Green pass valido 6 mesi? Rasi: «L'effetto del vaccino si riduce, la scadenza deve essere più breve»

L'Imperial College di Londra: "Con la mutazione l'efficacia della seconda iniezione è al massimo del 20%"

Green pass valido 6 mesi? Rasi: «L'effetto del vaccino si riduce, la scadenza deve essere più breve»
di Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Sabato 18 Dicembre 2021, 06:28 - Ultimo aggiornamento: 19 Dicembre, 11:04

«Dopo 5 o 6 mesi il Green pass perde ogni giorno un po' di validità rispetto alla circolazione del virus, se fossimo in bassa circolazione non sarebbe un problema ma in un momento di alta circolazione si deve pensare di ridurre la durata». Così ieri Guido Rasi, già direttore dell'agenzia europea dei medicinali (Ema) e oggi consulente del commissario per l'emergenza Covid-19 Francesco Paolo Figliuolo, ha riaperto il fronte per un nuovo taglio alla durata del Qr code.
Una necessità già riconosciuta anche da Walter Ricciardi, primo consulente del ministro della Salute Roberto Speranza («Bisogna adeguare il passaporto verde alla protezione») e in parte dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa: «È vero che c'è una riduzione dell'immunità ma non è una riduzione istantanea da 100 a zero, bensì una discesa graduale. Attendiamo le indicazioni della comunità scientifica». Per ora, però, come ha spiegato invece il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli a SkyTg24, «la sua durata è appena stata modificata» e quindi potrebbe servire «mantenere questa linea di coerenza».

Omicron, sequenziamento: inutilizzati test e laboratori, così l'Italia ignora la nuova variante

Roma, controlli a campione negli scali romani: Green pass e tamponi a chi arriva

Per dirla con le parole che trapelano proprio dal ministero della Salute «ora il taglio della durata della validità» del Qr code «non è in agenda».

Ma ci finirà «se la situazione dovesse peggiorare». D'altronde, a differenza di quanto accaduto finora, anche la Commissione Ue vorrebbe uniformare le indicazioni dei Ventisette, definendo un approccio comune «al periodo di validità del certificato» come rimarcato ieri da Ursula von der Leyen, numero uno della Commissione, in conferenza stampa a Bruxelles. Lo scenario che porterebbe a questo tipo di stretta, quindi, ha un solo principale indiziato: la variante Omicron. Solo se, come parrebbe, i dati definitivi dovessero confermare le impressioni preliminari, e cioè che questa variante è capace di reinfettare più facilmente i guariti da Delta e anche i doppi vaccinati, e se la corsa alle terze dosi dopo lo sprint attuale (siamo già a 14,2 milioni di booster e dosi aggiuntive somministrate) dovesse subire una frenata, la misura tornerebbe prepotentemente sul tavolo. Cioè sarebbe funzionale a rialzare la soglia dell'attenzione sulla necessità di ricorrere ad una nuova dose per frenare i nuovi contagi. Le dosi a disposizione del resto ci sarebbero (Figliuolo ieri ha annunciato l'arrivo di altri 5 milioni) e le strutture anche. Inoltre i soggetti che potenzialmente correrebbero agli hub a gennaio sarebbero i vaccinati tra giugno e luglio che ancora non hanno fatto ricorso al booster: circa 4 milioni di persone.

 


IL REPORT
D'altronde il nuovo studio pubblicato ieri dall'Imperial College di Londra va proprio in questa direzione. Secondo i ricercatori inglesi, che hanno attinto ai dati del Servizio sanitario nazionale britannico (Nhs), la variante Omicron «elude in gran parte l'immunità ottenuta con la malattia e quella con due dosi di vaccino» anti-Covid. Gli esperti stimano «che il rischio di reinfezione con la variante Omicron è 5,4 volte maggiore di quello della variante Delta» e che quindi «la protezione contro la reinfezione da Omicron, offerta da un'infezione avuta in passato, può arrivare fino al 19%».
Inoltre, e qui starebbe il collegamento con la necessità di accorciare la durata del Green pass per favorire le terze dosi, gli scienziati hanno anche stimato l'efficacia dei vaccini anti-Covid contro l'infezione sintomatica da Omicron: «l'efficacia è compresa tra lo 0% e 20% dopo due dosi e tra il 55% e l'80% dopo la dose di richiamo». Questo livello di evasione immunitaria «significa che Omicron rappresenta una grave e imminente minaccia per la salute pubblica», afferma Neil Ferguson dell'Imperial College. Tuttavia, sottolinea il testo, la ricerca «non ha trovato prove che Omicron» causa infezioni di «gravità inferiore a Delta».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA