Genovese, parla la 18enne: «Trascinata in un incubo, sono distrutta: pensavo fosse solo una festa»

Genovese, parla la 18enne: «Trascinata in un incubo, sono distrutta: pensavo fosse solo una festa»
di Claudia Guasco
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Venerdì 20 Novembre 2020, 07:19 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 20:52

MILANO È stata invitata a una serata a Terrazza sentimento, è riuscita a scappare solo dopo diciotto ore, scalza e piena di lividi. «Sono distrutta, confusa e sotto choc. Mai avrei pensato di andare a una festa e poi vivere un incubo del genere», si confida con il suo avvocato la ragazza appena maggiorenne che il 10 ottobre è stata stordita con un mix di droghe e poi violentata da Alberto Genovese, l'inventore di Facile.it ora in cella a San Vittore. Lei «sta pian piano prendendo coscienza di quel che le è accaduto - dice il suo legale Luca Procaccini - ma sta malissimo e ha iniziato un percorso di cure con psicologi». Persino la dottoressa della Mangiagalli che l'ha curata, sentita dagli inquirenti, non è riuscita a trattenere il turbamento: «Riguardo alle lesioni che ho riscontrato durante la visita poso dire che, nonostante lavori al Soccorso violenza sessuale e domestica da diverso tempo, non mi era mai capitato di vedere qualcosa di così cruento».

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CENTO EURO
Lei voleva fare la modella e sperava che quel party in un appartamento del centro di Milano portasse con sé qualche buona occasione di lavoro. È ancora una «bambina», racconta il suo avvocato, resa più fragile da problemi di tossicodipendenza che lei stessa non ha negato davanti ai magistrati. «Ma dopo il danno enorme che ha subito, è un ulteriore dolore vedersi dipinta come una ragazza leggera. Sofferenza nella sofferenza è sentirsi descrivere come una che se l'è cercata». Ogni volta che affiorano i ricordi di quella notte «per lei sono solo frustate. Pian piano sta prendendo coscienza di quel che le è capitato e intraprendendo un percorso di cure con psicologi che la seguiranno per aiutarla a riappropriarsi, per quanto sia possibile, di una vita normale». Nei prossimi giorni sarà ascoltata di nuovo dal pm Rosaria Stagnaro e dal procuratore aggiunto Letizia Mannella, la sua prima deposizione infatti era offuscata dalla droga e dalla paura. Ma le telecamere della camera da letto di Genovese hanno ripreso tutto, un interminabile film dell'orrore cominciato la sera di venerdì e finito alle quattro e mezza del pomeriggio successivo, quando lei si risveglia nuda nel letto, le lenzuola sporche di sangue. «Chiede a Genovese dei vestiti da indossare, lui si rifiuta», si legge nel decreto di fermo del gip Tommaso Perna, la ragazza trova la forza di scappare mettendosi addosso quel che trova.

Quando è in strada «Genovese si affaccia alla finestra e le lancia una delle sue scarpe e una banconota da 100 euro». Un ultimo sfregio prima di attrezzarsi per eliminare le tracce: «Passa un distruttore dei file, una cosa permanente», insiste con l'installatore dell'impianto di videosorveglianza.

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DROGA DELLO STUPRO
Genovese, nell'interrogatorio di due giorni fa che ha interrotto almeno una decina di volte per andare in bagno, ha detto che, se violenza c'è stata, la colpa è della droga che aveva in corpo. Tre, quattro grammi al giorno, una «spirale che mi ha messo sempre più in difficoltà», tanto che la sua «percezione della serata trascorsa» con la giovane vittima era quella di due «innamorati che stavano trascorrendo momenti bellissimi». Presto tornerà davanti ai magistrati, che stanno indagando su altre presunte violenze, su profili di favoreggiamento e complicità, sul giro di droga. Una partecipante alla festa ha raccontato agli investigatori: «Un'amica mi ha detto che Genovese aveva il vizio di portare giù nella sua stanza, quella con il buttafuori, le ragazze e proporre della droga o non so che altro per fare sesso; gira voce che lui fornisse loro droga che faceva perdere il controllo, tipo droga dello stupro, dicendo che era un altro tipo di sostanza». Ma l'avvocato Davide Ferrari, che con il collega Luigi Isolabella difende il milionario del web, precisa: «Emerge un quadro un po' diverso da quello tracciato dalla procura e non così definito come finora ricostruito».

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