Padova, il padre del bimbo autistico maltrattato: «Quella maestra ha rovinato mio figlio. Se la nominavo si prendeva a schiaffi»

Bassa padovana. «Gli ho cambiato la scuola, ma la docente è rimasta la stessa»

Padova, il padre del bimbo autistico maltrattato: «Quella donna ha rovinato mio figlio. Se la nominavo si prendeva a schiaffi»
di Giovanni Brunoro
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Sabato 4 Febbraio 2023, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 10:51

PADOVA - «Mio figlio? Quella donna me lo ha rovinato. Ora non mi fido più di nessuno». Esordisce così il padre del bimbo che avrebbe subito maltrattamenti dall’insegnante di sostegno quando inizia a raccontare l’esperienza vissuta. Il genitore ha deciso di parlare per «mettere in guardia chi è nella sua stessa situazione. È giusto che tutti sappiano».

Com’è iniziata questa vicenda?

«In maniera dolorosa. La scorsa estate, io e mio figlio abbiamo patito le conseguenze di un grave lutto famigliare. Dopo un periodo a casa, ho iscritto il bimbo ai centri estivi. Prima qui nel posto dove viviamo e poi in una scuola vicina. E tutto sommato l’estate è trascorsa serena: mio figlio faceva le sue attività ed era seguito bene dagli educatori. Da quando è nato, lui ha attorno a sé un cordone di sicurezza composto da un’equipe: neuropsichiatra, logopedista, psicologo, assistente sociale. Mi aiutano loro nelle scelte fondamentali che riguardano la sua istruzione ed educazione. Al momento di iniziare le scuole, mi indicano di iscriverlo in un plesso dell’istituto comprensivo locale. Il nostro incubo è cominciato lì».

Cosa è successo?

«Poco dopo l’inizio della scuola, ho cominciato a notare in mio figlio dei comportamenti inconsueti. Era spesso frustrato, isterico e questa cosa mi era stata fatta notare più volte. Anche dagli specialisti che lo hanno in cura. Il neuropsichiatra e lo psicologo attribuivano la responsabilità di questi comportamenti al grave lutto che ci aveva colpito. Io però sono suo padre, conosco il mio bambino molto bene e vedevo già avanti. Non avevo prove, ma stavo iniziando ad intuire che la responsabilità di tutto ciò potesse essere imputabile a quella nuova maestra di sostegno che, fin dal principio, non mi aveva dato una buona impressione. Nel frattempo, mio figlio stava sempre peggio e manifestava segni di aggressività crescente. Ero molto preoccupato».

In che periodo è successo questo?

«A novembre, quando ci siamo riuniti online per fare il punto della situazione circa la salute di mio figlio. Una videoriunione con gli esperti che lo seguono, che mi ha portato a conoscere fatti estremamente sgradevoli. Ho appreso che il bimbo veniva messo in una stanza per conto suo, in condizioni che io ritengo inadeguate alla sua situazione. Continuavano a parlarmi di aggressività e della necessità di un controllo neuropsichiatrico urgente.

Mi dicevano che la situazione era complessa e che mio figlio non era in grado di rimanere a scuola per l’intera mattinata, questo a causa di una rabbia che non riusciva ad elaborare in maniera corretta. Già dopo la ricreazione, dicevano, il bimbo diventava sempre più irrequieto e da mezzogiorno attendeva insistentemente il mio arrivo. Si metteva alla finestra e chiamava «papà». Per loro, quando il bimbo si stancava non voleva mai riposarsi, ma accentuava ancora di più i comportamenti sospettosi e aggressivi. Un campanello di allarme che io ho letto come la paura di qualcosa. Da lì, mi sono convinto che mio figlio subisse maltrattamenti da parte di qualcuno».

Come è arrivato a capirlo?

«Io e mio figlio ci capiamo sempre, anche solo guardandoci. Comunicare con lui è spontaneo e naturale. Non parla, ma ha una gestualità molto spiccata e in più sa usare benissimo un comunicatore. È a tutti gli effetti un computer con una tastiera che converte concetti in parole. Piano piano, con pazienza, gli ho parlato, chiedendogli se ci fosse qualcuno che gli stesse facendo del male. Gli ho nominato la maestra di sostegno e ha iniziato a schiaffeggiarsi la guancia. Ho ripetuto la domanda e ha risposto nella stessa maniera. Nel frattempo, avevamo cambiato scuola, sempre un plesso dello stesso istituto comprensivo. Un clima decisamente migliore rispetto a dove il bimbo stava prima, ma l’insegnante di sostegno era sempre quella. Ora avevo la convinzione che la causa di tutto questo era quella donna e mi ero deciso a denunciarla alle forze dell’ordine».

Che sensazione ha avuto entrando in caserma?

«Confesso che all’inizio ero piuttosto timoroso, ma poi ho trovato un maresciallo, che con empatia ha ascoltato la mia situazione e si è prodigato per avviare le indagini. Pochi giorni dopo le telecamere erano attive e le prime testimonianze erano state raccolte. Il resto è la cronaca giudiziaria nota a tutti».

Come sta suo figlio ora?

«Non è più lui, questi eventi me lo hanno rovinato. Da metà novembre, ha cambiato anche terapia farmacologica e l’ho sottoposto a diversi esami neurologici e del sangue. Un tempo disegnava, scriveva, colorava, faceva i suoi compiti. Ora non fa più nulla, è traumatizzato. Avverto che è regredito anche nelle relazioni con gli altri. Sono però contento perché vedo che i suoi nuovi compagni di scuola gli vogliono bene, gli vanno vicino e lo prendono per mano. Poco a poco, spero che la situazione si rassereni».

E lei, come sta?

«Mi sento tanto solo e non mi fido più di nessuno. Mio figlio avrebbe bisogno di una persona di fiducia, capace di infondergli coraggio. Continuerò a lottare per lui».

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