Responsabilità parallele che, nel giro di pochi giorni, hanno contribuito a provocare la morte di uno studente di quindici anni. Da un lato, il cibo scadente: non tracciato, conservato male e abbattuto con strumenti vecchi prima di essere servito; dall’altro, un intervento medico quanto meno poco tempestivo, che non è riuscito ad impedire la più tragica delle conseguenze. Sono queste le motivazioni che hanno spinto la Procura di Napoli a notificare due avvisi di conclusione delle indagini a carico di un imprenditore cinese, ex titolare di un ristorante di cibo orientale al Vomero; e nei confronti di un medico di famiglia, che si sarebbe limitato a consigliare una cura non adeguata (per altro dopo un consulto telefonico), senza disporre accertamenti specifici e analisi approfondite. Due avvisi di conclusione delle indagini, atto che fa in genere da preludio a una probabile richiesta di rinvio a giudizio, che portano la firma dei pm Federica D’Amodio e Luigi Landolfi, al termine delle indagini condotte dai carabinieri del Nas.
LE ACCUSE
Brutta storia, quella toccata a Luca Piscopo, liceale di Soccavo morto a soli 15 anni lo scorso due dicembre. Ucciso da una infezione di salmonella e da cure superficiali e in ritardo, secondo quanto emerge dalla lettura dei due avvisi di garanzia. È il 23 novembre scorso, quando Luca si reca assieme ad alcuni compagni di classe in un ristorante di sushi al Vomero (oggi ha cambiato gestione, dopo le prime indagini a carico dell’imprenditore di nazionalità cinese finito sotto inchiesta).
Atletico, salutista convinto, in perfette condizioni di salute, Luca viene stroncato dopo almeno una settimana con picchi di febbre altissima, vomito e diarrea. Le accuse oggi ipotizzate dalla Procura di Napoli: omicidio colposo, somministrazione di sostanze nocive, delitti colposi contro la salute pubblica, violazione della legge sugli alimenti mal conservati sono le accuse mosse al ristoratore; omicidio colposo in ambito sanitario è l’ipotesi investigativa a carico del medico. Scrivono i pm: non c’era documentazione attestante l’origine dell’alimento; non sono stati impiegati congelatori adatti; assenza di schede tecniche a proposito degli strumenti di abbattimento del prodotto (una tecnica decisiva nelle operazioni di scongelamento, per uccidere i batteri); mancanza di un rilevatore della temperatura nella gestione dei pozzetti di congelamento.