Camorra, arresti per usura. La moglie del boss alla vittima su chat: «A quando il caffè?»

Camorra, arresti per usura. La moglie del boss alla vittima su chat: «A quando il caffè?»
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Mercoledì 12 Agosto 2020, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 11:47

«Quando chi prendiamo il caffé?»: dopo un silenzio durato per tutto il lockdown è tornata a presentare le sue richieste via WhatsApp nel cuore della notte, Annunziata Cafiero, moglie di Nicola Esposito, detto «ò mostr», quest'ultimo reggente del clan Cesarano, detenuto al 41bis, erede e braccio destro del boss Ferdinando Cesarano per il quale organizzò la sua celebre fuga dall'aula bunker di Salerno.

Il clan Cesarano, fino al 2014, anno dell'arresto, era nelle sue mani. Poi passò in quelle di Luigi Di Martino, detto «il profeta», anch'egli arrestato di recente dai finanzieri che con gli ultimi quattro blitz hanno messo in ginocchio un pericoloso clan di camorra del Napoletano. Con quel messaggio, risalente a maggio scorso, dopo un silenzio iniziato a gennaio, la Cafiero si è rifatta sentire per pretendere la «sua» quota di interessi per quel prestito da 550mila euro risalente al 2011: la pandemia ha fiaccato le sue finanze, come anche quelle della sua vittima, una imprenditrice di Castellammare di Stabia (Napoli) che a causa di interessi usurai, pari al 120%, ha pagato alla camorra 60mila euro all'anno, solo di interessi, per ben nove anni.

 



L'indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, coordinata dalla DDA di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Rosa Volpe) ha evidenziato, per la prima volta, gli effetti deleteri della pandemia da covid-19 non solo sull'imprenditoria e il commercio locale, ma anche sulle organizzazioni criminali che, incattivite per la mancanza di denaro, hanno cominciato ad essere sempre più pressanti e violente con le loro vittime. Dopo tre mesi di lockdown l'usuraio non ne poteva più, doveva recuperare denaro, e dalle pressioni e dalle minacce è passato alle percosse, mandando l'imprenditrice all'ospedale con un trauma cranico. Un passo falso costato caro visto che a questo punto la vittima, consapevole di non poter più pagare quella tangente dopo tre mesi di stop per il bar e il ristorante, ha deciso di rivolgersi agli investigatori facendo emergere un crimine che andava avanti da nove anni.

Gli arresti

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito tra Pompei e Castellammare di Stabia un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta e coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 3 persone, indagate per usura, estorsione e lesioni personali aggravati dal metodo mafioso. La misura è scattata al termine di un'indagine condotta dai finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, partita da alcune operazioni finanziarie anomale e dalle denunce di una famiglia di imprenditori stabiesi operanti nel campo del turismo e della ristorazione, che non riuscivano più a far fronte alle pretese degli usurai, in particolare ora con la crisi economica dettata dall'emergenza sanitaria.
 

Le intercettazioni

Attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali, dichiarazioni di testimoni e riprese dei sistemi di videosorveglianza comunali e privati, le Fiamme Gialle hanno ricostruito un circostanziato quadro indiziario a carico dei due usurai, attivi sin dal 2011: si tratta di Nicola Esposito, 49 anni, (detto «ò mostr»), leader pro tempore indiscusso del «clan Cesarano» e attualmente recluso al «41 bis», che avrebbe prestato all'imprenditore circa 550.000 euro in contanti richiedendone il pagamento di interessi annui pari al 120% del capitale concesso.
Dopo il suo arresto, avvenuto nel 2014, la riscossione delle rate mensili è stata effettuata e garantita da sua moglie, Annunziata Cafiero, 45 anni, che si è avvalsa anche della collaborazione di un familiare, attualmente irreperibile. In particolare, gli indagati avevano costretto le vittime al pagamento mensile degli interessi (5.500 euro) fino a quando quest'ultime non fossero state in grado di restituire in un'unica tranche anche l'intero ammontare del prestito elargito con il rischio, quindi, di non porre mai fine al soffocante rapporto di soggezione con i propri aguzzini e l'incombente pericolo, in alternativa, di cedere agli aguzzini la direzione e la gestione aziendale delle attività imprenditoriali. Le vittime, esasperate dalle continue pressioni ed intimidazioni ne minacce, avevano tentato in tutti i modi di poter sfuggire ed evitare gli incontri con i propri vessatori i quali, il più delle volte, hanno eseguito veri e propri agguati in puro stile camorristico. In particolare, nel corso dell'ultimo incontro avvenuto lo scorso luglio tra la denunciante e la moglie del boss, quest'ultima non ha esitato ad aggredire la vittima procurandole lesioni alla testa.

 

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