Macchina per le schedine acquistata senza appalto: vertici della Zecca indagati

Macchina per le schedine acquistata senza appalto: vertici della Zecca indagati
di Giuseppe Scarpa
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 7 Luglio 2021, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 01:55

Appalti truccati all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. I macchinari, che valgono milioni di euro, per stampare le schedine (anche) del Gioco del Lotto, sono stati comprati senza procedere a un bando di gara. Un acquisto in “forma privata” tra la Zecca e il venditore che nasconderebbe, secondo il gip, un «accordo collusivo». Il reato contestato ai vertici dell’Istituto è l’abuso d’ufficio. Tra gli indagati spicca l’attuale amministratore delegato Paolo Aielli assieme al direttore acquisti Alfonso Chimenti e al direttore operativo Ivo Planeta. Il magistrato Maddalena Cipriani, in una dettagliata ordinanza, ha congelato con un sequestro preventivo, 600mila euro alla Heidelberg Italia. La società che è riuscita a vendere alla Zecca 2 apparecchi di stampa Gallus Labelfire 340 e 2 Lemus nel 2017 per svariati milioni di euro. 

La vicenda: cosa è successo 

L’indagine nasce grazie alla segnalazione di un imprenditore tagliato fuori da alcune gare dell’Istituto Poligrafico. L’uomo si accorge che qualcosa non va negli appalti della Zecca e segnala tutto alle forze dell’ordine. Agli inquirenti riversa anche la registrazione di un colloquio avuto con un alto dirigente della società pubblica che lo mette al corrente di alcune irregolarità. A raccogliere la denuncia è il nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Roma.

Le fiamme gialle danno il via ad un’inchiesta che conferma punto per punto i dubbi dell’imprenditore. 

Poligrafico e Zecca dello Stato: approvati il bilancio e il rapporto di sostenibilità 2020. Utile supera 54 milioni

Per acquistare i macchinari, scoprono gli investigatori, si è fatto ricorso ad un escamotage. Un trucco che permette alla Zecca di ricorrere all’affidamento diretto senza dover procedere ad un appalto. In pratica, ufficialmente, gli apparecchi di stampa non devono essere sostituiti vanno semplicemente aggiornati. Ecco che così viene meno la necessità di aprire un bando di gara e assegnare in forma privata il servizio. In realtà, invece, i macchinari vengono sostituti. Addirittura fatti pagare a un prezzo più elevato «maggiorato», si legge nel capo d’imputazione. 
Quando la finanza bussa alle sedi di Foggia e Roma trova, di fatto, i nuovi apparecchi. Delle vecchie stampanti, dell’aggiornamento che avrebbero dovuto fare per essere riutilizzate, nessuna traccia. A quel punto la procura di Roma, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Claudia Terracina, procedono all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ad, dei due dirigenti della Zecca e del rappresentante legale Heidelberg Italia Andrea Citernesi. 

Le accuse

Il gip Cipriani, in una dettagliata ordinanza fa il punto della situazione. Per il magistrato che autorizza il sequestro preventivo da 600mila euro alla Heidelberg Italia ci sono pochi dubbi. La dinamica è chiara: «L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato invece che procedere alla gara pubblica per selezionare il fornitore dei macchinari di stampa ha concluso l’acquisto con una trattativa privata». «Emerge di tutta evidenza - aggiunge il magistrato - che tale scelta del contraente sia stata posta in essere in violazione della normativa sugli appalti pubblici. Nel momento in cui si accertava che l’upgrade non fosse espletabile non poteva affatto procedersi all’acquisto con il fornitore», ammonisce il gip. Cipriani sostiene che la compra vendita è stata «frutto di un accordo collusivo» Al riguardo, il magistrato, fa un esempio: «Con riferimento all’acquisto delle macchine Arsoma appare sospetto che i tecnici della Heidelberg avevano verificato» all’inizio «la possibilità dell’aggiornamento delle stampanti, quindi era stato autorizzato l’upgrade e stabilito il prezzo» poi, «a distanza di tre mesi, con il contratto già aggiudicato, stabilivano che le macchine erano obsolete per l’aggiornamento». «Tale modalità - conclude il magistrato - appare ancor più sintomatica di accordi collusivi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA