L'Aquila, l’Università scommette sul futuro: «Riapriremo la Casa dello studente»

L'Aquila, l’Università scommette sul futuro: «Riapriremo la Casa dello studente»
di Raffaella Troili
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Mercoledì 3 Aprile 2019, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 08:35

dal nostro inviato
L’AQUILA Troppi mancano all’appello. In città, e nei ricordi che in queste ore rendono gli abruzzesi sfuggenti e inquieti. La Casa dello studente rasa al suolo diverrà un parco della memoria ma per ora quel buco ai margini della strada con i nomi delle vittime sulla recinzione riapre ferite e fa voltare veloce lo sguardo. Potesse dimenticare e tornare in questi vicoli che ha tanto amato lo farebbe subito, Stefania Cacioppo, aveva 23 anni quando è uscita viva dalle macerie dello studentato di via XX Settembre. «Vivo nella speranza di tornare un giorno, ho sempre avuto sentimenti contrastanti verso L’Aquila - dice ora dalla Sicilia - l’ho amata da impazzire e odiata tantissimo, la grande Signora che tutto mi ha dato e tutto si è ripresa». 

Qui si è laureata, ha pianto i suoi amici e pure a distanza, dopo dieci anni la grande famiglia dell’università resiste, anche grazie all’avvocato Wania Della Vigna che ha supportato tanti di loro. «Sono passati dieci anni e ancora sento quell’odore di calcinacci». Di quella notte in cui ha visto la morte ballarle intorno ricorda i pianti, le preghiere, l’ultimo desiderio, quello di chiamare la mamma per sentire la sua voce, «non piangere stai tranquilla, la tranquillizzai anche se non sapevo ancora se ne sarei uscita viva». Michelone il suo migliore amico non ce l’ha fatta, «la sua morte ha stravolto la mia scala di valori, ancora non ho superato i sensi di colpa, spero di essere felice un giorno e tornare all’Aquila». 

IL DOLORE 
Alessio Di Simone è rimasto sotto le macerie della Casa dello studente, aveva 24 anni era di Penne a giugno avrebbe finito la specialistica in Informatica. Al padre Roberto piace ricordarlo dove e come può. «Mia moglie è più religiosa io mi sono buttato sul sociale. È nata una associazione di Protezione civile che porta il suo nome, ogni anno con gli amici si fanno cene e fiaccolata, a Penne gli è stata intitolata una stradina, da dieci anni saliamo a passeggiare in suo ricordo sul monte Camicia. Iniziative che fanno bene al cuore di padre perché il tempo non lenisce ma acuisce la mancanza di questo figlio mio». 

Alessio quella sera è tornato dentro, dopo le scosse, aveva una lezione, voleva riposare, la fidanzata no e si è salvata. «Lui ci rassicurava in quel periodo, sono scosse di assestamento ci hanno detto». Come faceva Luca Lunari, 20 anni, di Rieti da pochi mesi nella Casa dello studente, iscritto a Ingegneria informatica, «aveva sogni e progetti, non ha avuto il tempo di fare niente» sussurra il padre Roberto pensando anche a quella figlia di sei mesi che il ragazzo non ha avuto il tempo di crescere. «Luca quella notte si è rimesso a letto, non è uscito come gli altri». L’ha visto l’ultima volta il 5 pomeriggio, è ripartito, doveva dare un esame. «Ci aveva tranquillizzato: l’architetto ha visionato le crepe e ci ha detto di stare tranquilli al massimo dormite vestiti e nella sala studio…. Per non parlare di quel rettore mi chiamò per conferire una laurea ad honorem, mi chiese mio figlio dove stava… ho chiuso il discorso». Al dolore si aggiunge la rabbia per le condanne lievi, ma il decennale conta poco «ogni anno è uguale». 

IL FUTURO 
La rettrice Paola Inverardi sottolinea la voglia di ricominciare, la vocazione universitaria della città. «A ottobre 2010 erano ricominciati tutti i corsi nei luoghi meno danneggiati o in locali affittati. Per sei anni siamo stati oggetto di interventi emergenziali da parte del Governo - niente tasse universitarie, rimborso degli affitti - ora quella fase è finita siamo in grado di rientrare nell’ambito del sistema delle norme nazionali. I numeri ci danno ragione: con 19.500 iscritti e il 40% degli immatricolati da fuori regione, l’Ateneo ha retto e bene, abbiamo investito nella qualità della didattica e investito nella sicurezza. Ma non possiamo dimenticare dove siamo e cosa siamo. Dunque bisogna essere attori primari della ricostruzione. Vuol dire che sarà un territorio più resiliente rispetto a come sta cambiando il mondo attorno a noi. Facciamo prove di evacuazione molto spesso, è la nostra realtà e dobbiamo vivere in modo sicuro». 

Per gli studenti fuori sede funziona la Caserma Campomizzi da 360 posti «si prevede la ricostruzione di una Casa dello studente nell’ambito di un nostro insediamento in centro e in altri fabbricati». Per le strade giovani studentesse si aggirano serene. Sara Panzini, 21 anni, della provincia di Frosinone ha preso una stanza in affitto con Lavinia Albanese, romana, studiano Lettere (gli affitti delle stanze si aggirano intorno ai 200/230 euro al mese). «Non abbiamo paura, i nostri genitori all’inizio sì. Le aule sono a misura, siamo seguiti». Marianna Brandini, Alice Persichetti e Claudia Giorgi frequentano un master in lingue e culture moderne. «La struttura è moderna, ci sentiamo al sicuro e tante cose intorno le abbiamo viste pian piano rinascere. Ora è più bello passeggiare per L’Aquila». 
 

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