Palermo, falsi invalidi guidavano l'auto o leggevano: 2 arresti. Le intercettazioni: «Quel medico? E' cosa nostra»

Palermo, falsi invalidi guidavano l'auto o leggevano: 2 arresti. Le intercettazioni: «Quel medico? E' cosa nostra»
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Martedì 14 Gennaio 2020, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 11:36

Ciechi in grado di leggere le lettere prese dalla cassetta delle poste, persone incapaci di camminare da sole che guidavano l'auto, individui con l'indennità d'accompagnamento beccati a esibirsi in balli di gruppo: sono i falsi invalidi che hanno beneficiato illecitamente di indennità previdenziali o assistenziali grazie ad un'organizzazione, scoperta dalla Guardia di Finanza, che operava nel Palermitano e si occupava, in cambio di denaro, di tutta la trafila per ottenere il sussidio. Due sono le persone arrestate e decine quelle indagate.

«Ti faccio un bel certificato... aumm aumm», le intercettazioni del medico corrotto


Gli arrestati nell'operazione della Guardia di Finanza contro i falsi invalidi sono Antonino Randazzo, 57 anni, di Terrasini (Pa) in pensione dal 1991, e Filippo Accardo, 48, anni, di Camporeale (Pa) titolare di due Caf, uno a Palermo in corso Alberto Amedeo e uno a Terrasini in via Santa Rosalia.

«Le attività di indagine hanno consentito di rilevare come i soggetti colpiti dalle odierne misure cautelari - uno dominus dell'intero sistema criminoso, l'altro suo principale collaboratore - si servissero di una fitta schiera di
"procacciatori di pazienti" e complici che, a vario titolo, hanno assunto un ruolo all'interno del sistema fraudolento disvelato, dicono gli investigatori. Tra di essi sono state identificati e denunciati numerosi soggetti tra dipendenti pubblici, medici generici e specialisti, componenti delle commissioni mediche Asl nonché responsabili di Caf. L'indagine ha messo in evidenza scambi di favori, rapporti inopportuni, vantaggi di varia natura, che hanno costituito l'humus ideale sul quale costruire il sistema illecito.

LE INTERCETTAZIONI «Dottore ascolta, vacci pesante... Bello pesante che l'altra volta l'hanno rigettato, queste carogne... Va bene?». Non sapendo di essere intercettato uno degli indagati dell'operazione "Igea" si raccomandava con il medico complice. Questa volta l'invalidità alla pensionata 88enne andava riconosciuta. E per farlo occorreva rappresentare un quadro tragico. Il dottore rassicurava il suo interlocutore: «Sì esatto, ora, ora ce lo metto, che è allettata, non in condizioni di deambulare, né può essere trasportata, che non ha i mezzi». È un vasto sistema di truffe all'Inps per il riconoscimento di false invalidità in cambio di denaro quello scoperto dai finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria coordinati dalla Procura di Palermo.  Il primo step era la ricerca dei potenziali clientì, individuati in persone bisognose e disponibili a richiedere un aiuto per ottenere riconoscimenti pensionistici o assistenziali. Stabilito il contatto con 'il candidato all'invalidità', gli indagati lo indirizzavano a medici compiacenti che avrebbero redatto i certificati necessari ad attestare la sussistenza delle patologie 'utilì per l'ottenimento delle indennità. Un sistema collaudato che andava avanti da anni. A tal punto che il ricorso ai servizi offerti dagli arrestati era ritenuta l'unica strada per ottenere le indebite prestazioni previdenziali. «Ormai ti conoscono tutti nel paese... questo è quello che fa prendere le pensioni», diceva una donna, non sapendo di essere intercettata, e il suo interlocutore annuiva: «Purtroppo sono una persona... sono come una prostituta. Appena vedono a me... è una brutta nomea. Però vero è... purtroppo... per virtù... L'importante che non sono conosciuto per quello che fa male cose alle persone...». Dava le direttive e rassicurava i falsi invalidi il capo dell'organizzazione. «Praticamente deve arrivare un medico per la visita. Va bene? Poi ti dico pure quando viene, tranquilla. È cosa nostra, come dicevano gli antichi». Una donna chiamava preoccupata. L'aveva contattata l'Asp chiedendole di preparare i documenti. «Sì, sì cara, non ti preoccupare, ci penso io», la rassicurava un indagato.
 

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