Dpcm, scontri in tutta Italia. I timori del Viminale: «Reclutati i giovanissimi, la protesta può crescere»

Dpcm, scontri in tutta Italia. I timori del Viminale: «Reclutati i giovanissimi, la protesta può crescere»
di Cristiana Mangani e Alessia Marani
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Giovedì 29 Ottobre 2020, 07:09 - Ultimo aggiornamento: 13:09

La tenuta sociale, il proselitismo: l'emergenza Covid contagia anche le piazze, e si teme che ora le proteste violente possano riuscire a infiltrarsi nella disperazione di chi vede la propria azienda chiudere, di chi si trova senza più un lavoro. Che la componente estremista riesca a raggiungere la piazza, quella vera, fatta di operai e lavoratori. E anche che i veterani del disordine riescano a reclutare i giovanissimi. La preoccupazione c'è e va oltre le guerriglie di poche centinaia di ultrà, di estremisti di destra, di disagiati, e di criminali organizzati.

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GLI SCONTRI
Da Nord a Sud gli scontri continuano, e ieri le bombe carta sono state lanciate a Verona, a Genova, a Bari e a Palermo dove è stato ferito anche un operatore di Mediaset.
La ministra Luciana Lamorgese ha riunito il Comitato per l'ordine e la sicurezza, e poi ha riferito al Senato. «Il denominatore comune di questa variegata componente - ha dichiarato - appare quello di strumentalizzare il disagio socio-economico indotto dalla emergenza pandemica, con il probabile scopo di fare proselitismo e di guadagnare consensi alle forme di manifestazioni di piazza e di protesta violenta». A Milano, la sera del 26 ottobre, un gruppo di circa 400 persone, tra cui appartenenti all'area anarco-antagonista e un folto gruppo di giovani nonché soggetti appartenenti al mondo del lavoro autonomo e del lavoro nero, ha distrutto vetrine, depredato negozi, lanciato petardi e molotov, oggetti incendiari che non si vedevano da tempo e che fanno presupporre una vera e propria preparazione dell'assalto.
«Da una prima analisi dei fatti - aggiunge Lamorgese - emergono delle peculiarità nelle proteste del capoluogo lombardo, quali l'età dei manifestanti: delle 28 persone denunciate per danneggiamento e violenza, 13 sono minorenni».

Proprio per questo, ora il lavoro è tutto nelle mani delle Digos e dell'intelligence. Va adottata la stessa strategia usata per contenere le curve.

 


LO STRISCIONE
Non è ancora chiaro fino a che punto esista una regia comune politica. Di vero c'è che negli scontri avvenuti due sere fa a Roma, non è sfuggito agli investigatori il passaggio di mano di uno striscione da parte di giovanissimi esponenti della Lega che si erano radunati a piazza Cavour, in Prati, per un sit-in pacifico. Non appena nel raduno di piazza del Popolo è apparso il gruppo di Forza nuova, lo striscione è apparso in mano ai nuovi arrivati che poco dopo hanno scatenato il finimondo, bruciando cassonetti, lanciando fuochi d'artificio e petardi.
Bilancio dell'operazione: sedici denunciati per concorso in violenze, resistenza e danneggiamento, la metà sono minorenni. Cinque sono habitué delle curve all'Olimpico, due in particolare della sud giallorossa, e altri due sono militanti di Forza nuova. Diverse anime della protesta sulla cui complicità i pm di Roma e la Digos stanno indagando per capire se vi sia una regia comune anche alle rivolte avvenute nelle altre città italiane.


CHIAMATA ALLE ARMI
Nei giorni scorsi leader di spicco di quel che resta degli ormai disciolti Irriducibili della Lazio, il cui storico capo era Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, avevano espresso la loro vicinanza alle categorie penalizzate dall'ultimo Dpcm, ribadendo la necessità di scendere in piazza. E a farsi portavoce di questa urgenza era stato Giuliano Castellino, ex capo popolo in curva sud, passato dalle fila di CasaPound a Fn, di cui ora è leader romano. Prima di arrivare in piazza del Popolo già in occasione della precedente manifestazione di sabato, Castellino era stato avvistato dalle parti di via Amulio, la tana degli ultras biancocelesti. Prima degli scontri di martedì, gli agenti avevano trovato, in Prati, uno zaino sotto un'auto e delle buste contenenti berretti con la scritta Ultras Liberi, o Fasciofont, come è da molti conosciuta questa grafica simbolo delle formazioni ultrà. Grafica ma anche narrazione di un preciso momento storico italiano, che ha favorito la sopravvivenza di sottoculture e ideologie estremiste, tuttora diffuse in larga maggioranza negli stadi.

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