Lombardia zona rossa, è scontro. Fontana: «Siamo arancioni»

Lombardia zona rossa, è scontro. Fontana: «Siamo arancioni». Tregua con Fontana
di Francesco Malfetano
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Giovedì 26 Novembre 2020, 23:06 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 14:58

Meno terapie intensive occupate ma morti in aumento. I numeri del bollettino pubblicato ieri dalla Protezione Civile, fotografano appieno la situazione del Paese: un sostanziale equilibrio. O meglio, per usare una metafora, una montagna ancora da scalare di cui però iniziamo a vedere la vetta. 

Al trend dei ricoveri che fa ben sperare (-275 i nuovi pazienti registrati ieri e -264 mercoledì) e al segno “meno” che per la prima volta in questa seconda ondata è apparso anche nella casella delle terapie intensive (-2 rispetto alle 24 ore precedenti quando se ne contavano 32 in più), fanno infatti da contraltare la lieve risalita della curva epidemica (29.003 casi oggi, contro i 25.853 di ieri, con 232.711 tamponi, circa 2.700 più di ieri) e, purtroppo, l’aumento del numero di decessi. Le morti registrate sono infatti 822, cento più di mercoledì, per un totale di 52.850 vittime. 

Cifre che dimostrano la complessità ancora attuale della pandemia.

Per questo «serve massima attenzione. Non bisogna rilassarsi, né fare passi in avanti» ha spiegato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano. «I dati sull’epidemia di oggi confermano una stabilità - aggiunge il docente - Siamo al plateau. Vedo una situazione che, però, non ci prospetta un’immediata fuoriuscita. Quindi dobbiamo pensare a un Natale più che sobrio». Ci sono ancora da abbattere diverse criticità in pratica. E per farlo serve tempo perché, in un eventuale crono-sviluppo (molto semplificato) della pandemia, nel corso della fase espansiva l’indice Rt è il primo ad alzarsi, poi aumento casi, quindi le terapie intensive, poi morti. Per tornare sotto controllo, è invece valido il percorso opposto: prima cala l’Rt, poi i casi e le terapie intensive, infine i morti. È evidente quindi che la direzione è quella giusta, ma per arrivare al traguardo bisogna attendere. «Abbiamo una tendenza verso il miglioramento che potremmo vedere non prima di una settimana» ha continuato Pregliasco. «Abbiamo dei valori stabili che sono in qualche modo positivi seppure non proprio soddisfacenti. Vediamo qualche piccola scintilla di luce, se escludiamo il dato drammatico dei decessi che, però, sono originati dalla fase espansiva, esponenziale dell’epidemia».

I numeri quindi, chiamano prudenza. Una prudenza che però, soprattutto le Regioni che per prime sono entrate in zona rossa, non sono disposte a tollerare in pieno. I dati del monitoraggio settimanale che domani saranno presentati dalla cabina di regia al Cts e poi al governo (Conte si è detto ottimista, «Mi aspetto da domani un Rt vicino all’1»), consentirebbero (a livello formale), a Lombardia e Piemonte di entrare in zona arancione. L’esecutivo però, con il ministro della Salute Roberto Speranza in testa, vorrebbero lasciare le cose come stanno almeno fino al 3 dicembre. Ovvero fino a quando la scadenza del Dpcm in vigore dal 6 novembre, non costringa ad una rivalutazione generale in cui entreranno anche le norme relative al Natale. Un’ipotesi che però ha mandato Attilio Fontana, governatore lombardo, su tutte le furie: «Nonostante la mia opposizione, il governo intende mantenere in vigore fino al 3 dicembre le attuali misure restrittive e quindi lasciare la Lombardia in zona Rossa», il che «significa non fotografare la realtà dei fatti e non considerare i grandi sacrifici dei lombardi». 

Uno sfogo deciso a cui segue però un chiarimento con Speranza: «Entrambi condividiamo che, secondo il modello delle ‘zone’ predisposto dal governo, la Lombardia abbia tutti i requisiti per passare da quella rossa a quella arancione - dice - Ci siamo lasciati con l’impegno di riaggiornarci molto presto per verificare quella che realmente può essere la data giusta per allentare le misure restrittive nella nostra regione». Per fugare ogni dubbio quindi, non resta che aspettare i dati di oggi. 
 

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