I 130 anni del Mattino: rivedi la giornata evento dal Palazzo Reale di Napoli

I 130 anni del Mattino: rivedi la giornata evento dal Palazzo Reale di Napoli
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Mercoledì 25 Maggio 2022, 10:30 - Ultimo aggiornamento: 18:20

La storia continua: Il Mattino compie 130 anni e li festeggia con una lunga giornata evento al Palazzo Reale di Napoli, occasione di riflessione su questioni irrisolte, di grande attualità, che rimandano alla storia della testata e del territorio e chiamano in causa rappresentanti delle istituzioni, imprenditori, società civile e intellettuali. 

 

Politica: L'Italia da riunire 

Matteo Salvini: «Nord e Sud ancora lontani»

«Oggi lo studente campano e quello lombardo hanno le stesse possibilità? No, purtroppo basta guardare la condizione degli asili nido. Bisogna fare il possibile per avvicinare. Il Pnrr può aiutare ma non è la bacchetta magica. La scuola deve avere un impianto comune da Belluno a Lampedusa, mantenendo le peculiarità di ogni territorio».  

«L'obiettivo di tutti ad oggi dovrebbe essere giungere a un cessate il fuoco perché ne vale della vita di tutti noi. Questo è il terzo mese di guerra, stiamo inviando aiuti tra cui armi, ma da oggi in avanti l'arma principale deve essere la diplomazia». 

Vincenzo De Luca: «Svoltare la politica meridionalista»

«Permane una forte disparità per gli studenti del Nord e del Sud e per la sanità del Nord e del Sud. Nel reparto delle risorse c'è ancora una disparità intollerabile. La Campania subisce ogni anno una rapina di 220 milioni di euro nell'ambito del fondo sanitario nazionale. C'è però un livello di opportunismo tale che tutti trovano più comodo girare la testa dall'altra parte. Stiamo combattendo con il ministero della Salute». 

«Nel campo riformistico c'è bisogno di un grande soggetto politico, non di questo pollaio. La legge proporzionale va bene ma con una soglia di sbarramento elevata, al 7%».

«Dobbiamo dare una svolta alla politica meridionalista: dobbiamo spiegare che c'è una convenienza reciproca nell'investire al Sud. È conveniente per tutta l'Italia colmare il divario di occupazione e di infrastrutture».

Scienza: Le sfide della conoscenza

 

Elena Cattaneo: «Studiosi, non ciarlatani»

«Lo scienziato partecipa nelle decisioni politica informando i cittadini e mettendo a disposizione le prove che possono essere incorporate nelle maglie legislative. Lo scienziato studia per il Paese, è lo studioso che riempie lo spazio pubblico, altrimenti c'è il rischio che sia riempito da ciarlatani. Le opinioni rispetto alla scienza sono zero. La forza della scienza è che c'è un metodo per capire quanto sia corretta una supposizione».

«Nell'ambito del lavoro credo che si debba denunciare ogni volta che si ritiene di essere stati ingiustamente considerati o messi da parte. Quindi non mettersi in fila, ma sviluppare le conoscenze tenendo in considerazione che non c'è un tappeto rosso. Le opportunità ci sono, anche al Sud». 

Francesca Esposito: «Più donne al vertice»

«Vedo che ci sono molto più iscritte nelle facoltà scientifiche e donne che occupano posizione al vertice, però c'è pur sempre un forte disequilibrio. Credo che ciò sia stato incentivato anche dalle quote rose. Credo che il sistema debba essere inizialmente forzato per riuscire a raggiungere una condizione di parità». 

«Ai ragazzi e alle ragazze consiglio di seguire i propri interessi, a prescindere dal contesto di nascita».

«Per il futuro dell'esplorazione spaziale viviamo in una golden age. Noi stiamo cercando di far sentire a livello governativo quanto è importante andare sulla Luna e su quanto è importante che l'Italia investire nello spazio. L'Italia ha un po' di rallentamento». 

 

Letteratura: Il racconto del Paese

Dacia Maraini: «Lo scrittore lavora con la memoria»

«Il romanzo ha bisogno di più tempo. Molti chiedono come mai non ci siano romanzi sulla pandemia, credo che li avremo tra qualche anno perché il romanzo ha bisogno di una diversa sensibilità. Lo scrittore lavora con la memoria, non istintiva ma elaborata, deve diventare carne e pensiero e poi si fa parole, per questo lo scrittore ha tempi lunghi».

«Il nostro paese ha avuto due lingue: quelle regionali che non sono scritte e quella italiana. Gli scrittori non conoscono la lingua dei mestieri, perché non c'è la sua versione scritta, per questo si creavano e si creano delle disparità».

«Il personaggio bussa alla porta, io apro e gli offro un caffè. Se vuole anche il pranzo e la cena allora significa che si è accampato nella mia mente e c'è necessità di raccontare»

Maurizio De Giovanni: «Leggere, immaginare e raccontare»

«Se tu leggi e sei abituato a immaginare, allora prima o poi la racconti, a te stesso o agli altri. Noi oggi usiamo la seconda guerra mondiale come ambientazione. Scriviamo del passato per eredità, per memoria e per non ricadere negli stessi errori: è un compito fondamentale della letteratura. I romanzi pongono domande, non danno risposte, quello sta ai lettori».

«Il linguaggio e la voce fanno la differenza. Questo Paese viaggia a due velocità diverse per questo il racconto del Paese diventa composito e frazionato. Per un lettore lombardo leggere della Calambria è strano».

Economia: Il Sud che vince 

Manuel Grimaldi: «Campania centrale nel Mediterraneo»

«Chi ha lavorato molto bene, ha dimostrato la resilienza in settori molti difficili nonostante gli effetti della pandemia e ora della guerra e non dobbiamo preoccuparci».

«Sulla sostenibilità ambientale dico che le navi da noi progettate consumano un sesto rispetto alle altre, questo significa che inquinano un sesto».

«Sul mare e sul Mediterraneo e direi sui trasporti mondiali la nostra regione ha una tradizione illustre,  abbiamo nella nostra storia grandi armatori. Probabilmente sulle autostrade del mare, siamo i primi operatori al mondo. Rivendichiamo un sistema di trasporti all'avanguardia, anche negli investimenti». 

Alessandro Profumo: «Pnrr fondamentale per tecnologia»

«Anche in fasi complesse bisogna investire per migliorare la qualità del prodotto e del servizio. Bisogna avere una capacità di proiezione verso il futuro».

«Grazie alla digitalizzazione comprendiamo cosa succede sotto il profilo ambientale non solo in Campania, ma su tutta la superficie terrestre. Nel Pnrr ci sono fondi che riguardano la tecnologia che sono sicuro ci aiuteranno nel risparmio energetico».

«In tema dell'autonomia strategica, l'Europa è messa bene dal punto di vista tecnologico. In Italia abbiamo aziende molto importanti. Nel nostro Paese abbiamo però bisogno di creare delle mappe tecnologiche per capire in cosa siamo bravi e in cosa dobbiamo migliorare».

Danilo Iervolino: «Napoli avanti nelle start-up»

«Oggi una parte dell'Italia vive una vita senza precedenti. Però è vero che c'è stato uno scatto in avanti nelle tecnologie. Napoli è avanti nelle start-up e c'è una grande effervescenza culturale, c'è terreno fertile per creare azienda e valore».

«Le aziende devono sempre più puntare alla sosteniblità sociale, devono essere aziende che puntano a luoghi di lavoro salubri e sicuri e puntare sulla formazione. Le scuole in particolare devono aggiornarsi anche in ambito teconologico, abbiamo visto i disastri della dad». 

«Forse al Sud è più difficile in termini di acquisizione di autorevolezza fare impresa, soprattutto se è un'azienda di successo. Si è sedimentata negli anni che chi ha ottenuto dei risultati, anche se con merito, ha qualcosa da nascondere. Ai ragazzi dico di essere creativi e di avere coraggio».

Tecnologia: Il futuro è oggi 

Agostino Santoni: «Io innamorato di Napoli»

«Io con la mia azienda sono innamorato di Napoli. Qui abbiamo due grandi progetti, l'apertura della Cisco Academy alla Federico II. I ragazzi grazie alla collaborazione della regione Campania acquisiscono grandi competenze e potenzialità. Abbiamo inoltre altre due academy, una a Secodondigliano nel carcere, dove ci sono venti ragazzi che studiano le reti e la cyber security. Abbiamo formato più di 100 ex detenuti che non sono più rientrati in carcere. L'altra Academy è a Scampia, al Galileo Ferraris; qui gli studenti sono i più bravi».

«Se l'opportunità del Sud fosse l'economia del talento? Se il futuro è il lavoro flessibile i giovani che oggi studiano a Napoli e Bari possono restare e lavorare qui. Per questo investo qui».

Silvia Candiani: «Investire in competenze digitali»

«In Italia c'è un gap tra domanda e offerte per le competenze digitali. Le persone formate non ci sono e paradossalmente c'è una grande disoccupazione. Le competenze digitali sono fortemente richieste, per questo investiamo nelle università e nelle aziende. Facendo rete abbiamo certificato 15mila persone pronte ad essere inserite nel mondo del lavoro. Anche Napoli può creare poli del digitale». 

«Il lavoro deve essere ibrido, sia da remoto che in presenza. Tuttavia deve sempre essere un lavoro collaborativo e comunicativo. Dalle ricerche traspare che il lavoro in smart flessibile sia un'esigenza dei lavoratori». 

«Per le donne qui è più difficile, i numeri parlano chiaro: le aziende guidate dalle donne sono molto poche. Credo che innanzitutto si debba puntare sulla meritocrazia: il 52% dei laureati è donna. Bisogna che le aziende puntino maggiormente sull'inclusione e la parità».

Cucina: I sapori per sempre 

Massimo Bottura: «Come si diventa me? 10% talento, 90% lavoro»

«Ho 3mila curriculum che aspettano di venire a lavorare a Modena: oggi un piccolo ristorante rappresenta anche una grande opportunità. Come si diventa me? Io ho sempre seguito le mie passioni, l'arte, la cucina: sono cresciuto sotto al tavolo dove si preparava la pasta fresca. Mi piace pensare che ci si possa nascere: anche se il 90% è duro lavoro, senza il 10% che è il talento non si diventa nessuno». 

«Il cuoco nel 2022 non deve essere una somma di ricette ma deve uscire fuori e deve raccontare ciò che è in grado di fare».

Rosanna Marziale: «Il cibo crea cultura»

«Noi abbiamo un ristorante che esiste da 63 anni, prima di accorgermi di essere donna ho dovuto scavalcare lo step di essere troppo giovane per gestire un locale così grande, quando mio padre è venuto a mancare. Fortunatamente oggi ci sono più donne anche nel mondo del food. Oggi abbiamo realizzato dei piatti che ci danno grande soddisfazione: il cibo crea cultura infatti le persone che vengono da noi sono immerse in un vero e proprio percorso».

«Credo che tutt'oggi la carta stampata sia fondamentale per far sentire la nostra voce.

Fin dall'inizio non vedevo l'ora che comparisse un mio trafiletto nel Mattino».

Quali scenari per il futuro della comunicazione

 

Piergiorgio Manuti: «Contenuto centrale nella comunicazione»

«I contenuti attualmente sono rapidi e frequenti. La trasformazione digitale ha cambiato il mercato soprattutto nell'ambito della comunicazione. Il contenuto è sempre più centrale indipendentemente dalla piattaforma dalla quale viene fruiti».

«Le agenzie da sempre sono chiamate a trasformarsi velocemente. La cosa più trasformazionale è l'utilizzo dei dati. Oggi essendo un mezzo per fare business per vendere prodotti, abbiamo una parte della nostra remunerazione variabile rispetto alle vendite dei clienti».

Marco Robbiati: «Consumiamo quello che cerchiamo»

«Tendenzialmente l'algoritmo è il nostro compagno di navigazione di cui però non abbiamo conoscenza diretta. Noi continuiamo a consumare quello che cerchiamo, i contenuti che ci vengono imposti dall'algoritmo sono in quantità minore. Alla lunga è un impoverimento di contenuti abbastanza importante che può essere bilanciato da un maggiore consumo di libri».

Andrea Di Fonzo: «La qualità supera l'algoritmo»

«La qualità del contenuto combatte contro l'algoritmo. Sia la tecnologia che gli algoritmi sono fatti dalle persone, non si creano da soli. Il contenuto di qualità prodotto devono lavorare sull'elemento della rilevanza e della continuità: deve rispondere alle esigenze di ricerca degli utenti. Non si deve però pensare che il contenuto di qualità sia in contrasto con la tecnologia».

Luca Vergani: «Contaminazione del digitale in tutti i mezzi»

«Il digitale è un po' un'onda di ritorno, adesso sta contaminando tutti gli altri mezzi, tra cui la televisione o  dentro la radio con il mondo delle radio e dei podcast - che sono il nuovo trend che sta arrivando anche in Italia. Il digitale in generale contamina tutti i mezzi e l'area dell'audio sarà l'ondata ed è l'ondata già adesso».

I sindaci: Governare una capitale

 

Gaetano Manfredi: «Aumentare poteri dei sindaci delle grandi città»

«Credo che la sfida del governo delle grandi città metropolitane deve passare da un lato dalla quotidianità dei cittadini, dall'altro deve considerare la rappresentanza e il ruolo internazionale della città stessa, nel caso di Napoli del suo ruolo nel Mediterraneo. Se guardiamo agli altri Paesi europei le aree metropolitane hanno le loro peculiarità che tengono conto delle necessità di gestire situazioni complesse. Pensare a poteri diversi per i sindaci delle grandi aree metropolitane è essenziale: la qualità della vita delle persone dipende molto dalla qualità dell'amministrazione. Investire sulle città in termini economici e di potere dà una risposta concreta ai cittadini».

«Oggi abbiamo un'amministrazione digitale, ci vuole una mentalità nuova. Penso che sia arrivato il momento di fare un lavoro attento, un investimento sull'amministrazione pubblica locale, ma senza nuove persone ciò diventa difficile».

«I temi ambientali sono tanti. In primo luogo i trasporti: se vogliamo ridurre il numero di auto e aria più pulita dobbiamo migliorare il trasporto su ferro e il trasporto bus, rendendolo elettrico. Un altro tema è il ciclo dei rifiuti e ciò significa avere impianti per terminarlo».

«Credo che la grande sfida di Napoli sia l'organizzazione, spero di lasciare una città di Napoli più organizzata e anche una città più proiettata verso il futuro con la consapevolezza delle nostre radici».

Roberto Gualtieri: «Gestione diretta dei fondi europei»

«Noi sindaci delle grandi città guidiamo delle aree vaste dalle quali passano le sfide del Paese. Oggi le città sono all'avanguardia, sono il terreno nel quale si gioca la sfida del rilancio del Paese. Sui fondi europei il caso è abbastanza evidente, sarebbe naturale se potessimo gestire da noi questi fondi. Devo dire che c'è una forte collaborazione tra noi sindaci, con il governo centrale e con le Regioni. Se da un lato oggi la nostra sfida è mettere a terra le risorse, dall'altra parte un miglioramento dei meccanismi di investimento è utile per favorire l'ammodernamento delle strutture amministrative».

«Le macchine che noi abbiamo trovato sono uffici vuoti e un invecchiamento del personale e la mancanza di tecnici e di professionisti dei settori. Bisogna cambiare l'impostazione con cui intendiamo le risorse, e il modo in cui esse vengono investite: da qui nascono nuove procedure. Sono molto fiducioso».

«Io spero che nella prossima campagna elettorale non si parlerà più di alcuni problemi storici tra cui i rifiuti e i trasporti. La sfida è fare Roma una città digitale, verde e all'avanguardia pronta per la transizione energetica e pronta ad attrarre talenti».

Sport: Il calcio da cambiare

Aurelio De Laurentiis: «Cambiare rotto nelle istituzioni sportive»

«Credo che si debba fare un distinguo. Nei ruoli istituzionali calcistici ci sono persone che raramente hanno avuto a che fare con il calcio, specialmente nelle società di calcio contemporanee. Queste persone i problemi veri non possono capirli, c'è bisogno quindi per loro di indossare una medaglia istituzionale. C'è una posizione dominante della Uefa che condiziona tutto il movimento calcistico nella sua crescita. Poi abbiamo avuto la disgrazia dei politici italiani: tutti i sottosegretari con delega allo Sport hanno combinato disastri e guai. Bisogna cambiare subito rotta. Il nostro referente sono i tifosi, è a loro che dobbiamo guardare, sia a coloro che guardano la partita allo stadio che coloro che guardano la partita in televisione. Margaret Tatcher mise negli stadi una cella: se un cliente dello stadio si alza in piedi per due volte poi non puoi più entrare allo stadio». 

«Diventa complicato in questa città, con il governo, con le istituzioni, fare dei ragionamenti che portino l'imprenditore a fare le proprie scelte a seconda del territorio di riferimento».

Giuseppe Marotta: «Eravamo l'“el dorado” poi siamo peggiorati»

«Nel 2000 eravano l'“el dorado” del calcio in termini di fatturato, di partite, di giocatori che venivano e finivano la loro carriera qui. Oggi siamo un mercato di transizione. Poi abbiamo iniziato a peggiorare: non siamo stati pronti ad affrontare il cambiamento. Quasi tutte le città italiane avevano il mecenate che era il presidente della società che gestiva le finanze. Dall'altro lato i club inglesi hanno migliorato le loro risorse, nell'ambito di diritti media in particolare. Dal modello del mecenatismo non ci siamo trovati pronti a un modello di business: è mancata la lungimiranza per cui abbiamo un gap da colmare. L'Italia è una delle poche nazioni dove lo sport non è valorizzata, a partire dalle scuole». 

«Oggi la sostenibilità è un obbligo: certi costi devono essere contenuti. Bisogna ridurre i costi prima ancora di valorizzare le risorse per far sì che il fatturato aumenti. Bisogna anche salvaguardare la competitività».

Danilo Iervolino: «Calcio italiano il più bello e autentico»

«Il calcio italiano è il più bello e autentico d'Europa. Non c'è antagonismo da parte delle piccole, medie e grandi società. Il calcio oggi è un'industria che deve essere rappresentare non solo una squadra di calcio ma che deve anche rappresentare i valori dello sport ed essere a contatto con il territorio. Anche l'intrattenimento e i media sono fondamentali. Il calcio italiano deve cambiare pelle, specialmente nel modo di interagire con i fan. Sono però fiducioso, penso che le cose miglioreranno».

«Mi auguro che la Salernitana possa giocare un campionato più tranquillo. Salerno è una città che porta 35mila persone allo stadio ed è grande come una piccola grande città, per cui abbiamo il più grande rapporto abitanti/tifosi: la tranquillità la dobbiamo proprio ai tifosi oltre che ai giocatori. C'è bisogno che ci sia lealtà tra le tifoserie e che si plachino le violenze in modo da riportare le famiglie allo stadio».

Vino: Il calice mezzo pieno

Silvia Imparato: «Innamorata di Montevetrano da piccola»

«I miei nonni avevano questa proprietà di Montevetrano, di cui mi sono innamorata sin da piccola. Pensavo che potesse essere molto bello fare vino e non avevo voglia di fare le stesse cose dei miei nonni e i miei genitori per cui il Montevetrano è nato così».

«Personalmente ho vissuto delle situazioni pittoresche quando da donna mi sono presentata delle situazioni pittoresche. Le persone che più mi hanno mostrato ostilità erano due, tra cui una donna. Capisco molto bene che quando sono arrivata giovane mi si chiedeva “Chi è questa?”».

Antonio Rallo: «Oggi dalla Sicilia siamo i primi»

«L'Itali del vino fa 12 miliardi di fatturato, se consideriamo la miriade di aziende sono molto pochi. Le aziende della Sicilia sono poche ma abbiamo deciso di metterle insieme per il bene dell'intera Regione. Il budget è irrisorio ma per il vino è fondamentali, tanto che oggi come Consorzio, mettendo assieme la forza e l'energia di tutti i viticoltori siamo i più grandi».

Arte: La grande bellezza

Ernesto Tatafiore: «L'arte deve essere scorretta»

«Maradona ha fatto una vita sconclusionata e molto bella, quasi una vita d'artista: è venuto dal popolo ed è stato amato dal popolo, proprio per la sua semplicità. Nel nostro territorio abbiamo una grandissia donna che è Sophia Loren. Lei è una donna straordinaria perché estremamente generosa. Per quanto riguarda i personaggi politici, i miei sono antichi: Robespierre è interessante perché è un eroe che mantiene fino all'ultimo il suo equilibrio squilibrato. Oggi è difficile che esistano persone così»

«Il rapporto con Napoli è particolare, se guardo il panorama la vista è ancora seducente. Gli stranieri non possonoo fare a meno di staccarsi da questa bellezza»

«L'arte deve restare per quanto possibile libera dal politicamente corretto, deve essere fondamentalmente scorretta».

 

Musica: Suoni mediterranei 

Enzo Avitabile: «Sono partito dalla mia terra»

«Parliamo della musica che oggi ha successo: mi sono accorto che è cambiata la musica quando ho vinto i dischi d'oro quando ho fatto dei featuring, quando sono nate le condivisioni e il numero dei click è diventato rilevante anche dal punto di vista economico. Oggi manca l'oggetto di trasporto della musica, manca il documento».

«La nostra città è una miniera. Nel 2000 mi sono detto: “Ora che faccio?” Voglio portare nel mondo qualcosa che sia riconoscibile e mi sono detto di partire dalla mia terra per poi sposarla con tutte le altre conoscenze. Io sono molto vicino alla città ma in particolare con la parte della periferia».

Alex Britti: «Non romano ma italiano ed europeo»

«Mi sono accorto che la musica è cambiata con la tecnologia che ha cambiato la società stessa. Oggi è cambiato il modo di usare la musica. Oggi c'è Spotify, prima c'erano i cd. Oggi vado avanti seguendo il cambiamento».

«Non mi sono mai sentito di far parte della scuola romana, ne facevo parte con Roberto Ciotti quando suonvo in giro per i locali, poi ho girato per il mondo, nel Nord Europa. Non mi sono mai sentito quindi parte culturalmente dei miei colleghi romani, mi sono sentito sempre parte della scuola italiana ed europea. 

«Io scrivo e suono insieme. Il testo per me ha un suono ed è importante dal punto di vista fonetico».

Cinema: I film ieri, oggi e domani

Toni Servillo: «Il teatro è in sé poesia stessa»

«La condivisione fisica in una stessa sala che un attore trasmette al pubblico è irripetibile. Credo che il fatto che i teatri siano pieni rispetto al cinema sia perché in sé siano poesia stessa. Il teatro ha in sé il rituale dello stare insieme: quando si va al cinema si va a vedere un brutto film e non è una grande tragedia; se questo succede al teatro è una vera e propria fregatura! Il teatro non puoi portartelo a casa». 

«Per i grandi autori che non fanno distinzione per il contenitore, le piattaforme streaming sono un'opportunità. Penso a “Roma”, di Cuarón. L'intrattenimento infinito di oggi porta i ragazzi a dover cercare tra migliaia di contenuti».

«Per un attore è molto meglio nascere a Napoli che a Bolzano, con tutto il rispetto. Qualcuno ha parlato dei napoletani come persone che hanno un aspetto sociale già teatrale. Alle spalle abbiamo una tradizione straordinaria di cui ci nutriamo».

Gabriele Salvatores: «Napoli è tutto»

«Il cinema una volta era una finestra sul mondo, ti permetteva di vedere posti irraggiungibili. Dal punto di vista artistico penso che per avvicinare le persone al cinema sia necessario che diventi poesia e che smetta di essere romanzo, quello lo lasciamo alla televisione. Il cinema deve avere un'anima artistica e deve riuscire a raccontare ciò che la tv non può farci vedere. Scegliere di passare due ore al cinema significa abbandonarsi nell'animo di chi ha creato l'opera e lasciar perdere il controllo di se stessi. La pandemia ha aumentato la distanza del pubblico dal cinema perché ci siamo abituati a vederlo da casa».

«Adesso dagli Stati Uniti arrivano una valanga di film, forse la strada è quella di trovare qualcosa di più intimo e profondo».

«Napoli è tutto: è tragica e comica insieme. Una delle cose più forti di questa città è comprendere che le due cose si possono mischiare e quindi vengono fuori storie belle».

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