco rigogliosi e diventato poi famoso in tutto il mondo), ma con un vissuto ben preciso, è di Andrea Maroè agronomo e presidente della Giant Trees Foundation, associazione onlus con sede in Friuli Venezia Giulia, che studia e tutela gli alberi giganti in Italia e in tutto il mondo ed è anche consulente per il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e turistiche per la stesura delle linee guida per la tutela degli alberi monumentali.  «Dobbiamo poter trasformare un disastro in una occasione, perlomeno di riflessione - spiega -. Arriva il Natale e sarebbe bello poter regalare un abete simbolo della distruzione subita dal nostro paese e dalla nostra regione la settimana scorsa».



Quest'anno, infatti, toccherà alla città di Pordenone e alla regione Friuli Venezia Giulia allestire e donare il tradizionale albero di Natale a papa Bergoglio. L'abete verrà collocato al centro di piazza San Pietro a Roma. Un gesto voluto anche per celebrare i 50 anni dalla costituzione della provincia di Pordenone. Una tradizione quella dell’albero di Natale in piazza San Pietro, cominciata nel 1982 per volere di papa Wojtyla che proprio nell'82 aveva ricevuto in dono un abete da un contadino polacco. Da allora, ogni anno, l’albero veniva offerto da una diversa regione europea.



Perché proponete di regalare proprio uno "spelacchio" al Papa? 
«In questo modo rispettando lo spirito dell’enciclica papale “Laudato sì”, non andremmo ad abbattere un ulteriore albero. Inoltre regaleremmo al Papà un simbolo dei Friulani che hanno sempre saputo trasmutare le loro tragedie in una occasione di vita, come già avevano dimostrato col terremoto nel 1976 ed in tantissime altre occasioni drammatiche della loro storia e come d'altronde stanno dimostrando anche ora, rialzandosi anche da questa tragedia».

Ma quanti alberi sono caduti o sono rimasti danneggiati nel vostro territorio?
«Almeno 100mila nel Triveneto. La violenta pioggia e le trombe d’aria abbattutesi hanno distrutto buona parte del patrimonio boschivo della regione spazzando via intere foreste con milioni di metri cubi di alberi distrutti. Un disastro che ci ha colpito, anche se le tragedie naturali sono sempre accadute. Ma ora è l'uomo che ha esagerato con la sua superbia. Ha abusato delle risorse che l’intero pianeta gli ha messo a disposizione».

E che ne farete del resto degli alberi distrutti? 
«Possiamo trasformare il disastro in una occasione per sensibilizzare le persone. Nel nostro piccolo per esempio abbiamo valutato che in Friuli Veneto e Trentino Alto Adige sono caduti come le dicevo migliaia di abeti rossi, i cosiddetti alberi di Natale . E per almeno 10.000 di questi si possono recuperare le punte per farne alberi di natale anziché lasciarli in bosco a marcire o destinarli alla produzione di legna da ardere o pellet. Di queste punte si potrebbe certificare la provenienza e gli italiani potrebbero perciò da un lato sostenere le popolazioni danneggiate dal maltempo e dall’altro evitare che vengano tagliati altri alberi. Festeggiare il Natale con un albero “caduto” potrebbe diventare una forma di solidarietà ma anche creare una più elevata sensibilità ecologica o per lo meno stimolare alla riflessione. Proprio per questo motivo, come Fondazione, abbiamo pensato che sarebbe un grande segnale portare a Roma uno o più dei grandi abeti rossi caduti, anche se parzialmente martoriati». E forse, stavolta, per avere in casa uno "spelacchio", qualcuno potrebbe addirittura mettersi in fila.
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