Henry Amadasun, morto a 17 anni. Il papà caccia l'amico al funerale: «Vada via, è lui che l'ha ucciso»

L'ultimo saluto ad Henry
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Domenica 7 Novembre 2021, 10:42 - Ultimo aggiornamento: 17:30

CADONEGHE - «Vai via! Via da qua! Quello ha ucciso mio figlio!». Le urla disperate di papà Evans Amadasun infrangono il silenzio delle oltre 300 persone radunate ieri mattina, 6 novembre, sul sagrato della chiesa di Cadoneghe per l’ultimo saluto al suo Henry. Davanti al feretro del figlio che stava per essere accompagnato al cimitero, il padre ha scorto in lontananza un amico. E prima che questi potesse avvicinarsi alla bara del suo ragazzo, offendendo così il dolore della famiglia, il padre ha sciolto tutta la forza che aveva in gola e con il viso coperto dalle lacrime, gli ha gridato di andarsene via. Il genitore è convinto, infatti, e con lui tutta la sua famiglia, che quell’amico c’entri qualcosa con la tragica morte di Henry, di appena 17 anni. Tanto che sul corpo del ragazzo è stata effettuata un'autopsia richiesta dall'avvocato di famiglia.

I dubbi dei genitori

I familiari hanno sempre dubitato la ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti in merito all'annegamento per suicidio del figlio. E avevano spinto per procedere con l'autopsia dopo che la Procura, all'indomani del ritrovamento del corpo dello studente, non aveva ritenuto di non dover procedere all'esame.

Durante i funerali

Per aiutare il padre a contenere la sua rabbia e il suo dolore, il comandante dei carabinieri di Cadoneghe Fabrizio Donati, insieme al sindaco Marco Schiesaro, l’hanno avvicinato cercando di calmarlo.

Poco dopo, Evans e la moglie Clara, insieme al figlio Api, si sono accostati alla bara per rivolgere a Henry le loro ultime, private, parole di amore e affetto, bagnate da incontenibili lacrime.

LA POSIZIONE DELLA FAMIGLIA

«Certo che Henry è morto annegato dice il padre Evans - ha sostenuto dopo il ritrovamento del cadavere il padre del giovane - ma bisogna capire come ci è arrivato nel fiume. Noi non crediamo che lui si sia gettato da solo». Clara ed il marito nutrono dubbi anche sulla autenticità del messaggio arrivato via whatsapp in una chat di gruppo e inviato dal cellulare del figlio poco prima di far perdere le proprie tracce. "Ciao ragazzi, non me ne vogliate. Non so se mi rivedrete ancora, vi voglio bene per sempre". «Quel messaggio non è scritto da lui - insiste il padre - Qualcuno ha preso il suo telefono. Lui aveva poco prima scritto all'amico del cuore per sapere com'era andata una partita di calcio e non è possibile che poi abbia inviato quel messaggio. In quelle ore la mamma lo aveva chiamato e dopo un paio di squilli il suono si è interrotto come se qualcuno avesse spento il cellulare. E quello visto in bicicletta all'una di notte non era Henry. Non riesco proprio a spiegarmi quello che è accaduto. Mi faccio tante domande alle quali non posso darmi risposte».

Resta anche il mistero sul luogo dove è stata abbandonata la bicicletta, ritrovata all'arena del parco Ilaria Alpi e che dista circa un chilometro dalla rampa dalla quale si raggiunge l'argine del Brenta. «E poi quando Henry è stato trovato non aveva addosso la fascetta che aveva in testa quando è scomparso, ma è stata trovata più in là, come se qualcuno l'avesse lanciata via - sostiene ancora il papà - E nemmeno la posizione del corpo non sarebbe compatibile con il suicidio». Insomma, per la famiglia, è troppo banale e riduttivo, derubricare la morte del figlio come suicidio.

L’ULTIMO VIAGGIO

Per salutare l’ultimo viaggio del giovane, gli amici hanno fatto volare palloncini bianchi e blu che hanno danzato in alto nel cielo. Su quello stesso sagrato dove quella domenica 19 settembre si erano concentrati i mezzi e le squadre di soccorso, e con essi le speranze di ritrovare lo studente ancora vivo, ieri mattina si sono riunite centinaia di persone che hanno voluto stringersi in un ideale abbraccio silenzioso al dolore della famiglia. Sopra la bara i compagni della squadra di calcio dell’Indomita Vigodarzere hanno posato una maglietta con tutte le loro firme e dediche. La messa è stata officiata da don Sandro Stefani, parroco della chiesa di Sant’Andrea, insieme ad altri sei sacerdoti. «Ci sono momenti in cui il silenzio animato dalla carità diventa più eloquente di ogni parola - ha esordite il parroco all’omelia - Questo silenzio esprime pietà per Henry e affetto per la sua famiglia; c’è bisogno, ora, di starci vicino. La nostra esistenza terrena è fragile e basta davvero poco perché capiti l’irreparabile. Guai se ci mancasse la fede in questi momento tragici; guai se nel dolore non fossimo solidali. É drammatica la morte di un giovane e in questo istante i “perché” che stiamo rivolgendo a Dio sono innumerevoli. Cerchiamo così di dar sfogo all’urlo di dolore e disperazione. Ma Dio non ci darà alcuna spiegazione con le parole: Dio ci ha risposto quando quella domenica di Pasqua lasciò vuoto il Sepolcro. Dio ci ha risposto con la potenza della vita. Cari genitori e fratello, oggi tutti noi partecipiamo al vostro dolore, condividendo la vostra sofferenza».

LA LETTERA

A margine della celebrazione, gli animatori del gruppo “Giovanissimi” dell’azione cattolica hanno salutato il loro amico con una lettera. «Ciao Henry, vedi quanti sono qui oggi per affidarti a Dio? Lasci un grande vuoto nelle nostre vite e nel nostro gruppo. Eri il nostro filosofo perché ci lasciavi sempre senza parole con le tue riflessioni e pensieri. Sempre disponibile, sempre in prima linea; buono, genuino; e poi il tuo sorriso e la tua fragorosa risata. Impossibile non gioire della tua presenza. Scusaci se non abbiamo capito quello che ti portavi dentro nell’ultimo periodo. E voi giovani che siete qui, vi invitiamo a parlare con gli amici, con i genitori, gli insegnanti, gli educatori, gli allenatori, Non siete soli!». Dopo 46 giorni di attesa, i genitori del ragazzo hanno ottenuto l’autorizzazione all’esecuzione dell’esame autoptico, che è stato effettuato mercoledì scorso. Un passaggio fondamentale per fare chiarezza sulle cause della morte dello studente, avvolta ancora da tanti punti di domanda. E i primi a dubitare sulla ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti sono gli stessi genitori che non credono all’annegamento per suicidio del figlio.
 

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