Il Pg nel mirino di Bonafede. L'Anm lo attacca: si dimetta

Il Pg nel mirino di Bonafede. L'Anm lo attacca: si dimetta
di Michela Allegri
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Mercoledì 3 Luglio 2019, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 18:53

L'ultimo scandalo del mercato delle toghe, le intercettazioni tra il procuratore generale della Cassazione e il pm di Roma, Luca Palamara, indagato per corruzione, finisce sul tavolo del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il Guardasigilli - che ha espresso «grande preoccupazione» - sta valutando di aprire un procedimento a carico di Fuzio, membro di diritto del Csm e, tra l'altro, titolare dell'azione disciplinare a carico dello stesso Palamara e degli altri togati di Palazzo dei Marescialli intercettati mentre, insieme ai parlamentari del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, discutevano delle nomine ai vertici delle procure. Per il Csm si tratta di una crisi senza precedenti. E sul caso è intervenuta anche l'Anm, chiedendo le dimissioni di Fuzio e il deferimento ai probiviri: «Si tratta di condotte ancora più gravi in quanto riferite al titolare di un Ufficio che ha, tra le proprie prerogative, anche l'esercizio del potere disciplinare».

Dalle conversazioni captate dal trojan, cioè lo spyware installato dalla finanza nel cellulare di Palamara, emerge che il 21 maggio, così come gli altri togati del Csm finiti nei guai, anche Fuzio si è confrontato con il pm sulle nomine romane e sulle strategie per portare all'elezione di Marcello Viola a procuratore. Non è tutto. Ha anche parlato con Palamara dell'inchiesta per corruzione a suo carico, circostanza che potrebbe costargli l'accusa di rivelazione del segreto d'ufficio, la stessa ipotizzata a carico di Luigi Spina - consigliere dimissionario del Csm - che, prima di Fuzio, aveva conversato con Palamara della stessa indagine e del presunto dossier contro l'aggiunto Paolo Ielo, che aveva trasmetto a Perugia un'informativa su di lui. E ora i magistrati di Perugia stanno valutando se inviare a Roma gli atti relativi ai colloqui dell'alto magistrato: la procura della Capitale, infatti, è competente ad indagare sulle condotte dei giudici della Cassazione.

Intanto ieri, mentre esplodeva il nuovo scandalo, è stato il giorno della difesa di Palamara al Csm. Per lui, proprio Fuzio ha chiesto la misura cautelare più pesante: sospensione dalla funzione e dallo stipendio. Il pm romano, assistito dagli avvocati Mariano e Benedetto Marzocchi Buratti e Roberto Rampioni, ha depositato una memoria respingendo le contestazioni. Prima, le scuse al presidente Sergio Mattarella: «Voglio rivolgere le mie scuse più sincere e profonde al Presidente della Repubblica, nella sua qualità di garante supremo dell'autonomia e della indipendenza della intera magistratura». Poi, il contrattacco: «Non ho mai costruito dossier su Paolo Ielo e mai lo avrei fatto. Non ho mai interferito nella nomina del procuratore di Roma». E ancora: «Errori sicuramente ne sono stati commessi. Ho fatto parte di questo sistema condividendone pregi unitamente alla piena consapevolezza dei difetti, dei quali però non posso assumermi da solo tutte le responsabilità». Palamara parla anche degli incontri con i componenti del Csm e con i parlamentari: «Ho partecipato a cene ed incontri in occasione delle nomine, e anche in occasione della futura e imminente nomina del Procuratore di Roma. Ma l'autonomia della scelta del Csm mai e poi mai l'avrei messa in discussione».
L'udienza è stata aggiornata al 9 luglio: Palamara ha chiesto la ricusazione nei confronti di Sebastiano Ardita, come era stato preannunciato, e anche di Piercamillo Davigo, entrambi della corrente Autonomia e indipendenza e membri del collegio chiamato a giudicare il magistrato. Il vicepresidente del Csm, David Ermini, deciderà oggi sulla composizione della Sezione disciplinare che deve pronunciarsi sulle ricusazioni. Se ne farà parte anche Giuseppe Cascini, il togato eletto in quota pm che si è astenuto dal procedimento che riguarda Palamara, si eviterà che la decisione slitti a ottobre.
 

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