La leggerezza e l’orgoglio che attenua il dolore degli altri

di Concita Borrelli
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Mercoledì 14 Agosto 2019, 00:57
Capelli corti. Dispettosi e ironici. Sorriso enorme. Volto provato. Frenesia di dirla tutta. Mani aggrappate al tavolo.
Occhi alla telecamera: «Sono stata male. Operata. Adesso sto bene. Guarita». Poco, pochissimo tempo dopo. Taglio asimmetrico. Parrucca. Paura negli occhi. Coraggio di dirla tutta. Mani sul web: «Il nemico è tornato. Devo combattere. Ce la farò».
Da qui tutti in cortile per fissare la finestra. Attendendo segnali, lacrime, odore di farmaci, parole forti, preghiere, lodi alla vita senza se, senza ma! I servizi in qualità di Iena hanno interessato nella misura in cui si evinceva timbro forte o debole della voce, occhi segnati o particolare euforia. Abbiamo una giovane donna, conosciuta, ma non troppo, rampante, spiritosa. La scopriamo malata. Disposta a raccontarcelo. E che facciamo? Ci perdiamo questo reality? 
Al punto che il suo silenzio degli ultimi mesi ha fatto incazzare anche gli haters. Perché Nadia Toffa nel suo racconto continuo di vissuto, di presente e di futuro ha guadagnato tanto amore e pure tanto odio. Tanta dolcezza e tanta ferocia. Ammirazione quanto biasimo. Non sentirla più ha mosso paure e vertigine. La sua assenza ha innervosito animi nervosi. Ha preoccupato anime in pena. Nadia Toffa è morta. È stata, da tre mesi sino a ieri, la fake tormento del web a causa del prolungato silenzio. Tanto assordante è stato il suo vivere il cancro quanto assordante il suo scomparire dalla rete. Il come la giovane giornalista abbia vissuto la malattia è sacro. E il come abbia detto addio alla vita è sacerrimo. Ne abbiamo fatte di considerazioni forbite e snobistiche sul suo dire troppo. Ce ne scusiamo. 
Ma perché in migliaia hanno vissuto con lei tutto questo è doveroso chiederselo. E non ci soccorre che una considerazione banale ed amara. Quale libro che tessa una trama semplice, ma sul filo, non ti porta a leggerlo fino alla fine? Quale libro che scriva di ospedali, famiglia, morte, resurrezione, sangue, fragilità, cattiveria e anche retorica non t’incastra nel “Come andrà a finire?”
Il romanzo di Nadia Toffa ha venduto milioni di copie. Il romanzo di Nadia Toffa è rimasto aperto sul comodino di tanti. Ieri lo si è chiuso. Eravamo rimasti alla sua pronuncia incerta nelle ultime apparizioni televisive. Al suo smagrimento. A quel sorriso meno vibrante delle ultime immagini in rete. Oggi siamo andati a rivederceli tutti i suoi sorrisi. Qualcuno però si è chiesto davvero che costo avessero? 
Chi ha vissuto il cancro lo sa che si sorride molto, che, più spesso, a piangere sono quelli che ti stanno intorno. Il sorriso è tutta la sfida. È uno schiaffo alla sorte. È dignità. È orgoglio. È allontanare le prefiche. È esibirsi per non scomparire nella compassione altrui. Una fatica! Vivere il cancro è una fatica nel senso nobile di lavoro. Con orari. Regole. Obblighi. Facoltà di urlare, di pregare. Di chiudere la porta. Di starsene per strada. Nadia Toffa che viveva di audience per il suo lavoro in video, ha scelto di vivere di audience anche per il lavoro di malata. Share altissimo. 
Ha vinto. E ha vinto ancor di più se il suo essere stata così sempre presente è servito a chi sta combattendo la malattia. A chi ha da accudire un malato. A qualche cretino che l’ha odiata gratuitamente solo perché ha confuso il non gradimento alla Iena con il rispetto alla persona. E a noi che forse l’abbiamo trovata un po’ ridondante nel suo chiedere e dare carezze a ignoti spettatori. Che il web ti sia lieve, gentile e forte Nadia.
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