Diana Biondi, studentessa di lettere suicida: aveva mentito sulla tesi di laurea. L'ultimo sms al papà: «Non posso parlare»

Ai familiari aveva detto che la discussione era fissata per martedì, ma le mancava l'esame di latino

Diana Biondi aveva 27 anni
di Daniela Spadaro
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Giovedì 2 Marzo 2023, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 19:48

Ha lasciato la sua borsetta nera accanto a una ringhiera e poi si è lanciata nel vuoto. Il cadavere della giovane donna ritrovato ieri pomeriggio in un dirupo, nei pressi dell’ex ristorante «Il Canguro» da tempo dismesso e abbandonato, è quello di Diana Biondi, studentessa ventisettenne che tutti cercavano da lunedì scorso. Avrebbe scelto di morire, Diana, pur di non deludere chi le voleva bene, senza rendersi conto che a una probabile delusione avrebbe sostituito un incancellabile dolore.

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Dai primi rilievi sembrerebbe infatti confermata l’ipotesi di suicidio, non è ancora noto invece se la donna abbia lasciato, insieme alla borsa dove hanno ritrovato i suoi documenti, anche un messaggio per la famiglia. Il papà Edoardo, che lunedì sera aveva denunciato la scomparsa di Diana ai carabinieri, ha raccontato ieri pomeriggio che la figlia era prossima alla laurea in Lettere Moderne.

E forse sta proprio qui il motivo della tragica scelta di Diana che, stando a verifiche compiute dai carabinieri all’ateneo Federico II, non era in regola con gli esami. Le mancava, pare, quello di Latino. Fatto sta che aveva annunciato da tempo ai familiari che la data della sessione di laurea, per la discussione della tesi, era fissata a martedì scorso. Non ha presumibilmente trovato la forza, la giovane studentessa già fuori corso, di confidarsi con i familiari e dunque lunedì, il giorno prima di quella fatidica data nella quale avrebbe dovuto diventare «dottoressa», è uscita di casa spiegando che era necessario consegnare una copia della tesi alla segreteria dell’università.

L'ultima chiamata

Lunedì si è lasciata alle spalle la porta della sua casa – in via Napoli a Somma Vesuviana - poco prima delle 11 del mattino, annunciando il suo ritorno per ora di pranzo. «L’ho chiamata alle 13,30 – ci aveva detto il papà solo nel primo pomeriggio di ieri – ma il suo cellulare non era raggiungibile, poco dopo mi ha inviato un messaggio whatsapp dicendo che doveva recarsi in biblioteca e che sarebbe rientrata a Somma Vesuviana con il treno delle 16 da Napoli». Non vedendola rientrare, il padre ha continuato a telefonare fin quando un altro whatsapp di Diana l’ha messo in allarme: «Non posso parlare». Erano le 17,55 di lunedì 27 febbraio. Poi il nulla, da allora la ragazza non ha più acceso il telefono né si è messa in contatto con alcuno.

L'appello a Chi l'ha visto

Nessuno può sapere quali pensieri, quali paure siano passate per la testa a Diana che il papà descrive come «una brava ragazza, studiosa, le piaceva stare a casa con noi, studiava e usciva solo nei fine settimana con il fidanzato». Sarà forse crollata sotto il peso delle responsabilità, sapendo di non aver detto ai suoi tutta la verità. Ma solo ieri il papà ripeteva: «Basta che torni a casa, nulla ha importanza, noi non le abbiamo mai fatto pressioni». Diana, con ogni probabilità, non aveva forse nemmeno preso il treno per raggiungere Napoli e la sua facoltà: dalle immagini delle videocamere di sorveglianza verificate dai carabinieri non ci sarebbe infatti traccia di lei. Nessuno l’aveva vista o incontrata.

Sappiamo però che l’ultimo messaggio è di lunedì alle 17.55 e forse la giovane donna era già dinanzi al dirupo quando ha risposto al papà con un laconico e misterioso messaggio. Dopo, il nulla. Gli appelli social per ritrovarla si erano moltiplicati in queste ore anche nei gruppi universitari e ieri sera era atteso il collegamento con la trasmissione «Chi l’ha visto?» e il sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno, aveva messo a disposizione la casa comunale per la troupe. I genitori speravano in una segnalazione, in un cenno. Volevano forse dire in tv, sperando che lei ascoltasse, che le volevano bene e che nulla più era importante. Non è andata così.

Il ritrovamento del corpo

Nel pomeriggio di ieri alcune persone che frequentano la zona, dove poco prima della struttura dismessa c’è un campo di bocce, hanno visto il cadavere di una donna affacciandosi sul dirupo e hanno subito avvisato i carabinieri. Aveva addosso gli abiti con i quali era uscita lunedì Diana: jeans e maglietta nera, un paio di sneakers, un giubbotto grigio. Il ritrovamento dei documenti di Diana nella borsetta lascia pochi dubbi anche se le operazioni di recupero del corpo hanno richiesto tempo, ore in cui la strada per la località Santa Maria a Castello è stata chiusa consentendo l’accesso soltanto alle forze dell’ordine e ai mezzi occorrenti. Le indagini sono ora coordinate dalla Procura di Nola e sarà disposta l’autopsia.
 

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