Nordcoreana scomparsa, la lettera di Pyongyang: «Nessun caso, odiava il papà»

Nordcoreana scomparsa, la lettera di Pyongyang: «Nessun caso, odiava il papà»
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Venerdì 22 Febbraio 2019, 15:05 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 13:30

L'ex ambasciatore nordcoreano Jo Song Gil «non aveva alcun motivo politico» per disertare. E sua figlia 17enne «odiava i genitori perché la lasciavano a casa da sola» e voleva «tornare a Pyongyang dai nonni», dove è tornata il 14 novembre​ e ora e «sta bene» anche se sottoposta «a cure». Lo spiega il successore di Jo all'ambasciata in Italia, Kim Chon, in una lettera al presidente dell'unione interparlamentare Italia-Nord Corea, Osvaldo Napoli, respingendo la tesi del «rapimento» rilanciata dalla Corea del Sud per «ostacolare i nostri rapporti con l'Italia».  
 



Nella lettera il nuovo reggente dell'ambasciata nordcoreana a Roma afferma che il suo predecessore «aveva lasciato l'ambasciata la sera del 10 novembre 2018, dopo un litigio familiare con la moglie Ri Kwan Sun, a causa dei disturbi mentali che affliggono la figlia, Jo Yu Jong». E la mattina dopo, «insieme alla moglie, si è allontanato dalla sede dell'ambasciata, dove risiedeva con la famiglia, senza farvi più ritorno e facendo perdere le proprie tracce», mentre «la figlia è rimasta» in ambasciata.

La ragazza, ha aggiunto, «odiava e rimproverava i suoi genitori per averla abbandonata e per questo aveva insistito per rientrare a Pyongyang dove l'attendevano i nonni». E «siccome aveva già interrotto gli studi liceali a marzo del 2018, in vista della conclusione del mandato del padre, lo scorso 14 novembre è rientrata tranquillamente in Corea accompagnata da personale femminile». La ragazza «era molto contenta di tornare presto dai nonni, e ho ricevuto un messaggio dalla sua famiglia in cui mi dicono che sta bene ed è momentaneamente sottoposta a cure mediche».

Intanto un fascicolo senza indagati o ipotesi di reato è stato avviato oggi in Procura, a Roma, in relazione alla vicenda della figlia dell'ex ambasciatore nordcoreano in Italia. Oggi è arrivata all'attenzione del procuratore aggiunto Francesco Caporale una informativa della Digos in cui si ricostruisce la vicenda citando articoli di stampa. La storia della ragazza era stata resa nota da un dissidente del regime di Kim Jong Un nel corso di una conferenza stampa alcuni giorni fa.

Gli inquirenti acquisiranno i filmati delle telecamere della zona dove la ragazzina abitava per cercare di individuare
elementi utili alle indagini. All'attenzione degli investigatori anche le immagini dell'aeroporto di Fiumicino che il 14 novembre scorso mostrano il momento in cui la minorenne viene accompagna da due soggetti verso l'aereo che l'ha riportata in Corea.

La figlia dell'ex ambasciatore della Corea del Nord rimpatriata si sarebbe imbarcata all'aeroporto di Fiumicino passando per i normali varchi dei controlli di sicurezza, dai quali accedono oltre frontiera anche gli altri passeggeri e non sarebbe transitata per il Cerimoniale di Stato, l'area normalmente riservata per il transito dei Capi di Stato e di Governo, così come ipotizzato in questi giorni. Lo si apprende all'aeroporto di Fiumicino da fonti investigative. A quanto si è appreso, dalle immagini acquisite catturate dalle telecamere relative alla partenza dallo scalo romano della figlia minorenne del diplomatico, avvenuta lo scorso 14 novembre, si evince che la giovane, accompagnata da una donna, probabilmente dell'Ambasciata, per imbarcarsi sull'aereo che l'ha riportata a Pyongyang non passa per il Cerimoniale di Stato, ma attraverso i normali varchi di sicurezza del terminal 3 dedicato alle partenze internazionali.

Il rientro in Corea del Nord della figlia del diplomatico dissidente non è affare del ministero dell'Interno, ma degli Esteri, ha fatto sapere intanto Matteo Salvini, che ha liquidato così ieri la richiesta del Movimento 5 Stelle e dell'opposizione di riferire in Parlamento sul caso, dopo le voci di una possibile operazione segreta degli uomini di Kim Jong-un in Italia. La Farnesina, tuttavia, ha già spiegato di essere stata avvisata dai coreani di un rimpatrio volontario, a cose fatte. La presa di distanze del leader leghista può anche aprire un altro fronte nel governo, perché suona anche come una replica polemica al sottosegretario agli Esteri pentastellato Manlio Di Stefano, che per primo aveva evocato il caso Shalabayeva: il rimpatrio forzato della moglie di un dissidente kazako che aveva fatto finire il Viminale nella graticola, ai tempi di Alfano.

 

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