Mottarone, controlli mai a sorpresa, burocrazia e poche risorse: è il Paese dell'insicurezza

Mottarone, controlli mai a sorpresa, burocrazia e poche risorse: è il Paese dell'insicurezza
di Francesco Malfetano
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Venerdì 28 Maggio 2021, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 11:32

Controlli programmati e mai a sorpresa. Lungaggini burocratiche e nomine politiche. Contributi pubblici e fondi, probabilmente, spesi male. La tragedia del Mottarone in fondo è quella di un Paese che dimostra di non funzionare in maniera adeguata.

La tragedia del Mottarone

E lo fa per l'ennesima volta, a meno di tre anni dal crollo del Ponte Morandi quando, davanti a 43 vittime, la politica promise «non deve più accadere» e le parole «cultura della sicurezza» finirono sulla bocca di tutti.
Ebbene per questo, quella di Stresa, è una vicenda molto complessa che non può essere ricondotta solo alla cupidigia di Luigi Nerini. Perché se la sua Ferrovie del Mottarone srl - società che ha in gestione la linea funiviaria Stresa-Mottarone dove è avvenuto il terribile incidente - è arrivata ad ignorare un guasto per soldi, è evidente che a non funzionare è stato un intero sistema.

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A partire dal fatto che l'imprenditore nel 2019 ha registrato utili da record. Quasi mezzo milione a cui vanno aggiunti 130mila euro che ogni anno gli versa a titolo di contributo il Comune di Stresa. Lo stesso ente - anche se la proprietà è formalmente della Regione Piemonte - che ha finanziato con 1,8 milioni di euro alcuni importanti lavori di rinnovo dell'infrastruttura quando nel 2015 assegnò nuovamente a Nerini la concessione della funivia fino al 2028.
ISPEZIONI PROGRAMMATE
La società in pratica, al netto dei risvolti indubbiamente difficili della crisi economica dettata dal Covid, grazie ai contributi pubblici poteva sostenere qualche ora o giorno di chiusura per riparare il freno di emergenza anziché bypassarlo.

 


Allora perché non lo ha fatto? Un'ipotesi è che la scelleratezza del gesto sia stata favorita dalla tranquillità di gestore e tecnici nel non ricevere controlli a sorpresa. Perché se è vero che la manutenzione periodica dell'impianto è in regola (l'azienda Leitner di Bolzano ieri ha chiarito che l'ultimo controllo all'impianto frenante risale al 30 aprile scorso), così come lo sono le ispezioni e i registri delle attività giornaliere e mensili tenuti dall'ente pubblico che se ne occupa (Ustif), lo è anche che persistono alcuni dubbi. Come può ad esempio proprio l'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi, Ustif appunto che fa capo al Ministero dei Trasporti (Mit), controllare funivie, sciovie, seggiovie, metropolitane, tranvie, funicolari e persino scale mobili di tutta la Penisola se conta solo una novantina di funzionari.
A loro, sia chiaro, non è imputabile nulla, ma i numeri fanno storcere il naso.

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L'ORGANICO
La sede di Torino ad esempio è guidata dall'ingegnere Ivano Cumerlato e per competenza segue tutto il Nordovest (oltre che la Lombardia ad interim). Quattro regioni e 217 impianti da tenere sotto controllo con soli «tre ingegneri» come ha dichiarato lo stesso Cumerlato in un'intervista a La Repubblica. «Tutto però viene fatto al meglio» ha rassicurato.
Ma è evidente che se la gestione ordinaria con ispezioni dirette a scadenza predeterminata (un anno dopo la revisione generale, poi tre anni e infine cinque) può essere garantita anche grazie alle figure di gestore e direttore d'esercizio a cui si demandano tutta una serie di compiti quotidiani, settimanali e mensili, difficilmente l'Ustif può dedicarsi ad ispezioni a sorpresa. Eppure queste sarebbero una sua prerogativa come chiarisce il Regolamento di esercizio per le funivie del Mit, e soprattutto avrebbero la funzione di non lasciare troppo incontrollato chi ha in gestione un bene pubblico.
GLI ESPERTI E GLI ENTI
Non è dunque un caso se, nel groviglio di responsabilità in cui è impantanata la gestione dei controlli di sicurezza sulle infrastrutture viarie italiane, a lungo esperti e tecnici hanno chiesto di riformare il settore. «L'organo di vigilanza che recentemente ha unificato il settore stradale e quello ferroviario - commenta Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio Nazionale Infrastrutture e Trasporti - ha lasciato nel limbo le funivie».
L'Ustif infatti, proprio in ragione delle poche risorse e di un necessario ricambio generazionale, sarebbe dovuto essere integrato nella neonata Ansfisa.

Ovvero l'agenzia pubblica per la sicurezza nata a seguito della catastrofe del Ponte Morandi per occuparsi dei controlli su strade, autostrade e ferrovie. Un progetto fortemente voluto dal ministro Toninelli prima e dalla De Micheli poi, che però non è ancora operativo a pieno regime.

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Anzi. Istituito a inizio 2019, tra atti necessari alla costituzione di un nuovo ente e lungaggini burocratiche, è diventato operativo solo il 30 novembre 2020. I 569 funzionari in organico previsti, al momento sono solo 164. La prima selezione di personale che avrebbe dovuto portare 61 assunzioni ne ha portate 44. E come se non bastasse, continuano ad alternarsi insieme ai governi anche i vertici. Dal 2019 si sono susseguiti gli ingegneri Alfredo Principio Mortellaro (nominato da Toninelli e defenestrato dalla De Micheli), Carlo Croccolo (appena licenziato dal ministro Giovannini) e ora, nominato ma non ancora insediato, il dirigente dei Vigili del Fuoco Domenico De Bartolomeo. Non resta che augurarsi che sia la volta buona.
 

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