Funivia Mottarone, gli operai: «Tadini ordinò blocco freni. Disse: "Tanto il cavo non si spezza"». Il gip: «Potevano rifiutarsi»

Mottarone, Gip: «Tadini agì con leggerezza sconcertante, domiciliari o potrebbe rifarlo»
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Domenica 30 Maggio 2021, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 12:04

Funivia Mottarone. «L'ho fatto 10 volte in 15 giorni». Tra l'8 maggio e il 23, giorno della tragedia della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini avrebbe usato i forchettoni per disattivare i freni di emergenza «una decina di volte». Lo ha messo a verbale ieri davanti al gip di Verbania lo stesso caposervizio dell'impianto continuando a sostenere come questa fosse una decisione «condivisa con tutti». Ha detto pure di aver «disattivato il freno anche prima del 7 maggio», perché il problema al sistema frenante andava avanti da fine aprile. Anche «venerdì 21» maggio «ho disattivato il sistema», ha aggiunto.

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Il dipendente testimone: «Prima che si rompa ce ne vuole»

«Prima che si rompa una traente o una "testa fusa" ce ne vuole». Queste le parole di un dipendente della funivia che tirano in ballo Gabriele Tadini, caposervizio della funivia. Il dipendente diventa un testimone fondamentale nell'inchiesta sulla strage di Stresa. Queste dichiarazioni compaiono nell'ordinanza del gip. Magistrato che ieri ha fatto scarcerare il gestore dell'impianto, Luigi Nerini, e il direttore d’esercizio Enrico Perocchio mentre ha stabilito i domiciliari per il caposervizio Tadini.

Si alleggeriscono, quindi, le posizioni di Nerini e Perocchio. Nei confronti dei due, come emerge da diversi passaggi dell'ordinanza, non ci sono ad oggi elementi che giustifichino la detenzione. Diverso il quadro per il caposervizio, oltre alle parole del dipendente testimone, lo stesso Tadini ha ammesso di aver inserito lui i blocchi ai freni della cabina.

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L'ORDINANZA - Quando al tecnico, Tadini, «ordinò di non rimuovere il ceppo dalla cabina 3» un giorno, l'altro gli chiese, stando a ciò che emerge dal verbale, se la cabina potesse viaggiare «con persone a bordo e ceppo inserito». A quel punto, stando al racconto del testimone, Tadini avrebbe replicato che prima che si rompa un cavo traente, (quello che si spezzò poi il 23 maggio) «ce ne vuole». 

Il testimone ha spiegato agli inquirenti che Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, «ascoltava solo quello che gli diceva Tadini» e ha ricordato che nel 2012 il titolare della funivia del Mottarone parlando in merito al «pericolo sul lavoro in funivia mi disse che tanto non sarebbe mai successo niente» e «questa frase mi rimase impressa perché poi il mese dopo fui costretto a calare 38 persone da una cabina rimasta bloccata». Il gip fa notare che a partire dalle dichiarazioni dei dipendenti, che hanno tutti chiamato in causa Tadini, quest'ultimo avrebbe dovuto essere sentito subito come «indagato» e non prima come testimone. E specifica che le dichiarazioni dei lavoratori «minano profondamente» la sua «credibilità» quando accusa Nerini e il direttore di esercizio Perocchio.

 

ARRESTI DOMICILIARI - Per il giudice, che ha smantellato l'impianto accusatorio fondato sulle dichiarazioni del capo servizio, il modo di agire di Tadini induce a ritenere che «non abbia la capacità di comprendere la gravità delle proprie condotte e che, trovandosi in analoghe situazioni reiteri con la stessa leggerezza altre condotte talmente pregiudizievoli per la comunità» si legge nel provvedimento di 23 pagine. I domiciliari vengono concessi visto che è incensurato, per la confessione resa e il contesto familiare in cui vive. Mentre è concessa la libertà (restano indagati) per il gestore della struttura Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio, tirati in ballo dalla confessione di Tadini. 

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IL DISPOSITIVO - Non sono in «alcun modo convincenti» le «ragioni», individuate dalla Procura di Verbania, e «tutte di ordine economico», che avrebbero portato a disattivare il freno di emergenza della funivia del Mottarone con presunte «pressioni» sul caposervizio Gabriele Tadini. Ragioni indicate dai pm «in termini di risparmio della Leitner rispetto ai costi di manutenzione e del Nerini», il gestore, «in termini di corrispettivo corrisposto dagli utenti» che sarebbero diminuiti in caso di stop per manutenzione. Lo scrive il gip. Per il gip non ci sono motivi per i quali il direttore di esercizio Enrico Perocchio avrebbe dovuto «avallare» la decisione di Tadini. Perocchio «è dipendente della Leitner, percepisce uno stipendio dalla Leitner, la quale a sua volta percepisce annualmente dalla Funivie Mottarone» 127mila euro all'anno per la manutenzione. E, si chiede il gip perché Perocchio avrebbe dovuto dare l'ok a quella «scelta scellerata»? 

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I VERBALI - E ancora: «Che interesse avrebbe avuto la Leitner a mantenere in cattive condizioni l'impianto di Stresa?». Quest'ultima società aveva «tutto da perdere dal malfunzionamento della funivia» e pure Perocchio «in termini di professionalità e reputazione». Erano stati già eseguiti due interventi in 20 giorni per tentare di risolvere il problema al freno e un terzo «era in programmazione»: un «colosso come Leitner» non avrebbe avuto alcuna convenienza a non «ottemperare al contratto di manutenzione». Infine, si chiede ancora il gip: «Perché Nerini avrebbe dovuto avallare una simile prassi?». La «stagione turistica» non era ancora in pratica iniziata, anche a causa del Covid, e sarebbe stato certo «più ragionevole», spiega ancora il gip, approfittare del periodo per interventi di manutenzione, senza troppe perdite economiche.

L'ASSICURAZIONE - Inoltre esiste un'assicurazione che «copre» il gestore della funivia del Mottarone, Luigi Nerini. È quanto si ricava da un altro passaggio dell'ordinanza con cui il gip di Verbania, rilevando l'inesistenza del pericolo di fuga, non ha convalidato il fermo degli indagati. Il giudice, soffermandosi sulla mancanza del pericolo di fuga, osserva che «nessun elemento poteva far ritenere la volontà di allontanarsi» e «tanto meno, come pure ipotizzato dal pm, il pericolo di fuga potrebbe configurarsi nella necessità di sottrarsi a un ingente risarcimento del danno: ha una assicurazione e anche laddove non vi fosse la copertura assicurativa per le ipotesi di dolo, a maggior ragione Nerini avrebbe avuto l'interesse a restare sul territorio e a difendersi da tale accusa anche per evitare le gravissime ripercussioni economiche su tutta la sua famiglia».

Dall'ordinanza si ricava quindi che gli addetti alla funivia del Mottarone sapevano della prassi del caposervizio Gabriele Tadini di lasciare inseriti i ceppi per bloccare il sistema frenante, ma forse potevano rifiutare di assecondarla. Alcuni passaggi del testo sembrano volere indirizzare la ricerca delle responsabilità: di un manovratore in servizio il 23 maggio, giorno dell'incidente, il giudice scrive che «mai avrebbe dovuto essere sentito come persona informata sui fatti, dopo le dichiarazioni assunte prima delle sommarie informazioni rese da Tadini».

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