​Galvaligi (figlio del generale dei carabinieri ucciso): «Caduto un tabù, è una bella giornata. Non è vendetta»

Galvaligi (figlio del generale dei carabinieri ucciso): «Caduto un tabù, è una bella giornata. Non è vendetta»
di Cristiana Mangani
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Giovedì 29 Aprile 2021, 01:18

In tutti questi anni hanno mantenuto una linea riservata. «Abbiamo preferito anche non costituirci parte civile nel processo - racconta il generale Paolo Galvaligi - Io e mia madre abbiamo somatizzato e poi elaborato il lutto, tenendoci lontani da situazioni che avrebbero riaperto ogni volta la ferita». Suo padre, il generale dei Carabinieri Enrico Galvaligi, è stato ucciso dalle Br nell’androne del palazzo di casa, la sera del 31 dicembre del 1980. 

A distanza di più di quarant’anni gli assassini di suo padre verranno rimpatriati in Italia, cosa ha pensato quando lo ha saputo?
«Sono stato molto felice perché la giustizia ha compiuto il suo corso.

Alla fine ti raggiunge sempre. Considero questa cosa un grande successo delle istituzioni, di tutte le istituzioni».

Dopo molte resistenze la Francia ha accettato di collaborare.
«È sempre stato un paese amico, ma ora è caduto un tabù e si può finalmente parlare un po’ di più di Europa unita».

Generale, perché suo padre è stato ucciso?
«Sono stati gli stessi brigatisti a spiegarne i motivi nel loro volantino. Era stato mio padre a coordinare un’operazione del Gis dei carabinieri nel carcere di massima sicurezza di Trani. C’era stata una sommossa e la cabina di regia era affidata a lui. Venne riportata la calma senza violenza, ma gli è costata cara».

Lei ha deciso di fare il carabiniere dopo quell’episodio?
«Non è stata quella la ragione. Io sono cresciuto nelle caserme, mio padre ha carpito subito la mia propensione per la vita militare. Quando lui è stato ucciso, avevo 22 anni ed ero già un giovane tenente. Quello che abbiamo vissuto, non mi ha fatto perdere la fiducia e l’Arma è stata sempre per me una famiglia, ci ha protetti e coccolati».

Pensa che si potrà mettere la parola fine a quegli anni bui?
«I concetti di perdono e giustizia sono molto personali. Né io né mia madre abbiamo mai avuto desiderio di vendetta. Spero che si possa mettere un punto su questa storia, ma spero anche che la storia rimanga ben impressa nei libri di scuola. Che i giovani continuino a studiare e a conoscere quanto è successo in quegli anni».

Che giornata è stata per lei ieri?
«Una bella giornata cominciata con una notizia ancora più bella».

Pensa che quel periodo si potrà mai ripetere in Italia? In questi mesi le tensioni sociali sono alte. 
«Sono due fatti storici differenti, non credo che ci siano i presupposti per una ripresa di questo tipo. Le ideologie messe in campo sono diverse. Viviamo altri tempi e mi auguro proprio che quelli non tornino più».
 

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