Sta succedendo un quarantotto. Così diciamo noi del Sud, per segnalare una situazione sconvolgente. Ma stavolta siamo oltre: un 48,8. Più. Più bruciante di qualsiasi rivoluzione, più bollente di ogni cosa. Con in più un’aggravante personale: l’allergia all’aria condizionata. Una condanna nella condanna. Specie se vissuta, come la stiamo vivendo, quaggiù in Sicilia dove le fiamme del clima, ma da questa parte dello Stretto si vedono in lontananza anche le fiamme del fuoco dei boschi calabresi, ardono senza pietà. Chissà se l’inferno ammesso che esista sarà così infuocato.
Sicilia, l'acqua basterà?
Nel frattempo, il 48,8 vissuto da dietro alla mascherina - conviene usarla anche all’aperto, non si sa mai - vale almeno il doppio.
Caldo, 48.8° a Floridia (Siracusa): nuovo record europeo. Il precedente era di 48.5° nell'Ennese
Un vero antidoto alle fiamme climatiche in realtà non c’è. Un cappello in testa? Macché, s’infuoca anche quello. Un ombrello piazzato sulla nuca dall’alba al tramonto e magari pure di notte? Non molto pratico. La camicia di lino? Ma chi ha mai detto la balla che il lino è il tessuto più fresco? Portarsi un ventilatore ovunque e dappertutto? No perché poi si scarica. Non resta che restare fermi, chiusi in casa, blindati rispetto alla quota quasi 50, immobili davanti al flusso dell’aria condizionata. Ma chi è allergico all’aria condizionata - basta un soffio ed è mal di gola, due producono polmonite, tre la morte per il freddo che forse è preferibile a quella per il caldo - che cosa deve fare? Maledire il cambiamento climatico. Tifare Greta che se la prende con il riscaldamento globale. Ma Greta chi?
La Sicilia aspetta e spera
La signora Cettina, a Messina, anzi a Torre Faro che è una frazione della città siciliana proprio sulla punta dello Stretto, frigge le melanzane ma quasi non c’è bisogno di friggerle. L’olio bollente sta nell’aria. E per di più, con questo caldo, passa la fame. Non resta che bearsi dei ricordi, spesso falsissimi, che servono come consolazione quanto il ghiaccio sulla fronte. E quando piovve per tutto agosto e sembrava di stare sulle Dolomiti? E quando passammo ferragosto chiusi in casa perché fuori infuriava la tramontana, o era grecale?
Il popolo dei quarantottini-quarantottardi boccheggia - qui a Messina a suo tempo soprannominata la città ventosa che ha tradito la sua fama - ma non molla. Aspetta e spera. E come al tempo di guerra ascolta i bollettini. Domani sale, dopodomani scende, forse si arriva a 50 gradi ma forse no, Lucifero prima o poi si stancherà ma non è detto perché il diavolo è il diavolo e ci tiene al suo posto fisso di cattivo. Un’altalena di speranze di liberazione che però, puntualmente, i bollettini terroristici raffreddano. E a raffreddarsi in questa bolla di calore sono solo le speranze che finisca tutto subito. Ma si sa che non è così. E allora Resistere-Resistere-Resistere: ma fino a quando? Quousque tandem abutere, Lucifero, patientia nostra?
“È un corpo a corpo tra lui e noi”, dice una signora che sta comprando al supermercato una scorta di ventilatori. Ma l’eccesso di consumo elettrico non è detto, con una rete così malmessa, che non faccia saltare il sistema. E a quel punto finiamo disarmati di fronte alle raffiche di Lucifero. E quaggiù si brucia come il Parco dell’Aspromonte, come nella Valle Infernale di San Luca in Calabria, come nelle campagne del Montiferru nell’Oristanese, come nella brace di Siracusa, come nel forno qui a Messina. Non resta che vagheggiare la Siberia. Se non fosse che perfino lassù le fiamme questa estate hanno divorato un milione e mezzo di ettari di bosco ed è arrivata una siccità siciliana. Allora si può sognare il freddo Canada? Nemmeno. Da quelle parti si sono sfiorati, per la prima volta nella storia, i 50 gradi. Quindi conviene tenerci i nostri 48,8 sognando che Lucifero il più presto possibile ci faccia uno sconticino.