Incidente all'Argentario, il figlio dà la sua versione: «Mio padre non era distratto, la colpa è della barca a vela»

La versione dei danesi: "L'altro scafo non ha dato la precedenza"

Incidente all'Argentario, il figlio dà la sua versione: «Mio padre non era distratto, la colpa è della barca a vela»
di Emiliano Bernardini
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Martedì 26 Luglio 2022, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 12:41

ROMA «L'errore è stato degli italiani». Una frase choc che rompe il silenzio sulla tragedia dell'Argentario. Una tesi che lascia a bocca aperta i telespettatori danesi che ascoltano la corrispondente di TV2, Eva Ravnbøl che lo racconta in diretta. Parole che rimbombano forte mentre in Italia sono ore di silenzio e speranza, una speranza legata soprattutto al fatto che il corpo di Anna Claudia Cartoni, inghiottito dal mare, venga ritrovato al più presto. Le ricerche continuano ancora senza sosta da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco e della capitaneria di porto. «Riteniamo che l'incidente sia avvenuto a seguito del mancato rispetto, da parte della controparte, delle norme sul diritto di passaggio applicabili ai corsi d'acqua, anche se questo, quando si parla di perdita di vite umane, è probabilmente di minore importanza» a sostenerlo, come raccontato da Tv2, è Nick Horup, il figlio più grande di Per Horup il danese al comando del motoscafo Bibi Blue - un Fairline 58 - battente bandiera danese che sabato pomeriggio ha travolto una barca a vela al largo dell'Argentario provocando la morte di Andrea Coen, romano di 58 anni, e la scomparsa di Anna Claudia Cartoni. E lo mette nero su bianco in una nota.

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«NIENTE ALCOOL E DROGHE»
Oltre a sottolineare le circostanze dell'incidente in cui sono stati coinvolti suo padre Per (58 anni), il fratello Mikkel (26 anni) e le rispettive compagne, Tine Lehmann (53 anni) e Anna Maria Dürr, il ragazzo nega anche che la tragedia si sia consumata «a causa del consumo di droghe o alcool, velocità eccessiva e mancanza di sorveglianza e/o visibilità al momento dell'impatto». Di fatto i danesi non negano il possibile utilizzo del pilota automatico (che sarebbe stato confermato anche dalla 24enne Dürr agli inquirenti), ma respingono al mittente le accuse sull'assenza di qualcuno che avesse gli occhi a prua. Anzi passano al contrattacco rimarcando che la manovra sbagliata sia da imputare all'equipaggio italiano. E sottolineando ancora una volta che la dinamica dell'incidente è ancora tutta da chiarire. Smentendo di fatto quanto dichiarato dal comandante della barca italiana che ai soccorritori aveva detto: «Quel motoscafo ci è arrivato addosso a grande velocità e non sembrava governato da nessuno».
Nel testo si legge inoltre che «Le autorità italiane stanno svolgendo le indagini e che le parti coinvolte coopereranno pienamente con l'Italia per fare luce su quanto accaduto».

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Una virata importante quella dei danesi che ora cercano di evitare una collisione ben più grave. Per Horup risulta indagato e rischia fino a 5 anni. Eppure, come regola generale, secondo le norme marittime internazionali, le barche a motore devono cedere il passo alle barche a vela. Secondo una prima ricostruzione l'imbarcazione stava procedendo a 6 nodi di velocità e con la randa issata. Le due barche sarebbero state equiparate solo se quella italiana stava navigando con il motore. In questo caso bisognerebbe stabilire quale delle due imbarcazioni aveva l'altra a dritta. In poche parole corrisponde al normale obbligo di precedenza. I quattro danesi, sempre come riferisce il maggiore dei tre figli, avrebbero fatto ritorno in Danimarca. «L'incidente ha messo a dura prova tutte le persone coinvolte ma si può affermare che tutte hanno preso subito parte al soccorso dell'altro equipaggio».

E sebbene il padre, il fratello e le altre due donne a bordo non hanno subito danni fisici «l'impatto psicologico in un incidente come questo è molto forte».

 

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