Funivia, a Stresa partito il turismo dell'orrore: gente arrivata per vedere la cabina crollata

Funivia, a Stresa partito il turismo dell'orrore: gente arrivata per vedere la cabina crollata
di Claudia Guasco
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Martedì 1 Giugno 2021, 06:21 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 11:02

dal nostro inviato
STRESA Sul lago Maggiore la stagione estiva sta per cominciare, ma l'atmosfera non è quella effervescente dei bei tempi. All'imbarcadero di Stresa i battelli allineati aspettano i gitanti, i barcaioli agganciano i turisti. «Domani riaprono i palazzi borromei delle isole, speriamo arrivi gente. Ma ormai è finita», mormora sconsolato un addetto con il cappellino da marinaio. Finita ancor prima di ricominciare. La strage del Mottarone, gita suggestiva per ammirare il panorama lacustre da 1.490 metri di altezza, ha offuscato il paesaggio con un manto di dolore. Ci sono quattordici morti e tre cittadine in dieci chilometri - Stresa, Baveno, Verbania - che nel 2019 hanno avuto quasi 3 milioni di visitatori da tutta Europa e domenica scorsa i turisti dell'orrore. «Una famiglia di Saronno mi ha chiesto informazioni per arrivare in cima al Mottarone, sul luogo dell'incidente. È successo anche alla mia collega dall'altro lato della strada, eravamo sconvolte», racconta la proprietaria di un negozio di souvenir del centro.

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BANDIERE A MEZZ'ASTA
«È il nostro 11 settembre», esprime la sua angoscia la sindaca di Stresa Marcella Severino. Al palazzo del municipio le bandiere sono a mezz'asta, in chiesta brillano quattordici candele tante quante le vittime, la notizia del fermo dei vertici della società Ferrovie del Mottarone è stata un colpo, la loro scarcerazione ritenuta uno schiaffo. «Non posso negare che ci sia perplessità, quasi sconcerto nella mia comunità dopo le decisioni delle ultime ore - riconosce la sindaca - tuttavia sono sicura che l'inchiesta porterà al risultato che tutti noi auspichiamo, vale a dire fare luce su una vicenda che ci ha toccato e sconvolto». Ma dietro il dolore, il minuto di silenzio e la compassione per i morti serpeggiano ostilità interne e rivalità campanilistiche. Il giorno dopo l'incidente c'è chi chiede le dimissioni del primo cittadino e chi accusa di connivenza Stresa, che ha assegnato a Luigi Nerini la concessione dell'impianto fino al 2028. «Qualcuno si è permesso di dire che l'amministrazione e la comunità intera sapevano di questo modus operandi per la funivia. È intollerabile, inqualificabile», si indigna Marcella Severino.

Il paese è piccolo, la Ferrovie del Mottarone ha 18 dipendenti in alta stagione e dieci nella bassa, sempre locali. L'insinuazione, dunque, è che tutti a Stresa fossero al corrente del fatto che le cabine circolassero con le ganasce sui freni di emergenza. Un'accusa che fa insorgere gli abitanti, soprattutto per una questione di cittadinanza: «Il Nerini non è dei nostri», dicono.

 


RIVALITA'
È cresciuto a Verbania, abita a Baveno, a Stresa veniva giusto per staccare i biglietti. Motivo per cui qui se ne parla con evidente fastidio, a Verbania gli danno del traditore e a Baveno lo difendono. «È una bravissima persona. Mio marito ha lavorato con lui per anni, si è sempre comportato bene», è dalla sua parte la cassiera del supermercato accanto a Villa Claudia, la dimora d'epoca in decadenza dove Nerini risiede con il figlio. Ci si sposta di nove chilometri e si arriva a Verbania. Altro clima. Sabato, davanti al carcere, ai tavolini del Corona bar i colpevolisti facevano capannello. Grande delusione alla notizia che avrebbero scarcerato i tre fermati: «È una vergogna, hanno ucciso degli innocenti e sono liberi», protestava il gruppo. Chi non ha bisogno dello sfogo della piazza ma dell'aiuto dello psicologo, invece, sono gli addetti del soccorso alpino intervenuti la mattina del 23 maggio. Si sono trovati davanti agli occhi la cabina accartocciata, le vittime una sopra l'altra, i corpi sbalzati fuori. «In tanti anni di servizio non ho mai visto una cosa del genere - ammette Franco Gazzola - Mercoledì sera abbiamo partecipato tutti a una seduta di gruppo, ciascuno ha raccontato quello che ha dovuto affrontare e come lo ha percepito. Quelle immagini resteranno per sempre dentro di noi, condividerle alleggerisce il peso».
 

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