Stragi, la Corte di Caltanissetta: «Messina Denaro fu mandante e non esecutore»

Il super bossi di cosa nostra è latitante dal 1993

Stragi, la Corte di Caltanissetta: «Messina Denaro fu mandante e non esecutore»
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Lunedì 12 Settembre 2022, 18:33

«L'accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore». L'ha detto il procuratore generale Antonino Patti che oggi ha iniziato la sua requisitoria nel processo che si celebra in Corte d'assise d'appello a Caltanissetta, nei confronti del latitante numero uno di cosa nostra, accusato di essere stato tra i mandanti delle stragi del 1992 a Capaci e in via D'Amelio.

I 4 superlatitanti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Attilio Cubeddu

La condanna all'ergasto in primo grado per le stragi di Falcone e Borsellino

In primo grado Messina Denaro è stato condannato all'ergastolo. «L'imputato - ha continuato Patti - entrò a far parte di un organismo riservato direttamente alle dipendenze di Totò Riina, il gruppo denominato la 'Super cosà.

L'attività deliberativa, organizzativa di Messina Denaro in favore delle stragi ha cominciato a esplicarsi nell'ottobre del 1991, che coincide con le riunioni in provincia di Enna. Chi è Matteo Messina Denaro? È certamente un mafioso. Ha quattro condanne per 416bis, riferite a tempi diversi. È certamente un assassino perché dal casellario giudiziale mi risulta essere stato condannato per sette stragi e una ventina di omicidi».

Matteo Messina Denaro, al Tg1 l'audio con la voce del boss latitante dal 1993

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