Donna uccisa dall'ex a Rimini con 21 coltellate, lui era in Italia da un mese per chiederle la mano

La morte di Noelia Rodriguez riapre il "libro nero" del femminicidio

Rimini, uccide la ex compagna con 21 coltellate: era tornato in Italia da un mese per chiederle di sposarlo
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Venerdì 20 Maggio 2022, 19:21 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 11:44

Era tornato in Italia da un mese per provare a riconquistare la donna con la quale aveva avuto una relazione di oltre quindici anni vissuta in Perù, poi bruscamente interrotta. Con sé anche una fede. Nella sua mente la proposta di matrimonio avrebbe potuto aggiustare le cose, rimediare agli errori, alle incomprensioni proprie di ogni coppia. Ma il rifiuto della ex compagna ha scatenato la sua follia. Ed è così che Maximo Aldana De La Cruz, cittadino peruviano, ha ucciso con 21 coltellate Noelia Rodriguez nella loro casa di Rimini e ha ferito la figlia di 27 anni - avuta da una precedente relazione - intervenuta per dividere i genitori.

LA STORIA 

«Le due persone - ha spiegato in una conferenza stampa il Procuratore Capo della Procura di Rimini, Elisabetta Melotti - non abitavano insieme nell'appartamento, avevano avuto una relazione durata oltre 15 anni in Perù.

La signora era venuta in Italia per lavorare come badante nel luglio del 2021 mentre l'uomo è entrato in Italia con visto turistico in aprile e abitava a Milano. Avevano avuto questa relazione durata per lungo tempo ma secondo quello che emerge dalle dichiarazioni dello stesso indagato, che ha confessato nel corso dell'interrogatorio davanti al Pubblico Ministero, la signora aveva deciso di interrompere la relazione». L'uomo invece voleva non solo riprendere la relazione ma «voleva arrivare addirittura al matrimonio tanto che aveva comperato un anello proprio per cercare di convincere la signora. Da quello che risulta era venuto una sola altra volta a Rimini per incontrarla».

IL LIBRO NERO

La coppia, stando ai racconti dei vicini, non aveva mai dato problemi e chi li conosceva li ha descritti come «brave persone». La morte della signora peruviana, riapre il 'libro nerò del femminicidio, a Rimini, a meno di un mese dall'uccisione di Angela Avitabile, 62enne accoltellata dal marito coetaneo e reo confesso. Sull'uomo era stato aperto un fascicolo per maltrattamenti in famiglia quando, lo scorso 28 febbraio, la donna aveva raccontato ai Carabinieri le minacce subite dal marito. Alla luce di quella vicenda proprio ieri pomeriggio a Rimini, nella sala del giudizio del Museo della Città si è tenuto l'incontro pubblico «La gelosia non uccide. Femminicidio e violenza di genere» organizzato dal Comune insieme a Rete donne Rimini e Casa delle donne. Al dibattito ha preso parte una cinquantina di cittadini tra i quali i figli della 62enne che, prima dell'evento, hanno incontrato la vicesindaca Chiara Bellini, la quale ha sottolineato come «la coraggiosa presenza dei figli della vittima debba responsabilizzarci tutti, amministrazione, associazionismo, società civile, cittadini, verso la diffusione di una vera cultura antiviolenta».

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Sui fatti di Via Dario Campana, si è espressa, a caldo, anche l'associazione 'Non Una di Menò che, nei giorni scorsi, ha riportato le segnalazioni di diverse donne riguardo i comportamenti tenuti dai partecipanti all'Adunata degli Alpini nella città romagnola. «Questa - osserva - è la dimostrazione di come siamo immersi in una cultura patriarcale e di come ci sia bisogno di strumenti per riuscire a distruggere la piramide della violenza. I comportamenti molesti e le violenze sessuali sono alla base di questa piramide, il femminicidio è la cima. Non si può intervenire solo quando il danno è fatto, ma bisogna farlo ragionando in un'ottica sistemica e culturale».

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