Fontana indagato, l'accusa è frode. I pm: non chiese i danni all'azienda del cognato

Fontana indagato, tutte le accuse
di Valentina Errante
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Domenica 26 Luglio 2020, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 14:19

Frode in pubbliche forniture: dei 75mila camici, previsti dal contratto tra la Regione Lombardia e la Dama, e sui quali l’amministrazione contava in un momento di emergenza, ne sono arrivati solo 49mila. E a fronte di questa grave inadempienza non è stata avviata un’azione legale o risarcitoria.

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È questo passaggio che ha portato i pm milanesi a ipotizzare un nuovo reato nell’indagine sulla fornitura della Dama, azienda del cognato di Attilio Fontana (di cui la moglie del governatore detiene il 10 per cento) e ad iscrivere il nome del presidente della Regione sul registro degli indagati, in concorso con Dini e Filippo Buongiovanni, direttore generale di Aria, e un funzionario della società deputata agli acquisti della Regione. Perché, quando esplode il caso mediatico della fornitura affidata con trattativa diretta alla società del cognato del Governatore, il contratto viene trasformato in donazione, ma la Dana interrompe anche la consegna del materiale. Una violazione rispetto a quanto pattuito che avrebbe previsto un’azione legale da parte della Regione. Invece l’amministrazione non prende alcuna contromisura. Nonostante l’emergenza e la necessità dei camici. Il governo regionale non interviene e non chiede alla Dama alcun danno, come conseguenza della scelta unilaterale. Anzi Fontana fa un bonifico da 250mila euro (poi bloccato) alla società del cognato. 

Ma la procura ipotizza anche la turbata libertà degli incanti nella scelta del contraente, perché l’individuazione di quell’azienda, quando ancora l’affidamento a trattativa diretta non erano previsto, risulta più che sospetta, almeno in base alle tante testimonianze raccolte dagli inquirenti. e non ci sono dubbi che Fontana sapesse: a informarlo era stato un suo assessore, Raffaele Cattaneo.
 

La donazione


Alla Dama quell’accordo non conveniva più. Il bon geste, che ha trasformato la fornitura da 513mila euro, ottenuta in aprile senza gara dalla Regione Lombardia, in donazione, non era vantaggioso. E così, quando all’indomani della indiscrezioni di stampa Andrea Dini tenta di mettere una toppa su quel pasticcio, decide che i camici e i set sanitari consegnati non devono essere pagati, ma il resto della fornitura non arriverà più. Il contratto viene di fatto modificato unilateralmente senza che l’amministrazione eccepisca alcunché. In mezzo il bonifico che il presidente della Regione tenta di fare al cognato, per risarcirlo della donazione “forzata” o per attribuirsi il merito politico del gesto magnanimo in tempi di pandemia. E anche in questo caso la toppa è peggiore del buco. Il 20 maggio, il giorno successivo al bonifico estero di 250mila euro che Fontana avvia e poi stoppa a vantaggio della Dama, Dini manda un’email ad Aria per comunicare che il contratto si trasforma in una donazione, ma solo per il materiale sanitario già consegnato. La Regione che contava su quella fornitura si trova così scoperta. I camici non arriveranno mai. Non solo, successivamente Dini tenterà di piazzare quegli altri camici a 9 euro a una casa di cura.
 



L’OFFERTA
La scelta della Dama non sembra casuale. Perché, prima di Pasqua, quando l’azienda manda l’offerta a Aria, si fa esplicito riferimento alle indicazioni ricevute da Raffaele Cattaneo, assessore regionale che ha coordinato la task force per il reperimento del materiale sanitario durante l’emergenza. Dini ha sostenuto di essere all’oscuro della proposta inviata dalla sua azienda alla Regione Lombardia, perché, nei giorni del Covid, non era in sede. E invece è stato smentito. Il documento ha in calce la sua firma. Nell’offerta, Dama, ovviamente, non fa affatto riferimento a una donazione, propone invece 7mila set di camici, calzari e cuffie a 9 euro ciascuno e 18mila camici a 6 euro. L’azienda è pronta anche a fornire 57mila set o 57mila camici allo stesso prezzo. Aria il 16 aprile emette un ordine per 7mila set e 75mila camici, prezzo 513mila euro. Le consegne vengono fatturate regolarmente, arrivano 7mila camici e 49.353 camici. Fino alla polemica mediatica e alla decisione del 20 maggio. 
 

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