L'italiana rapita in Kenya: «I terroristi cercavano proprio Silvia»

L'italiana rapita in Kenya: «I terroristi cercavano proprio Silvia»
di Cristiana Mangani
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Giovedì 22 Novembre 2018, 10:33 - Ultimo aggiornamento: 10:46

Cercavano «la donna bianca», «la straniera»: un rapimento mirato quello di Silvia Costanza Romano, 23 anni, di Milano, e un lavoro nella onlus marchigiana Africa Milele. Un sequestro che potrebbe ricondurre ad al Shabaab, il gruppo jihadista vicino al Qaeda, radicato nel sud est della Somalia. Sebbene la matrice non sia chiara e alcuni testimoni lascino ipotizzare che possa essersi trattato anche di un assalto messo a segno da pastori somali, tutto porterebbe verso un'azione terroristica.
Erano le 19 di martedì sera quando un commando di circa sei uomini ha attaccato un mercato in un villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi, in Kenya. La ragazza era in casa, nei pressi di una strada che conduce al parco nazionale Tsavo, vicina al luogo, dove segue un progetto di sostegno all'infanzia con i bambini di un orfanotrofio. Dovevano essere in tre gli italiani sul posto, ma lei era rimasta sola perché i due colleghi erano rientrati per questioni di salute. E quando si è trovata davanti il gruppo armato di fucili Ak 47 e di machete, ha chiesto aiuto. «Sparavano all'impazzata», hanno raccontato i testimoni. E hanno lasciato a terra almeno 5 feriti, tra i quali diversi bambini, alcuni in gravi condizioni. Che si trattasse di un attacco nei confronti dell'italiana, comunque, sembrano esserci pochi dubbi. Era lei che cercavano durante il blitz, e quando l'hanno trovata, l'hanno schiaffeggiata più volte, legata e portata via.

RISCATTO O RAPPRESAGLIA?
L'Unità di crisi della Farnesina ha subito attivato le procedure di intervento, l'ambasciatore italiano a Nairobi, Alberto Pieri, ha chiesto alla polizia di avviare le indagini, e sul territorio si sono già mossi i nostri 007. Quale la ragione del sequestro? La richiesta di un riscatto, o una rappresaglia nei confronti di chi si opera per portare cultura e conoscenza sul posto? La polizia kenyota rinnova l'appello a evitare speculazioni. Il capo della polizia, Joseph Boinnet, sostiene che non sia ancora chiaro chi siano i sequestratori: «Stiamo indagando, la gente dovrebbe smettere di speculare». Mentre un altro ufficiale di polizia ha dichiarato: «Sappiamo che c'è stata una disputa all'orfanatrofio, e stiamo esaminando questa ipotesi». «Banditi», dunque, a loro dire. Criminali comuni. Anche se il sospetto concreto è che l'operazione porti la firma di al Shabaab, gli eredi delle Corti Islamiche e filiazione somala di al Qaeda che, dal 2011, rapisce, uccide e compie razzie anche nelle province settentrionali del Kenya.
In realtà questa non è una tradizionale area di infiltrazione del gruppo terroristico, anche se di recente i fondamentalisti islamici sembra godano di diversi appoggi locali. Nella stessa zona, infatti, opera il movimento separatista Mombasa Republican Council, un calderone al cui interno per Shabaab non sarebbe difficile trovare agganci e imbastire operazioni come questa (con eventuale rivendita di ostaggio compresa nel pacchetto). Fonti italiane, al momento, ritengono che sia più probabile la pista della criminalità comune. Anche se in una regione così tormentata non è raro che gli ostaggi passino di mano in mano, e non è quindi escluso che Silvia possa essere venduta dal gruppo e finire prigioniera degli islamisti.

L'INCHIESTA
Nel frattempo, la procura di Roma ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona per finalità di terrorismo. «Ci stiamo lavorando», ha commentato il ministro dell'Interno Matteo Salvini, al termine di un'audizione al Copasir. Resta il fatto che la zona scelta dalla giovane volontaria era considerata poco sicura da molte associazioni. A 70 chilometri dalla ricca e turistica Malindi, Chakama è in realtà poverissima. «Non mi capacito quello è un posto tranquillo, c'è solo un negozio», ha detto ieri Lilian Sora, fondatrice della Onlus marchigiana. «Le avevo detto di non andare perché non è un posto sicuro, ma lei mi ha risposto che lì erano tutti suoi amici - ha raccontato Davide Ciarrapica, fondatore della onlus Orphan's Dream, con cui Silvia aveva fatto un'esperienza di volontariato - A Chakama non c'è nulla, solo una camera per i volontari, è nella foresta, in mezzo al niente». Ma lei aveva risposto: «Bello! In mezzo al niente ad aiutare i bambini».

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