Ercolano, Tullio e Giuseppe: chi sono le vittime. Lavoro, studio e sport, due vite spezzate

Ercolano, Tullio e Giuseppe: chi sono le vittime. Lavoro, studio e sport, due vite spezzate
di Rosa Palomba
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Sabato 30 Ottobre 2021, 10:08 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 09:03

Due ragazzi in una Panda. Una stradina del vulcano e i cani alla catena che abbaiano a ogni passaggio. La notte è ancora giovane, è da poco passata l'una; nessuno sente i colpi di pistola. Finisce così la vita di Tullio Pagliaro e di Giuseppe Fusella due giovani di Portici, 27 e 26 anni: impegnato nell'azienda di famiglia il primo; vicino alla laurea in Scienze motorie, il secondo. Incensurati, circondati da famiglie attente e da amici sinceri come loro. Uccisi come fossero delinquenti da Vincenzo Palumbo, residente in una delle case del viottolo isolato ma non troppo. La tragedia avvenuta a Ercolano, atterrisce la vicina Portici.

Ercolano, il lutto

A corso Garibaldi i segni del lutto cominciano da una serranda abbassata. È il bar dello zio di Tullio. Poco distante c'è una pasticceria: «Quel ragazzo era una perla, perché è morto?». La domanda corre per le strade e tra i conoscenti delle vittime, l'ipotesi che siano stati massacrati perché autori di una rapina è scartata a prescindere. Tullio Pagliaro viveva in un attico di una villa primi 900. Sul terrazzo ci sono dei giovani con le mani tra i capelli. All'ingresso, uno zio materno: «Quel tizio aveva volontà di uccidere - dice - Tullio e Giuseppe forse erano andati ai campi di calcetto che sono lì vicino. Non sappiamo se si erano fermati lì per aspettare gli altri amici. Ancora non sappiamo nulla. Sappiamo soltanto che Tullio era un gran lavoratore».
Seguiva la tradizione di famiglia, florovivaisti molto attivi nei mercati internazionali di Ercolano e di Castellammare. Cominciava di notte. È per questo che all'alba i suoi genitori non si erano allarmati per la sua assenza: pensavano che come sempre il loro primogenito fosse già al lavoro. Le sue due sorelle più piccole, una universitaria e una liceale erano a letto da un pezzo.
In casa Pagliaro l'allarme è scattato all'alba, quando ha telefonato la mamma di Giuseppe Fusella.

Casalinga, madre anche di un altro ragazzo, moglie di una guardia giurata. Suo figlio non rispondeva al cellulare e su whatsapp. Strano, per un ragazzo abituato ad avvisare. Studi Era prossimo alla tesi) e palestra, questa era la vita di Giuseppe. Forse un presentimento, la donna ha telefonato a casa di Tullio. È cominciato un inquitante giro di telefonate senza risposte. Soltanto dopo qualche ora, ai citofoni delle due abitazioni hanno suonato i carabinieri; e l'incubo è diventato realtà, dolore, sgomento. Nel palazzo di una traversa di via Roma a Portici, all'ultimo piano la porta di casa Fusella è aperta. Dentro ci sono i genitori della vittima e tanti parenti. La mamma e il papà di Giuseppe sembrano automi; come quelli di Tullio mentre escono dalla villa di via Diaz per andare alla sala mortuaria del II Policlinico di Napoli.

 

L'allarme

A raccontare, è lo zio di Giuseppe Fusella. È un poliziotto della Squadra Mobile di Napoli, «addestrato» a mantenere la calma. E nonostante tutto, ci prova anche in questa circostanza: «Mio nipote non era abituato a fare tardi la notte senza avvisare - dice Vincenzo Esposito - Era ancora buio quando mia cognata mi ha telefonato per allertarmi: pensavo che Giuseppe fosse rimasto coinvolto in un incidente stradale, mai avrei immaginato a una cosa così incredibile».
Monta lo sdegno, e si rincorrono domande che difficilmente avranno risposte accettabili. È così anche alla Perfect Line, la palestra che frequentava Giuseppe: «Era un ragazzo d'oro, un vero amico», dice Edoardo.
 

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