Coronavirus, riunioni non autorizzate: torna in cella il boss Vito D'Angelo, scarcerato per il rischio di contagio

Coronavirus, riunioni non autorizzate: torna in cella il boss Vito D'Angelo, scarcerato per il rischio di contagio
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Lunedì 11 Maggio 2020, 20:34
Torna in carcere il capomafia di Favignana ,Vito D'Angelo, 72 anni, boss originario di Ravanusa che erta tra i detenuti messi ai domiciliari per motivi di salute e per il rischio di contagio da Covid in carcere. A liberarlo era stato il tribunale di Trapani che lo processa per associazione mafiosa. Appena tornato a casa il boss però è stato trovato, durante un controllo, in compagnia di persone non autorizzate dai giudici a frequentarlo. Una violazione che ha indotto il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e il pm Gianluca de Leo a chiedere al tribunale l'aggravamento della misura cautelare. D'Angelo, già in precedenza messo ai domiciliari per problemi di salute e poi riarrestato sempre per avere volato i provvedimenti dei magistrati, è dunque tornato in cella. 

Vito D’Angelo  è stato protagonista della faida mafiosa di Ravanusa, avvenuta negli anni 70 culminata con l’assassinio all’interno dell’ospedale civico di Palermo dell’albergatore, sempre ravanusano ma residente nel capoluogo siculo,  Candido Ciuni. D’Angelo era stato arrestato nel marzo 2019 nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Scrigno” perché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Favignana dove si era trasferito in seguito ad una condanna per quelle vicende venendo recluso nel carcere dell’isola.

Dopo alcuni mesi di detenzione presso il carcere Pagliarelli di Palermo, D’Angelo era stato sottoposto al regime degli arresti domiciliari poiché le precarie condizioni di salute dello stesso, erano ritenute incompatibili con il regime carcerario.
Ma una volta fuori, secondo le indagini dei carabinieri del Comando Provinciale di Trapani, era stato rilevato non solo uno stato di salute del D’Angelo tale da consentirgli di svolgere diverse attività fisiche ma, soprattutto, di aver reiteratamente violato le prescrizioni relative ai divieti di comunicazioni con persone non autorizzate, incontrando più volte soggetti che, a loro volta, avevano già avuto un rilevante ruolo nella pregressa attività investigativa, interfacciandosi con i co-indagati Francesco Virga e Francesco Peralta.
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