Covid, l’epidemia nascosta di Trento tamponi fantasma e dati fasulli

di Diodato Pirone
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Sabato 12 Dicembre 2020, 00:47 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 07:35

C’è uno spicchio d’Italia libera dall’epidemia. O, meglio, dove per miracolo il Sars CoV-2 gira pochissimo e ha colpito appena lo 0,45% della popolazione, meno della metà dell’1,1% registrato ieri dalla media italiana e ben quattro volte meno dello stesso dato del Veneto o della Campania.


Stiamo parlando della provincia di Trento, effettivamente uno dei territori italiani più belli. Abitato da 540 mila persone note finora per mitezza e laboriosità, ma non per essere quasi immuni dai virus.
Eppure a guardare con la lente d’ingrandimento la tabella diffusa ogni giorno dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità c’è un dato che balza agli occhi: gli “attualmente positivi”, ovvero le persone contagiate, in Trentino sono pochissime, ieri appena 2.439.

Uno ogni 221 residenti. Roba da stati free-Covid come Corea del Sud o Nuova Zelanda.


LA SCORRETTEZZA
L’anomalia è proprio gigantesca. Poche righe più su nella stessa linda tabellina ministeriale, i cugini della Provincia di Bolzano (che conta 520 mila abitanti, insomma è equivalente al Trentino) segnalano 10.651 infetti. Quattro volte di più. Un contagiato ogni 50 persone. Per non parlare dei confinanti veneti che ieri hanno registrato 85.093 casi contro i 73.000 del 4 dicembre. Anche loro devono dribblare un portatore di Covid-19 ogni 50 persone o giù di lì e da una settimana sono preoccupatissimi perché il Veneto è la regione che segnala più contagi giornalieri in Italia.
Una corona così spinosa che ieri il presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia, ha deciso di sfilarla dalla sua testa per chiedere - con una piccatissima lettera inviata al ministero della Salute - di assegnarla a chi se la merita davvero, anche se è del suo stesso partito. Già, perché stando ai dati, è proprio il virtuosissimo Trentino guidato dal leghista Maurizio Fugatti, la Regione, pardon la Provincia (autonoma) che negli ultimi giorni è balzata in testa in Italia nella corsa ai contagi.


«È uno scandalo indegno di una società europea, come quella trentina, con la trasparenza nel Dna», attacca Davide Bassi, professore di fisica sperimentale, ex rettore dell’Università di Trento che ora lavora a Genova e in Svizzera e non ha interessi in Trentino. Il fisico - fra i promotori di una petizione pro-correttezza firmata da 3.000 trentini, dall’ordine dei medici e da Confindustria - ha registrato dal 3 al 9 dicembre i positivi da test molecolari e da tamponi rapidi e ha scoperto che su 100.000 abitanti Trento è arrivata a quota 513 casi e Venezia a 457. Ancora: sempre in quella settimana e per 100.000 abitanti Trento aveva 8,9 ricoverati in terapia intensiva e 6,5 il Veneto, mentre i decessi da Covid sono svettati a quota 13 in Trentino, il 30% in più sui 10,5 veneti.


E allora la domanda è: come ha fatto Trento a occultare la gravità della sua pandemia? Sfruttando un cavillo: non dichiara a Roma i contagiati individuati con il tampone rapido, li mette in isolamento e poi li fa controllare con il molecolare a distanza di 10 giorni, quando in maggioranza sono guariti. La Provincia non nega ma dice che non trattasi di trucco, perché il ministero non richiedeva di sommare i positivi dei due tamponi. Fatto sta che questa somma viene fatta da molte Regioni, a partire dal Veneto, che hanno scelto di combattere il virus a tutto campo, anche a costo di finire in fascia rossa. Il Trentino invece è rimasto sempre in zona gialla nonostante l’occupazione stratosferica del 70% dei suoi letti di terapia intensiva.


«A questo punto - sospira il professor Bassi - tre domande chiedono una risposta: chi deve pagare per la maggiore mortalità provocata dal basso allarme diffuso nel Trentino? Quali danni sono stati fatti a Regioni limitrofe che si sono comportate correttamente chiudendo scuole o attività economiche? E perché il ministero e l’Istituto Superiore di Sanità - che pure sapevano tutto - si fanno prendere per il naso?». 

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