Ischia, le demolizioni fantasma delle case abusive: ne hanno eseguite solo il 2%

Le sentenze di abbattimento passate in giudicato sono poco più di diecimila. Nelle mappe ufficiali emerge che la zona della frana è a rischio zero

Ischia, le demolizioni fantasma: ne hanno eseguite solo il 2%
di Gianni Repetto
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Lunedì 28 Novembre 2022, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 15:25

Ora, di fronte alla sciagura e alla conta dei morti, c’è chi sostiene che la frana sia tutta colpa della cattiva manutenzione degli alvei e delle briglie del monte Epomeo. L’abusivismo? Non c’entra, è l’azzardo di chi tenta di difendere l’indifendibile. Eppure che a Ischia, da anni e per anni, si sia costruito in disprezzo di ogni regola è roba che ha riempito le cronache dei giornali, i fascicoli della Procura e anche gli uffici comunali dove in quasi quarant’anni si sono accumulate circa 27mila domande di condono.

I NUMERI

L’isola è stata devastata dal cemento, e sull’isola in difesa dell’abusivismo edilizio si sono giocate e si giocano partite politiche. Il risultato è che di fronte a un numero elevatissimo di immobili abusivi sono appena seicento le case colpite da ordinanza definitiva di abbattimento. Una goccia nel mare. Stando a quanto fanno sapere i sei comuni isolani, sarebbero circa 14mila le abitazioni prive di licenza edilizia. Certo, quando si parla di abusi edilizi, la gamma è molto ampia e si presta a svariate interpretazioni. Una veranda abusiva vale quanto una villetta? Un garage trasformato in appartamento vale quanto una piscina? Sta di fatto che rispetto alle 27mila domande di condono ne risultano esaminate ad oggi circa 1.300. Pochi, pochissimi, ritardi dovuti sia alla carenza di personale negli uffici comunali, sia al numero esorbitante di istanze che si sono accumulate dal 1985, quando l’allora governo Craxi introdusse il primo condono, al quale sono seguite le sanatorie volute dai governi Berlusconi nel 2003 e nel 2008. 

Le associazioni ambientaliste sono da anni impegnate in una lotta impari. I numeri contenuti nelle loro denunce sono impietosi. Basta dare uno sguardo ai dati relativi ai singoli comuni per rendersi conto di quanto sia profondo il buco nero dell’abusivismo. A Casamicciola, già colpita da una frana nel 2009 e dal terremoto nel 2017, le domande di condono sono 3.710.

A Lacco Ameno sfiorano le 2.000. Più consistente il dato di Forio dove le domande di condono arrivano a quasi novemila. Di abusi edilizi l’isola ne muore e ve ne sono alcuni che poi nell’accezione comune sono diventati veri e propri abusi di Stato: la caserma dei carabinieri nella zona di Citara a Forio prima e quella della Forestale al bosco della Maddalena a Casamicciola poi, entrambe sequestrate dalla magistratura perché prive di licenza, così come venne all’epoca denunciato dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, e per le quali è stato decretato anche l’abbattimento, peraltro mai eseguito.

Il dato sugli immobili abusivi e sulle relative domande di condono si incrocia con altri dati implacabili, quelli sulle demolizioni. L’incrocio è drammatico. Ti aspetteresti le ruspe in azione permanente e invece gli abbattimenti sono rari. Le sentenze di demolizione passate in giudicato sono poco più diecimila; poche migliaia le ordinanze di abbattimento decise dai comuni. Ma tant’è. Il punto è che di queste sentenze e ordinanze, appena il 2 per cento degli abusi è stato demolito. Ovviamente, il tutto si incrocia maledettamente con la vicenda del terremoto. I tecnici del commissariato per la ricostruzione, con Carlo Schilardi prima e con Giovanni Legnini ora, moltiplicano gli appelli affinché i potenziali aventi diritto al contributo statale per la ricostruzione presentino le istanze di condono, istanze che può presentare solo chi ha aderito a suo tempo a una delle tre sanatorie. Ciò significa che in questi anni e mesi, i tecnici del commissariato hanno avuto modo di capire che tranne i casi per i quali non può scattare l’approvazione del condono, per gli altri (civili abitazioni, botteghe artigiane, negozi e altre attività produttive) ci sono ampi margini di vedersi riconosciuto il condono.

IL GIALLO

E intanto emerge un dato tutto da approfondire. «Dalle mappe ufficiali approvate dall’Autorità di bacino con delibera del 23 febbraio del 2015 e poi divenute esecutive trenta giorni dopo - assicura l’avvocato Bruno Molinaro che ha commissionato la ricerca - emerge che proprio la zona del Celario distrutta dalla frana, viene indicata come area a zero rischio idrogeologico e idrico. Ciò significa solo due cose. La prima che il refuso sia addebitabile ad un errore di stampa su un documento tecnico e giuridico ufficiale. Le seconda è che i suoi redattori abbiano preso nel 2015 un clamoroso abbaglio».

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