La sua missione era punire i pedofili. Ispirato da una serie tv, adescava online chi gli sembrava disposto a fare sesso con un minorenne. Poi si vendicava. Così è finito agli arresti domiciliari un ragazzo disabile di vent'anni che, insieme ad altri due giovani, avrebbe sequestrato e seviziato un impiegato 50enne all'interno di un casolare in costruzione a Vedelago (Treviso). L'ipotesi degli investigatori è che ci siano state altre vittime nel mirino del "giustiziere". Nel suo cellulare, infatti, sono stati trovati diversi contatti di uomini più grandi, tutti omosessuali. Il 20enne sarebbe "la mente" dietro al piano, ma oltre a lui sono stati fermati anche un ragazzo di 18anni e un minorenne.
LA PISTA DELLA DROGA
I carabinieri credevano di trovarsi davanti a una rete di spaccio di droghe leggere.
LA RICOSTRUZIONE
Ad avere architettato tutto sarebbe stato il ragazzo di vent'anni, affetto dalla sindrome di Crouzon, una rara patologia genetica che comporta anomalie facciali e del cranio con i conseguenti effetti di tipo psicologico. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, infatti, le malformazioni fisiche che hanno colpito il giovane potrebbero averlo portato a una forte sensazione di emarginazione. Non è da escludere che proprio grazie al ruolo di "giustiziere" che lui stesso si era scelto, trovasse in un qualche modo sollievo dal costante senso di esclusione. Una sorta di "riscatto sociale" per lui, che aspirava soltanto ad essere un benefattore. L'obiettivo era quello di fermare tutti coloro che accettavano di avere rapporti sessuali con ragazzi minorenni, pedofili o presunti tali. Un'idea che sarebbe venuta al giovane tramite una serie televisiva.
Quanto alla vittima, ha spiegato agli investigatori di avere parlato «un paio di volte» con un ragazzo online e che successivamente si erano accordati per un incontro a Vedelago. «Non sapevo di avere a che fare con un minorenne», ha sottolineato.
I REATI CONTESTATI
Nell'inchiesta coordinata dal pubblico ministero di Treviso, Barbara Sabbatini, al 20enne e al 18enne - entrambi finiti agli arresti domiciliari - vengono contestati i reati di sequestro di persona, tentata rapina aggravata e lesioni personali. Per il minorenne, invece, procede la Procura minorile, che gli ha tolto l'accusa del sequestro di persona. L'avvocato Elisa Breton, difensore del "capo" della banda, è intenzionata a effettuare una perizia psichiatrica, con l'obiettivo di dimostrare l'esistenza di una sofferenza mentale dalla quale avrebbero avuto origine i suoi comportamenti. Nel frattempo procedono anche gli accertamenti per risalire a ulteriori eventuali vittime. L'analisi delle chat trovate nei cellulari degli arrestati potrebbero fornire, in questo senso, risposte più precise.