Coronavirus, lo smart working piace: 4 italiani su 10 disposti al taglio di stipendio

Coronavirus, lo smart working piace: 4 italiani su 10 disposti al taglio di stipendio
di Alessandra Spinelli
5 Minuti di Lettura
Giovedì 16 Aprile 2020, 09:52

Dopo più di un mese di lockdown, in cui il giorno segue il giorno come “Una sterminata domenica”, dal titolo geniale del nuovo libro di Claudio Giunta, c’è una parola magica che comincia a dare un senso al nostro restare isolati: risparmio. Ben oltre il nostro etico intento di fermare il contagio di coronavirus salvando la nostra e la vita degli altri, infatti, noi uomini e donne da lavoro cominciamo a capire che si risparmiano soldi, tempo e persino risorse ambientali, tanto per confermare la nostra bontà green.

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Per questo la valutazione anche del lavoro da casa, sebbene i tempi si allunghino e non si veda la fine, comincia a modificarsi e animali assuefatti non scalpitiamo più di tanto a tornare nei nostri uffici. O almeno questa è la fotografia che rimanda un acuto e puntuale sondaggio sullo smart working condotto da IZI in collaborazione con Comin & Partners. Così si scopre che quasi l’80% degli italiani che lavora da casa giudica positivamente questa modalità e il 37% sarebbe addirittura disposto a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare dalla propria abitazione. Purtroppo, però, non per tutti il telelavoro è una scelta possibile: un italiano su tre, infatti, ha problemi per l’accesso alla rete o non ha disponibilità di computer e apparecchi tecnologici.







LA FORMULA
Detto che oltre la metà dei lavoratori dell’industria e dei servizi privati (credito escluso) si reca al lavoro anche in tempo di lockdown - il 55,7% secondo le stime dell’Istat di marzo - quelli che hanno dovuto trasformare la propria casa in ufficio a causa dell’emergenza Covid-19 sono quasi due milioni. Il 35% dei quali sarebbero disposti a mantenere questa nuova normalità anche superata la crisi sanitaria. Una buona fetta, anche se di contro il 57,5% continuerebbe a rimanere in smart working ma solo per determinati periodi o per precisi impegni. Insomma, quella che piace davvero sarebbe un buon mix tra lavoro in ufficio e lavoro in casa. Che poi è quello su cui si sta ragionando nel governo almeno per la fase 2. A partire dai rischi che potrebbero sorgere nell’ora di punta, se tutti tornassero a prendere insieme metro e autobus: ecco perché la ministra Paola De Micheli ipotizza un mix di smart working e di orari flessibili, a partire dagli uffici pubblici, per scaglionare gli ingressi al lavoro.

LA LEGGE
Significativa sempre per il sondaggio - effettuato tra il 7 e 9 aprile sui residenti in Italia in età lavorativa (18-65 anni) che abbiano avuto esperienza di lavoro agile, su un campione di 1002 persone intervistate in modalità Cati-Cawi - la percentuale di italiani (il 37%) che sarebbe anche disposto a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare dalla propria abitazione. Cosa non semplicissima. Nella legge 81 del 2017 si definisce lo smart working ponendo l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto. Nella stessa legge è garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, peraltro prevista la tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’Inail nella Circolare n. 48/2017. Dunque lo smart working è una istituzione ben precisa e ben normata: ogni variazione come la riduzione dello stipendio richiederebbe una variazione legislativa o quanto meno contrattuale. Solo l'eccezionalità della situazione derivata dall'emergenza coronavirus ha accelerato l'attuazione di questa forma lavorativa con l'apposito Dpcm: in tempi normali infatti ci sarebbe stata una fase di transizione e di adeguamento anche dal punto di vista legale. 

I VANTAGGI
Di certo i vantaggi sono molteplici. Al primo posto, per oltre un terzo degli intervistati, c’è il risparmio del tempo che solitamente si impiega per recarsi al lavoro e per trovare parcheggio mentre per il 14,9 c’è un bel risparmio economico. E non solo: con lo smart working gli italiani hanno complessivamente risparmiato più di 100 mila euro, accumulato oltre 10 mila ore di tempo libero e non emesso in atmosfera oltre 60 tonnellate di Co2. È quanto emerge dai dati calcolati da #ColleghiAmoilLavoro, la prima piattaforma in Italia che permette di quantificare gli effetti del lavoro a distanza. Quanto al risparmio di tempo le ore che generalmente passiamo nel traffico diventano tempo prezioso per sé e per la propria famiglia considerando che in media un italiano su 4 trascorre circa un’ora e mezza al giorno per recarsi sul posto di lavoro e fare ritorno a casa. E sul risparmio ambientale è la stessa Legambiente ad aver inserito lo smart working tra le 5 proposte inviate al governo per una migliore ripresa. In linea generale, ritornando al sondaggio condotto da IZI in collaborazione con Comin & Partners, il 58% si ritiene abbastanza soddisfatto della nuova modalità di lavoro, contro un 16% di poco soddisfatti.

GLI SVANTAGGI
Se da un lato è più facile organizzarsi il lavoro, a casa, dall’altro però questo può portare ad una difficoltà nel trovare il tempo da dedicare alle attività personali. È esattamente per questo che il 23% ha dichiarato di “non staccare mai”, - e quante donne in modalità moglie, madre e lavoratrici lo sanno - mentre il 5% fa fatica ad organizzare il proprio tempo e il 7% trova complesso gestire e pianificare il lavoro.

Ma la mole di lavoro non è l’unico limite che lo smart working deve superare. Infatti, non sempre si dispone di una connessione internet adeguata, abbastanza veloce da non complicare il normale svolgimento delle proprie mansioni. Inoltre, in questo momento di lockdown, molti lavoratori non sono soli in casa e che quindi molti dispositivi connessi simultaneamente non hanno una connessione in grado di supportarli. In più, tra coinquilini, famiglia, televisioni e quant’altro le distrazioni non mancano: per il 13,4%, infatti, queste rappresentano un problema.
 

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