Luca Rizzoli, 19 anni, romano delle Zebre Rugby di Parma: «Siamo rinchiusi in hotel a Città del Capo, ma fuori è come se la pandemia non esistesse» Oggi il rientro

Luca Rizzoli, Fotosport.itFir
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 28 Novembre 2021, 03:24 - Ultimo aggiornamento: 03:50

«Sì sì, stiamo bene, benissimo. Ho letto che qualcuno in Italia ci ha considerato in situazione “drammatica”: ma quando mai? Certo, li ringrazio per l’interessamento ma per noi qui è solo una gran noia: siamo chiusi in hotel invece di giocare a rugby o di visitare una delle città più belle del mondo. Il Covid? La variante sudafricana? Non pervenuti: noi giocatori restiamo sempre in “bolla”, ma a Cape Town vediamo vivere come se la pandemìa non esistesse».

Ecco Luca Rizzoli, 19 anni, Roma Nord, medie al Convitto, liceo della Farnesina, pilone o tallonatore delle Zebre di Parma in trasferta in Sud Africa nonché azzurro Under 20 cresciuto all’Unione rugby capitolina dove sanno crescere i talenti fin da bambini: «In via Flaminia ho iniziato a 5 anni, non ho più smesso.

E no, in famiglia non c'erano tradizioni ovali».

Il ragazzone parla dal cinque stelle Radisson Blu sul Waterfront, sull’oceano Atlantico, insomma. All’orizzonte c’è Robben Island, per 18 anni prigione del detenuto 46664 Nelson Mandela, a sinistra si scorgono le spiagge candide di False Bay, alle spalle la maestosa Table Mountain che fa ombra a 430mila abitanti.

E poi la primavera inoltrata, 20 gradi, brezza costante dal mare. Mettetevi allora nei panni (larghi, Luca, 100 chilogrammi,  è uno della prima linea della mischia) del romano che passa le ore al telefono a rassicurare papà, mamma, sorella maggiore e amici che le preoccupazioni in arrivo dall’Italia sono infondate: «La delusione per la cancellazione a sorpresa delle partite a Città del Capo e a Durban previste dall’United Rugby Championship (una coppa per squadre gallesi, scozzesi, irlandesi, italiane e sudafricane, ndr) è stata forte, ma ce ne siamo fatti una ragione nonostante il pensiero di quei 18mila chilometri in aereo per nulla. Oggi dovremmo pure tornare in Italia con un charter via Regno Unito e senza fare quarantene: del resto dall’atterraggio al rientro noi 43 del gruppo, sempre “tamponati”. non avremo avuto alcun contatto con altri».

TRAPIANTO DI CUORE

E poi Luca, ultimo aggregato alle Zebre dall’Accademia federale di Parma, non era nemmeno fra i convocati per una trasferta così impegnativa contro Stormers e Sharks, squadroni dell’elite mondiale del rugby. «Ma si è fatto male un compagno e l’allenatore Bradley, 24 ore prima del decollo, mi ha detto: “Preparati, domani vieni con noi in Sud Africa per 10 giorni”. Sono stato tramortito dalla sorpresa. Non ho fatto in tempo a leggere una riga su questa città che toglie il fiato, mi piace documentarmi quando viaggio».

A due passi dal vostro hotel c’è il Groote Schuur Hospital dove nel 1967 Christiaan Barnard fece il primo trapianto di cuore. «Interessante - dice ancora Rizzoli che sta frequentando il liceo collegato all'accademia -  ma a noi è tutto proibito, una disdetta. È che se ti affacci alle finestre vedi solo scene di vita normale. Poi, sì, arrivano notizie dal nord del paese, da Pretoria, da Johannesburg, dove i contagi si sono moltiplicati e capisci che è meglio non allentare la difesa, usare tutte le precauzioni». Sacrosanto: ieri sono atterrati in Olanda due aerei provenienti dal Sud Africa: 85 passeggeri su 624 sono risultati contagiati con la possibile che sale al95% che si tratti della nuova variante Omicro.

Con le Zebre, franchigia della Federugby che come la Benetton Treviso scende in campo solo nelle coppe internazionali, in Sud Africa c’è anche Maxime (Mbandà, ndr), veterano della squadra e della Nazionale: l'anno scorso, quando non si poteva giocare, ha fatto l’autista volontario sulle ambulanze per i contagiati.Anche i suoi genitori hanno rischiato di morire di Covid. 

«Questo periodo trascorso in albergo sta comunque rafforzando il gruppo - continua Rizzoli -  Noi giocatori restiamo comunque dei privilegiati: ok, le nostre partite sono saltate, ma intanto a 19 anni ho avuto la possibilità di vedere una meraviglia come Cape Town».

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Paolo Ricci Bitti

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