Coronavirus, virologo Crisanti: «È follia dire che non c'è più»

Coronavirus, virologo Crisanti: «È follia dire che non c'è più»
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Venerdì 5 Giugno 2020, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 13:52

Coronavirus «Non ha senso dire che il virus non esiste più, a tutti i livelli: è una follia». Parola di Andrea Crisanti, responsabile del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'Azienda ospedaliera di Padova, che in un'intervista al Corriere della Sera torna sulle dichiarazioni di Alberto Zangrillo del San Raffaele di Milano: «Il virus clinicamente non esiste più», aveva detto il primario.

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Per Crisanti,
«se il professor Zangrillo fosse andato a Vò la prima settimana di gennaio, probabilmente avrebbe detto che il virus clinicamente non esisteva. E poi si è visto quello che ha fatto. La verità - sostiene il virologo - è che sappiamo troppo poco sui suoi comportamenti per arrivare a una determinazione». «L'epidemia non è come un terremoto o un'inondazione. È un evento dinamico, si muove nel tempo e non si possono trarre delle conclusioni definitive da una singola osservazione», precisa Crisanti che concorda invece sul fatto che Sars-CoV-2 abbia oggi una «minore capacità penetrativa» come affermato da Massimo Clementi, sempre del San Raffaele di Milano: «Se noi usiamo le mascherine e il distanziamento, si abbassa la carica virale e la capacità penetrativa scende», conferma l'esperto. Ma è vero che il nuovo coronavirus sta mutando? «Tutti i virus mutano - risponde Crisanti - Esistono delle varianti che, come in una selezione darwiniana della specie, ma con tempi molto più veloci, si impongono sulle altre e si moltiplicano. Il problema è che non abbiamo ancora abbastanza conoscenze per dire quali siano».

Assumendo che ci sia buonsenso da parte di tutti, con il fatto che il virus è sensibile alla temperatura, il virologo dell'università di Padova ritiene che
«dovremmo avere un'estate relativamente tranquilla». Anche perché con la bella stagione «cambiano anche le abitudini, si sta all'aperto, le micro goccioline si disidratano più rapidamente. Tutto questo naturalmente concorre a bloccare la trasmissione».

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Quanto alla possibilità che i contagi possano risalire in autunno,
«è elevata e non mi farei trovare impreparato», avverte Crisanti: «Bisognerà avere la capacità di intervenire anche nelle parti più remote d'Italia in maniera estremamente aggressiva, stile Vò Euganeo», capitalè del modello veneto contro Covid-19. «Ci vogliono laboratori mobili che possano fare tamponi. Ogni piccolo focolaio, una zona rossa».

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Con l'indagine sierologica condotta a Vò, riferisce l'esperto,
«abbiamo trovato 50 persone positive al sierologico che erano sempre risultate negative ai tamponi. Questo significa che erano state infettate e avevano da tempo superato la malattia sviluppando gli anticorpi. Dai nostri calcoli, il virus è entrato in Italia alla fine della prima settimana di gennaio», stima Crisanti che ritiene la strategia italiana per la ripartenza «un compromesso sul rischio che si ritiene accettabile dal punto di vista politico». Fosse stato lui a decidere, però, avrebbe «preso le 2-3 regioni con più casi e avrei aspettato altre 2 settimane per vedere cosa succedeva. C'è troppa voglia di gettarsi tutto alle spalle e di ripartire come se non fosse successo nulla, quando invece il virus non è sparito».


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«Ho ricevuto dei messaggi di chiarimento», riporta lo scienziato.

Che conclude con un commento sui negazionisti di Antonio Pappalardo, gilet arancioni, sostenitori dell'inesistenza di Sars-CoV-2: «È gente che vuole dare una chance al virus. Mi fanno pena e anche paura per lo sprezzo del lavoro fatto finora. Direi irresponsabili». E poi, «ma chi è sto Pappalardo?».

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