Messina, le mani della mafia sui fondi Ue: 94 arresti, truffa da 5,5 milioni di euro, coinvolti funzionari pubblici e un notaio

Le mani della mafia sui fondi Ue: 94 arresti Messina, truffa da 5,5 milioni di euro
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Mercoledì 15 Gennaio 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 12:09

Arrestate 94 persone, anche amministratori pubblici, in un'operazione contro la mafia in Sicilia che ha smascherato l'assalto ai  fondi dell'Unione europea. È quanto emerge dal blitz che all'alba ha portato alla cattura di 94 persone eseguito da Carabinieri e Gdf. Secondo gli inquirenti la truffa ammonterebbe a oltre 5 milioni di euro intascati indebitamente dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l'ente che eroga i finanziamenti stanziati dall'Ue ai produttori agricoli.

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L'operazione Nebrodi è condotta dai Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare, ed i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, coadiuvati dai militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta, nell'ambito di una vasta operazione contro l'associazione mafiosa di Tortorici (Messina), operativa nell'area dei Nebrodi. La misura cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Messina, su richiesta dalla locale Procura della Repubblica a carico di 94 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. E' emersa una spartizione virtuale del territorio operata dall'organizzazione mafiosa ai fini della commissione di un elevatissimo numero di truffe finalizzate ad ottenere ingenti contributi erogati dalla Comunità Europea sui fondi agricoli.

FUNZIONARI PUBBLICI
Dall'operazione antimafia che all'alba di oggi ha portato all'arresto di 94 persone «sono emersi profili di allarmante riconoscimento del ruolo rivestito da alcuni suoi componenti, anche da parte di pubblici ufficiali». «Basti pensare che uno dei membri più attivi della famiglia mafiosa batanese è stato interpellato da un funzionario della Regione Siciliana, in relazione a furti e danneggiamenti di un mezzo meccanico dell'amministrazione regionale, impiegato nell'esecuzione di taluni lavori in area territoriale diversa dal comprensorio di Tortorici». È quanto dicono gli investigatori. «Ciò a riprova di un forte radicamento della famiglia tortoriciana anche in zone distanti dai territori di origine», dicono.

IL SINDACO
C'è anche il sindaco di Tortorici, piccolo comune del messinese, tra i 94 arrestati nella più grande operazione contro la mafia dei Nebrodi. La Guardia di Finanza di Messina ha arrestato Emanuele Galati Sardo, 39 anni, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l'accusa, Galati Sardo era considerato «a disposizione dell'organizzazione mafiosa per la commissione di una serie di truffe» e «aveva rapporti diretti con il boss Aurelio Faranda», dicono gli investigatori delle Fiamme gialle. il trentanovenne Emanuele Galati Sardo era stato eletto lo scorso aprile supportato dalla lista «Uniti per cambiare Tortorici».


I PROTAGONISTI
Sono due i clan coinvolti nella maxi- inchiesta dei pm di Messina che oggi ha portato all'arresto di 94 persone: quello dei Bontempo Scavo e quello dei Batanesi, entrambi storici e radicati nella zona di Tortorici, sui Nebrodi. Tutte e due le cosche hanno base familiare: l'inchiesta «colpisce» infatti interi nuclei familiari. Secondo gli inquirenti i Batanesi e i Bontempo Scavo avrebbero scelto di non farsi la guerra ma di spartirsi gli affari: come quello delle truffe all'Ue attraverso false intestazioni di decine di terreni da utilizzare per avere i contributi per l'agricoltura. Le due famiglie sarebbero dunque in una fase di tregua armata, «anche se sotto la cenere cova sempre la voglia di fare piazza pulita del concorrente», scrivono i magistrati.

I personaggi di spicco dell'indagine sono, per i batanesi, Sebastiano Bontempo detto il guappo, Giordano Galati detto Lupin, Sebastiano Bontempo, «il biondino» e Sebastiano Mica Conti. Tutti hanno scontato condanne pesantissime per mafia, Mica Conti anche per omicidio. Dopo aver espiato le pene, sono stati scarcerati e sono tornati al vertice del clan. I vertici della «famiglia» dei Bontempo Scavo coinvolti sono: Aurelio Salvatore Faranda e i fratelli Massimo Giuseppe e Gaetano.

Nell'inchiesta sono finiti anche imprenditori e alcuni insospettabili: come il notaio, Antonino Pecoraro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe fatto falsi atti per far risultare acquisiti per usucapione una serie di terreni la cui titolarità serviva alle «famiglie» per chiedere i contributi Ue, e i titolari di una serie di Centri Commerciali Agricoli della zona.

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