Desiréè Piovanelli, 17 anni dopo parla Erra: «Sono innocente, so chi è l'assassino»

Desiréè Piovanelli, 17 anni dopo parla Erra: «Sono innocente, so chi è l'assassino»
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Mercoledì 13 Febbraio 2019, 12:05 - Ultimo aggiornamento: 18:51

Desireé Piovanelli, 14 anni, scomparve il 28 settembre del 2002 per essere ritrovata il 4 ottobre in un una cascina, a distanza di poche centinaia di metri di casa sua a Leno, uccisa a coltellate. Sul corpo i segni di un tentativo di depezzamento. Quell'incubo riemerge a distanza di quasi 17 anni perché Giovanni Erra, operaio, condannato a 30 anni per l'omicidio, con tre ragazzi del paese della Bassa bresciana allora minorenni, si fa sentire dal buio della sua cella per urlare: «Qualcuno sa chi è il vero ed unico assassino». 

Desirée uccisa nel 2002, l'adulto del branco Giovanni Erra chiede la revisione del processo


Giovanni Erra, l'adulto del branco

I suoi legali, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, lavorano all'istanza di revisione del processo e sottolineano come Erra sostenga che, quel giorno, si trovava in casa e sono «alla ricerca di un soggetto che tempo fa» avrebbe detto all'operaio «di essere a conoscenza dell'artefice dell'omicidio». «Qualcuno sa chi è il vero ed unico assassino - scrive Erra in una dichiarazione consegnata ai suoi avvocati -. Mi rivolgo a te, Roberto (di cui non fa il cognome, ndr), trova il coraggio ed aiutami ad uscire da questo incubo. Ero a casa mia quel giorno mentre Desirée veniva uccisa, le intercettazioni ora lo confermano».

«Si tratta di una vicenda - sostengono i legali - che più viene approfondita e più ci consegna elementi per sostenere l'estraneità del nostro assistito e che in quella cascina è successo qualcosa di diverso da quanto ricostruito dai giudici». E nella loro valutazione non è estranea l'iniziativa del padre della ragazzina, Maurizio Piovanelli, il quale ha presentato in Procura un esposto per far riaprire le indagini, spiegando che dietro l'uccisione della figlia ci sarebbe «un qualcosa di molto più grande e che va oltre il tentativo di stupro, con dei mandanti che sono ancora in giro», facendo riferimento ad un'organizzazione di pedofili. Nelle scorse settimane, con un altro esposto un residente di Leno ha chiesto agli inquirenti di essere ascoltato per indicare il nome di quello che ritiene essere il mandante del delitto. Eppure Erra confessò due volte di essere stato presente all'omicidio, senza però avervi partecipato.

Fu il più giovane del "branco" a chiamarlo in causa e gli altri due minori avvalorarono il suo racconto. L'uomo, interrogato dopo l'arresto, ammise di esserci stato ma non di aver avuto un ruolo nel delitto. «Mi sono allontanato dopo la seconda coltellata - aveva raccontato - Ero sconvolto al punto da non riuscire più ad inserire la marcia della mia auto, con cui ero andato alla cascina Ermengarda. »Quando sono entrato era già successo tutto - aveva raccontato -.

Ho visto il corpo di Desiree e mi sono allontanato sconvolto. Poi mi sono ubriacato«. Durante un incidente probatorio, dopo un colloquio con la moglie, la ritrattazione, davanti all'allora gip Roberto Spanò: »Non c'ero quel giorno«. Poi venne la condanna all'ergastolo, ridotta a 30 anni.
 

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