Medaglia d'onore a Luciano Salce: fu deportato nei lager nazisti

Andrea Pergolari, scrittore e autore insieme ad Emanuele Salce
di Valentina Venturi
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Venerdì 29 Gennaio 2021, 19:38

Una battaglia vinta e una verità inconfutabile. Finalmente. Per anni gli è stata attribuita l'adesione alla Repubblica di Salò, invece Luciano Salce non è mai stato un repubblichino. A conferma di una verità che il figlio Emanuele conosceva da sempre, il 28 gennaio sono state consegnate le Medaglie d'Onore ai cittadini italiani, militari e civili, che durante il secondo conflitto mondiale hanno subito la deportazione e l'internamento nei campi nazisti dal 1943 al 1945. Tra questi c'è Luciano Salce il regista, attore e autore scomparso nel 1989. A consegnare le medaglie il prefetto di Roma dott. Matteo Piantedosi, presso la sala “Di Liegro” di Palazzo Valentini. 

«Quella della prigionia – racconta il figlio Emanuele – è certamente la pagina meno nota della vita di mio padre, lui stesso non amava parlarne.

Nemmeno nei suoi scritti tardivi ve n’è traccia. E li ho letti tutti... Ma ci sono le lettere dal campo di prigionia, quelle proprio di quei giorni, scritte sui tristi moduli prestampati germanici, dietro le cui parole con cui cercava di rassicurare la famiglia, si percepisce un dolore ed un senso di precarietà pressoché assoluto».

 

Un riconoscimento che rappresenta l'ultimo tassello di una ricerca di verità, dopo che per anni era stata diffusa la notizia falsa dell’adesione di Luciano Salce alla Repubblica di Salò. In questo modo il figlio ristabilisce una verità storica e privata, strenuamente ricercata: Salce si è rivolto al Ministero della Difesa, agli storici e ai ricercatori fino a ottenere documenti inconfutabili che dimostrassero fatti ben diversi da quelli raccontati.

«Ho anche rinvenuto – prosegue l'attore – quasi casualmente in un faldone con su scritto “lettere di ammiratori” delle lettere di due suoi ex compagni di baracca dello Stalag VII di Moosburg, nelle quali ricordavano quei giorni. Uno, tal Andrea Pedersoli, che lo aveva da poco visto in TV a Studio Uno nel 1965 gli scrive: “Ti rivedo con piacere anche in televisione, ma sappi che andavo anche al cinematografo a vedere i tuoi films! Ed ho rivissuto ne “Il Federale” nella tua breve parte di ufficiale tedesco, quelle tue esibizioni artistiche irresistibili che ci facevi nella triste baracca di Stendaler Strasse, con quei tuoi zoccoli di legno olandesi, mi sembra ieri, ma son passati vent’anni...”. Oggi tutti questi documenti li ho pubblicati su un sito che porta il nome di mio padre. Questa parte della sua storia andava raccontata. La conoscenza dei fatti, ben custodita nella memoria, è un patrimonio irrinunciabile per chiunque».

Luciano Salce non solo non fu mai un repubblichino ma fu anzi una vittima della persecuzione nazifascista. Classe 1922, il regista, scomparso nel 1989, fu fatto prigioniero dall’esercito tedesco dopo l’8 settembre, mentre prestava servizio militare a Modena. Dapprima internato in un campo di lavoro a Moosburg, riuscì a fuggire nel 1944 ma fu catturato al confine italo-austriaco ed imprigionato per quaranta giorni nel campo di concentramento di Dachau, insieme a detenuti comuni russi.

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