Ponte Morandi, difetti di costruzione e degrado dei tiranti: i dubbi che l'inchiesta deve ancora chiarire

Ponte Morandi, difetti di costruzione e degrado dei tiranti: i dubbi che l'inchiesta deve ancora chiarire
di Claudia Guasco
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 14 Agosto 2019, 09:22

dal nostro inviato

GENOVA Il ponte Morandi non ce la faceva più a stare in piedi. «È morto, come una persona muore di morte naturale. Ora però bisogna appurare se poteva essere salvato, curato. Ed è quello che accerteremo con le indagini», afferma il capo della procura di Genova Francesco Cozzi. Nell'inchiesta coordinata dai pm Walter Cotugno e Massimo Terrile ci sono 74 nomi iscritti nel registro degli indagati, tra cui i vertici di Autostrade e di Spea, incaricata di monitorare le infrastrutture, funzionari del Mit e del provveditorato alle opere pubbliche. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo, crollo, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omicidio stradale colposo plurimo.

Genova, un anno dopo torna il governo dell’occasione mancata
 



MAIL E CONSULENZE
Gli uomini della guardia di finanza coordinati dal colonnello Ivan Bixio hanno sequestrato una mole gigantesca di materiale: il contenuto dei server di Autostrade, i messaggi via mail e chat, tutta la documentazione storica del ponte Morandi, dalla progettazione all'intervento di ristrutturazione (mai partito) della pila 9 crollata, le consulenze esterne affidate a Cesi e Politecnico di Milano. Ciò che al momento la procura considera prove importanti sono il video ripreso dalla telecamera della ditta Ferrometal in cui, stando all'accusa, si vedrebbe il punto di rottura del viadotto, e il «reperto 132», l'antenna del lato sud del pilone 9 e i tiranti che avrebbero ceduto. Al momento sono in corso due incidenti probatori: il primo per valutare le condizioni della struttura prima del crollo, il secondo per identificare le cause del disastro. A inizio agosto è stata depositata una relazione tecnica dei tre periti nominati dal gip Angela Nutini: nelle 75 pagine si sono pronunciati sulla manutenzione e sulla conservazione del viadotto, riscontrando «difetti esecutivi» rispetto al progetto iniziale, oltre che degrado e corrosione di diverse parti dovuti alla «mancanza di interventi di manutenzione significativi», si legge nella perizia. Secondo gli esperti il 68% dei trefoli del gruppo primario, all'interno del tirante, e l'85% dei trefoli situati più all'esterno avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%.
 
 


Al termine del secondo incidente probatorio, a dicembre, i periti dovranno pronunciarsi su un quesito ancora più complesso. Ovvero: in che proporzione tutti questi elementi hanno concorso al crollo? Secondo Autostrade alcune valutazioni del primo studio non sono approfondite sotto il profilo scientifico, la manutenzione è stata fatta con puntualità e i problemi di progettazione hanno avuto un ruolo determinante nella sciagura. «La relazione dei periti del gip non evidenzia situazioni di degrado che possano in alcun modo essere messe in relazione con una diminuzione della capacità portante del ponte», rileva la società. Non solo. «L'analisi delle parti crollate ancora presenti al momento dell'inizio dell'incidente probatorio e delle parti non crollate ha messo in evidenza alcuni difetti solo localizzati, peraltro compatibili con l'epoca di costruzione», scrivono i consulenti di parte.

PISTE ALTERNATIVE
Tra le ipotesi che i periti della procura dovranno valutare ci sono anche le piste alternative: la bobina caduta da un camion, un fulmine che ha colpito l'antenna, un carroponte montato per i lavori di manutenzione. Mentre Autostrade punta l'attenzione verso «i tanti medici che hanno avuto in cura il paziente». Dai consultenti ai funzionari del ministero dei Trasporti, sulla cui scrivania c'era il progetto di ristrutturazione mai cominciato.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA