Nutella, assalto "multinazionale" contro le nocciole Ferrero: la denuncia di un agricoltore laziale

Nutella, assalto "multinazionale" contro le nocciole Ferrero: la denuncia di un agricoltore laziale
di Carlo Ottaviano
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Domenica 12 Settembre 2021, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 13:16

Davide contro Golia. Apparentemente l'ultimo atto della guerra delle nocciole che vede un piccolo coltivatore di Vignanello (Viterbo) sfidare la multinazionale Ferrero (italiana con sede sociale a Lussemburgo e presenza in tutti i continenti) sembrerebbe replicare il mito biblico. Giacomo Andreocci il nome dell'agricoltore non è però armato solo della famosa fionda, ma del sostegno di giganti della stampa internazionale. A fine agosto è sceso in campo il Financial Times, poi Fortune e questa settimana nel piccolo comune viterbese sono arrivate le troupe televisive della francese Ant2, della tedesca Zdf e, ieri, della prima rete austriaca. Una potenza di fuoco (mediatico) che fa pensare a interessi più ampi. Andreocci all'inviato del FT ha dichiarato di «sentirsi una razza in via d'estinzione», vittima del successo mondiale della Nutella, la crema spalmabile prodotta ad Alba dalla Ferrero.

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La protesta

«La coltivazione delle nocciole ha spiegato - è esplosa in modo massiccio, innescando un cambiamento così rapido nell'ecosistema che ci circonda che la natura non è più in grado di sostenerlo.

Ora gli alberi di nocciole sono piantati ovunque e stanno risucchiando tutte le risorse della nostra terra». Ma è davvero così? I dati catastali parlano invece di un aumento di appena l'1,03% dei noccioleti piantati nell'ultimo anno nel Viterbese rispetto ai 24.638 ettari di piantagione di inizio anni Novanta. Esattamente 255 sono gli ettari di nuove coltivazioni previste nell'intera regione dal Progetto Nocciola, l'accordo di filiera firmato da Ferrero e dalle maggiori associazioni agricole. Obiettivo del Progetto e di altri analoghi raggiunti con Confagricoltura, Coldiretti e Cia-Agricoltori Italiani - è recuperare terreni e coltivazioni abbandonate da tempo e garantire prodotti di qualità all'industria. Attualmente la società primo acquirente al mondo di nocciole acquista la materia prima in Turchia (maggiore produttore mondiale), Italia, Cile e Stati Uniti.

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Gli obiettivi delle aziende

L'obiettivo è di tracciare completamente il ciclo produttivo entro il 2023, portando entro il 2025 ad almeno il 30% l'origine italiana delle nocciole utilizzate nella Nutella. Non diversamente stanno facendo altre aziende dolciarie, come l'altoatesina Loacker (wafer) e la Elah-Dufour (caramelle e biscotti) di Novi Ligure. Tenendo conto dei circa 5-6 anni per arrivare ai primi raccolti, sono stati coinvolti anche istituti di credito importanti (Crédit Agricole e Intesa San Paolo, tra gli altri) con la previsione di preammortamenti di 5 anni. L'obiettivo, visto il successo dei dolci a base nocciola e la richiesta sempre maggiore di frutta secca a guscio, è di aumentare in modo sostenibile gli ettari coltivati. Attualmente le aree di Viterbo, Cuneo-Asti e la zona Napoli-Avellino sono le capitali della nocciola italiana. Novantamila gli ettari totali nel Paese, equivalenti allo 0,7% del totale coltivato. In Calabria, Toscana, Abruzzo e Sicilia sono state individuate alcune aree di sviluppo e non sono mancate a livello locale le polemiche. In Valdarno, secondo Slow Food, i 500 ettari di nuovi noccioleti metterebbero «a rischio la biodiversità esistente nella zona». «Anche noi siamo convinti che la sostenibilità replica Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana sia la chiave per costruire l'agricoltura di domani e la leva principale per favorire il ricambio generazionale. Non c'è però alcuna evidenza del fatto che l'impianto dei noccioleti nei termini previsti dal nostro accordo con Ferrero possa mettere a rischio l'ambiente. C'è piuttosto l'evidenza del contrario, cioè del fatto che i nostri produttori avranno garantito l'acquisto di una elevata percentuale di prodotto ad un prezzo preventivamente concordato». Lo stesso Financial Times nell'articolo sulla zona di Viterbo cita Lorenzo Bazzana della Coldiretti Lazio, che definisce «surreale il dibattito, perché noi agricoltori abbiamo chiaro la responsabilità di perseguire corrette tecniche agronomiche».

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