Incidente a Venezia, morte tre persone. Parla l'unico superstite: «Diga invisibile, poi lo schianto»

Incidente a Venezia, morte tre persone. Parla l'unico superstite: «Diga invisibile, poi lo schianto»
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Domenica 22 Settembre 2019, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 09:51

Mario Invernizzi, l'unico superstite dell'incidente nautico di martedì sera dell'offshore che si è schiantato contro la diga del porto del Lido di Venezia, parla della tragedia al Gazzettino. Nello schianto sono morte tre persone, tra cui il campione, pilota e costruttore Fabio Buzzi. «Mi hanno chiamato il miracolato, e prendiamoci questa etichetta. È vero, con quello che ho passato. È stata una tragedia immane, per me Fabio Buzzi era un papà e quando perdi il papà, sia pure un papà sportivo, è tanta roba. Soprattutto avendo visto tutto. Io c'ero, non ho mai perso conoscenza neppure un attimo. Una ferita che non si potrà mai rimarginare, a differenza di quelle sul mio corpo. Ci vorrà ancora un pò ma alla fine i dolori passeranno».

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«Sono stato a deporre per un'ora e mezza davanti agli inquirenti, ma è tutto coperto dal segreto istruttorio: credo che da raccontare ci sia poco - spiega Invernizzi -. Mi sento però di dare un consiglio alle autorità di Venezia: su quella lunata mettete catarifrangenti o luci solari, per far capire che c'è un ostacolo. Con un investimento piccolo si possono salvare vite umane. Quella sera la diga non si vedeva, neanche nel visore notturno. E quelle luci, rossa e verde, ti fanno pensare e a una imboccatura di porto, ci vai dritto dentro». L'unico sopravvissuto alla tragedia del motoscafo aggiunge: «cosa si spenderà a mettere catarifrangenti ogni dieci metri e qualche lucetta per far vedere che c'è un ostacolo di un chilometro? A farla grande, con 10mila euro, diventa un incremento della sicurezza. La situazione così com'è è un attentato potenziale a chiunque. Non è necessario correre, una diga del genere in certe condizioni non si vede. E se uno vede per vari motivi solo le luci, pensa che quella sia l'imboccatura del porto».
 

Buzzi, che era alla guida, secondo Invernizzi pensava di entrare in porto. «Eravamo sempre collegati tra noi con le cuffie. Quando mi sono alzato dal sedile per verificare che le luci che vedevamo fossero quelle della giuria, non ho sentito nessuno urlare in cuffia, come succede quando ci si rende conto di essere in pericolo - racconta -. Hanno capito che andavano contro la diga solo quando ci siamo andati per davvero. Buzzi, ma anche tutti noi, ha certamente scambiato lo sfondo grigio del visore notturno con la lunata, dello stesso colore. Ô bassa e il radar non la vedeva. E non diciamo fesserie sull'elettronica. Avevamo così tanta strumentazione sofisticata a bordo che sembrava la plancia di una nave da guerra».

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