Camorra, il pentito: «Il senatore Cesaro mi diede 10mila euro per comprare voti. Chi barava veniva picchiato»

Camorra, il pentito: «Il senatore Cesaro mi diede 10mila euro per comprare voti. Chi barava veniva picchiato»
di Leandro Del Gaudio
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Martedì 9 Giugno 2020, 23:30 - Ultimo aggiornamento: 10 Giugno, 09:00

«Fui convocato da Luigi Cesaro, che mi diede diecimila euro per effettuare gli acquisti di schede elettorali. Poi ci tenne a farmi delle raccomandazioni: mi disse di controllare il lavoro dei galoppini, ma anche di verificare la corrispondenza dei soldi investiti, scheda per scheda, e i voti portati a casa». Ad accusare il senatore azzurro Luigi Cesaro, ci pensa il pentito di camorra Ferdinando Puca. È lui ad aggiungere un particolare sinistro su quello che chiama il sistema «elettorale» di Luigi Cesaro: «Insisteva su un punto: controllare la corrispondenza di soldi e voti, secondo le modalità concordate, perché è questo il motivo che spinge i politici a rivolgersi alla camorra». E se i conti non tornano? Ci sono le punizioni, i metodi violenti, anche in questo caso avallati dallo stesso senatore, stando al pentito che ricorda l’incontro in casa di Luigi Cesaro per le comunali del 2011: «Mi disse che dovevo comprare le schede elettorali con i 10mila euro che mi diede, dovevamo poi controllare se qualcuno vendeva due volte il suo voto e dovevamo picchiare se qualcuno non rispettava i patti. I Cesaro avevano persone nei seggi, poi c’erano i galoppini che prendevano dieci euro, mentre il voto costava 50 euro per ogni elettore». A questo punto, il pm insiste e chiede se questi accordi fossero stati concordati direttamente con Luigi Cesaro: «Assolutamente sì. E siccome la campagna elettorale andò bene, Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35mila euro, che io divisi con Pasquale Verde, alias ‘o cecato». Seguono accuse già note (perché disvelate nel corso del processo che ha visto finire in cella i fratelli Cesaro nel corso dell’inchiesta sul Pip di Marano), a proposito delle denunce firmate in questi anni dai tre fratelli imprenditori del politico: «Dicono di essere vittime del racket - insistono i pentiti - ma sono loro i veri carnefici». 

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Parole, accuse, a cui si aggiungono 28 intercettazioni di Luigi Cesaro, captato mentre è in auto con Luigi Vergara, suo collaboratore politico, usando l’utenza telefonica di quest’ultimo. Ed è proprio nel corso di queste intercettazioni, che Cesaro si lascia andare una battuta poco edificante per un uomo delle istituzioni, quando commenta la scelta di un esponente del clan Puca di collaborare con la giustizia: «Scemo si è pentito ora di Perfetto». Frase sgrammaticata e pronunciata tra i denti, che potrebbe esprimere il proprio disappunto per la decisione di Giuseppe Perfetto di collaborare con lo Stato, passando a riempire le fila di pentiti che hanno preso di mira la sua famiglia in questi anni.


È il 22 ottobre del 2016, quando Luigi Cesaro viene intercettato all’interno dell’auto del suo socio. Questa volta però conversa al telefono con Luigi Di Spirito, alias «palatella», indicato dagli inquirenti come una figura di spicco del clan Puca. Una conversazione che verte sul ruolo assunto da Antimo Cesaro (da ieri in carcere) e Francesco Pio Di Lorenzo, indicato come testa di ponte in consiglio comunale per conto dei Puca, ma anche come soggetto capace di curare gli interessi della camorra locale negli uffici chiave del Municipio. Di Spirito si lamenta per l’eccessivo peso di Di Lorenzo e contesta al senatore il fatto di non aver arginato l’asse tra il fratello Antimo e lo stesso Di Lorenzo. A questo punto, il senatore si limita ad ammettere e confermare il ragionamento del camorrista dei Puca, con una frase indicata in grassetto da parte del gip: «Piuccio mi ha detto che solo con Antimo è andato d’accordo». Una frase che suona come una conferma, agli occhi degli inquirenti, dell’esistenza di accordi garanti dal gruppo Cesaro.

Ma agli atti dell’inchiesta anche altri collaboratori di giustizia, che fanno riferimento a un’eccellenza del mondo sanitario convenzionato con la regione Campania. Parliamo del centro Igea, dove - a detta del pentito Lamino - si sarebbero tenuti summit, organizzato campagne elettorali e versato soldi ai parenti dei Puca, indicati sempre e comunque come soci occulti dei Cesaro. Spiega il pentito Lamino: «Certe riunioni avvenivano sia presso il mobilificio Di Lorenzo, sia presso il centro Igea gestito da Antimo Cesaro, che si avvale di Luigi Vergara (coordinatore locale di Forza Italia), per mantenere i rapporti con gli altri, anche se è sempre lui a decidere e finanziare la campagna elettorale. Ho saputo di accordi per avere voti in cambio di commesse pubbliche», dice il pentito a proposito della campagna elettorale per sostenere la candidatura di Corrado Chiariello (che nel 2017 venne battuto alle elezioni, ndr).

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Ed è il capitolo lavori pubblici, che riconduce al sistema creato dall’ingegner Valentino (da ieri in cella) e rafforzato da Francesco Pio Di Lorenzo. Stando alle verifiche del Ros, dal 2017 al 2019, sono diversi gli episodi di intimidazione nei confronti di dirigenti e consulenti nominati dal sindaco di centro sinistra. Messaggi sinistri, azioni violente che vengono ricondotte a Francesco Di Lorenzo, Luca Antimo, Giuseppe Di Domenico, Nello Cappuccio, ritenute responsabili di una escalation di intimidazioni: come le bastonate alla schiena inferte a Santo Maisto, costretto a rinunciare all’incarico pubblico nel settore urbanistica; come la «imbasciata» fatta per lo stesso motivo al geometra Giuseppe Carola («vengo ad uccidere te, tua moglie e tutta la famiglia»); per arrivare poi alla telefonata alla madre di Anna Cavaliere, nominata consulente dalla giunta Russo, dopo le elezioni del 2017: «Signora, date un consiglio buono a vostra figlia... ditele di non tornare più a Sant’Antimo, altrimenti le diamo due botte dietro...». 

Ed è in questo scenario che sarebbero stati anche raggiunti alcuni consiglieri comunali per indurli a votare la sfiducia alla giunta Russo, con metodi gestiti sul solito binario: da un lato intimidazioni, dall’altro soldi (6000 euro a consigliere) per corrompere esponenti politici. Centinaia di intercettazioni agli atti, ce n’è una che risale al nove febbraio del 2018, nel mobilificio di Di Lorenzo: in questo caso, Luigi Cesaro avrebbe chiesto a Corrado Chiariello di sostenere la candidatura al Senato di Flora Beneduce, in uno scenario scandito - scrive la pg - dalla solita prassi clientelare.

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