Cianci, l'ergastolano killer in permesso per il carcere era «cambiato»: ecco il parere scandalo

Cianci, l'ergastolano killer in permesso per il carcere era «cambiato»: ecco il parere scandalo
di Valentina Errante
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Lunedì 11 Novembre 2019, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 08:51

La relazione degli operatori del carcere di Bollate sembrava lasciare pochi dubbi: un cambiamento reale nei comportamenti, un percorso positivo negli ultimi anni in cui ha dimostrato consapevolezza, maturità, affidabilità e di non essere più «socialmente pericoloso». Ed è sulla base di queste considerazioni che il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso il permesso premio ad Antonio Cianci, ergastolano di 60 anni, che tra il 74 e il 79 aveva ucciso un metronotte e tre carabinieri. Sabato Cianci ha ferito alla gola, con un taglierino, un uomo di 79 anni nel corso di una rapina. Un episodio che ha sollevato polemiche proprio per il via libera a quel beneficio, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha già dato mandato all'Ispettorato di compiere accertamenti preliminari sulla vicenda. Emanuela Piantadosi, presidente dell'Associazione vittime del dovere, si chiede: «Quanto altro spargimento di sangue si dovrà avere prima che il ministro della Giustizia e il governo prendano coscienza di quanto sia fondamentale monitorare seriamente la recidiva in questo Paese?», mentre la figlia di una delle prime vittime di Cianci torna ad esprimere il suo grande dolore.

Ergastolano in permesso premio accoltella anziano. La relazione dal carcere: «Era cambiato». Nel '79 uccise 3 carabinieri

 

 




L'ARRESTO
Sabato, quando è stato arrestato dalla polizia, Cianci aveva appena buttato in un bidone il telefonino e uno scontrino dell'anziano appena rapinato. Poi è rimasto in silenzio. Il pm Nicola Rossato ha chiesto la convalida dell'arresto e la custodia in carcere. Dai vecchi atti giudiziari, intanto, emerge il profilo di un killer giovanissimo (aveva tra i 15 e i 20 anni quando uccise 4 persone) spietato e lucido, che non esitava a sparare «alle spalle», al volto e «al cuore» di una persona a terra, e poi a «frugare tra i cadaveri» per portare via le armi alle sue vittime.

IL PERMESSO
Il 26 luglio, il giudice di Sorveglianza Simone Luerti ha firmato l'ok ai permessi premio per Cianci (dall'estate in poi era già uscito 3-4 volte) sulla base di una relazione favorevole del carcere, che attestava il cambiamento reale del detenuto. Un carcere-modello dove il 60enne era arrivato nel 2017 (prima era ad Opera) dopo un'altra valutazione positiva. Secondo psicologi e operatori, Cianci, detenuto da 40 anni ininterrottamente, dopo il primo periodo, in cui aveva subito provvedimenti disciplinari, si era sempre comportato bene, tanto che in passato era stato anche ammesso al lavoro esterno. L'ultimo permesso aveva la durata di 12 ore (dalle 9 alle 21) con obbligo di accompagnamento del detenuto dal carcere fino Cernusco sul Naviglio, dove abita la sorella, e con lo stesso obbligo per il rientro. Cianci, che negli altri casi non aveva commesso violazioni (ai primi di novembre aveva ottenuto tre giorni), sabato si è invece allontanato da Cernusco per andare a colpire al San Raffaele, dove ha rubato anche una felpa da inserviente e una mascherina per camuffarsi. Il beneficio gli era stato concesso sulla base dell'articolo 30 ter della legge sull'ordinamento penitenziario, che riguarda anche i condannati all'ergastolo, dopo 10 anni di detenzione che abbiano «tenuto regolare condotta» e che «non risultino socialmente pericolosi». Migliorano, intanto, le condizioni dell'anziano, che tra qualche giorno potrebbe essere già dimesso.

LE REAZIONI
A esprimere tutta la sua rabbia è invece Daniela Lia, aveva 6 anni quando nel 79 suo padre, l'appuntato Pietro Lia, venne «massacrato senza pietà» a 51 anni, assieme ad altri due carabinieri, durante un servizio di controllo su una strada statale vicino Melzo, nel Milanese. Antonio Cianci gli sparò addosso 5 colpi, «Ma mio padre si rialzò cinque volte, lottò finché poté contro di lui, alla fine aveva le unghie rotte». E aggiunge: «Quando ieri, molto delicatamente, due carabinieri mi hanno dato conto di questa notizia - racconta Daniela Lia - sono rimasta sconvolta dal fatto che si sia permesso a questo essere ignobile, che massacrava senza pietà, di mettere un'altra famiglia in condizioni di dolore, calpestando e oltraggiando, tra l'altro, ancora la memoria di mio padre e dei suoi colleghi».
 

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