Camici, Fontana indagato si difende: «Ho risarcito mio cognato»

Fontana indagato
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Sabato 25 Luglio 2020, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 21:47

«Non vi è stato da parte mia alcun intervento», era stata la prima reazione del presidente lombardo Attilio Fontana l'8 giugno, giorno in cui la trasmissione Report andò in onda con un servizio sui camici comprati e poi donati dall'azienda di suo cognato Andrea Dini alla Regione Lombardia. E proprio il fatto che fosse diventata una donazione «mi sembra che fughi qualunque tipo di problema», aveva aggiunto. Così non è stato e, tramite il suo legale Jacopo Pensa, ha ammesso oggi «un gesto risarcitorio» nei confronti del cognato che si è concretizzato in un bonifico di 250mila euro che è poi stato bloccato dalla fiduciaria che lo doveva erogare e che ha dato il via all'indagine a suo carico.

Caso camici Lombardia, indagato Fontana: «Sono certo dell'operato della Regione»


Accusato di frode in pubblica fornitura, Fontana ha saputo ieri sera di essere stato iscritto nel registro degli indagati dai pm Furno, Scalas e Filippini: «Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa. Sono certo dell'operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità», il suo commento postato nella notte su Facebook. E la sua difesa parte dalle difficoltà create dall'emergenza coronavirus soprattutto nel primo periodo della pandemia, quando trovare i dispositivi di protezione individuale era impresa complicata per tutti, a partire dalla regione che ne aveva più bisogno: «Sono stati comprati tutti i camici da tutti quelli che li producevano perché noi ne avevamo bisogno. Nel caso dell'azienda di mio cognato, sono stati donati», aveva spiegato.
 



Anche la Dama spa, società appunto del cognato di cui la moglie di Fontana detiene il 10% delle quote, aveva riconvertito la sua produzione in dpi e le era stata affidata la commessa dal valore di 513mila euro resa nota dalla trasmissione Report a cui Fontana aveva rilasciato una dichiarazione: «Agli inviati della trasmissione televisiva avevo già spiegato per iscritto che non sapevo nulla della procedura attivata da Aria SpA, la centrale di acquisti regionale, e che non sono mai intervenuto in alcun modo», aveva precisato su Facebook. Nello stesso post del 7 giugno, si era lamentato per «l'ennesimo attacco politico vergognoso, basato su fatti volutamente artefatti e scientemente omissivi per raccontare una realtà che semplicemente non esiste», dando mandato ai suoi legali di querelare 'Il Fatto Quotidianò, che anticipò in prima pagina l'inchiesta di Report.

«Non abbiamo niente da nascondere», spiegò l'assessore lombardo all'Ambiente Raffaele Cattaneo, rispondendo a metà luglio in Consiglio regionale per conto di Fontana alla richiesta di informativa sul 'caso camicì del M5S. L'inchiesta che aveva già coinvolto Dini e un dirigente di Aria si è però poi spostata sul ruolo del governatore, intervenuto con un bonifico segnalato alla Banca d'Italia: «Quando è venuto a sapere della fornitura, per evitare equivoci gli ha detto di trasformarla in donazione e lo scrupolo di aver danneggiato suo cognato lo ha indotto in coscienza a fare un gesto risarcitorio», ha spiegato all'ANSA l'avvocato Pensa. «Non sono in grado di capire dove sia il reato, ma i pm sanno quello che devono fare ed evidentemente sono state fatte indagini che hanno implicato l'iscrizione a garanzia dell'indagato», ha concluso.

«Nelle dichiarazioni richieste dalle norme sulla trasparenza sono riportati nel dettaglio i miei patrimoni, non vi è nulla di nascosto e non vi è nulla su cui basare falsi scoop mediatici». Lo scrive su Facebook il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, in relazione all'inchiesta sulla vicenda dei camici che lo vede indagato per frode. «Adesso qualche ora di riposo, da domani si riprende come sempre il lavoro alla guida della Regione più bella del mondo», aggiunge Fontana. 

 

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