Bruciati 100 miliardi di Pil. Ecco quanto è costato il lockdown al Centro-Sud

Bruciati 100 miliardi di Pil. Ecco quanto è costato il lockdown al Centro Sud: Class-action in arrivo
di Roberta Amoruso e Diodato Pirone
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Venerdì 7 Agosto 2020, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 12:48

La domanda è semplice. Quanto è costato al Centro Sud il fermo generale dell’Italia deciso dal governo intorno al 10 marzo quando l’infezioni da Covid-19 praticamente riguardava solo alcune aree del Nord? È evidente che nessun economista potrebbe dare una risposta precisa al centesimo. Ma a grandi linee la cifra ipotizzabile è netta: 100 miliardi di euro. La si ricava dalla riduzione del Pil che per quest’anno è stimata intorno al 10% e dunque equivarrà ad aver gettato nel fuoco la bellezza di 175 miliardi. Poiché le tre regioni del Nord coinvolte a marzo nell’epidemia, ovvero Lombardia, Veneto ed Emilia, grosso modo assicurano 715 miliardi di Pil, se ne ricava che il calo del 10% dei 1.051 miliardi di ricchezza prodotta dalle altre regioni equivale a 105 miliardi. Euro più euro meno è nell’ordine di questa grandezza il tributo inflitto alle aree italiane poco coinvolte nell’epidemia dalla decisione di fermarle esattamente come fu fatto per la prima zona rossa lombardo-veneta di Codogno e Vo.

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«Il ragionamento di fondo è corretto - sottolinea Luciano Sbraga, responsabile del Centro Studi della Fipe-Confcommercio - Tenendo presente che il lockdown ha inevitabilmente avuto effetti diversi da settore a settore. se ad esempio in assoluto il comparto economico più colpito è stato quello del trasporto aereo, non si può negare che il lockdown ha inferto colpi sociali durissimi al tessuto economico profondo garantito dalla ristorazione».
Secondo la Fipe, infatti, quest’anno il giro d’affari dei ben 330 mila fra bar e ristoranti aperti in Italia scenderà almeno del 26% passando dagli 85 miliardi del 2019 a circa 63 miliardi. Il settore dà lavoro a circa 1,2 milioni di italiani fra figure professionali indipendenti e dipendenti e dunque se non si risolleverà in fretta i posti di lavoro a rischio si contano a centinaia di migliaia.

Il calo generalizzato del settore si sta verificando su tutto il territorio nazionale. Traduzione: la ristorazione del Centro-Sud che nel 2019 ha avuto un giro d’affari di oltre 48 miliardi pagherà un prezzo salatissimo di circa 12 miliardi di riduzione del fatturato anche se dal Po in giù l’epidemia è stata contenuta e talvolta, come in Lucania, in Molise, in Calabria, in Sicilia e Sardegna, quasi impercettibile. Si pone dunque un tema di risarcimento di danni che almeno in parte, forse, potevano essere evitati. Anche gli alberghi stanno valutando come muoversi per recuperare un danno non dovuto, almeno non in tutto il Paese. Il settore stima una perdita di fatturato di oltre il 70% nel 2020. E una parte del giro d’affari sfumato è dovuto alle imprese che non riapriranno. Moltissime anche al Centro-Sud.
 

La ripresa più difficile


Ancora più pesante il bilancio del rapporto Svimez che stima una perdita di valore aggiunto su base mensile di quasi 48 miliardi di euro (il 3,1% del Pil italiano), oltre 37 dei quali «persi» nel Centro-Nord e 10 nel Mezzogiorno. Si tratta di 788 euro pro capite al mese nella media italiana: oltre 1000 euro al Nord contro i quasi 500 del Mezzogiorno. La perdita complessiva di fatturato è di oltre 25,2 miliardi in Italia, per ogni mese di blocco. Del fatturato andato in fumo, solo la metà è al Nord (12,6 miliardi) e il resto è a carico del Centro (5,2 miliardi) e del Mezzogiorno (7,7 miliardi).

Non solo. Il blocco improvviso, inatteso, e a questo punto nemmeno necessario, ha colto impreparate le molte imprese meridionali che non avevano ancora completato il percorso di rientro dallo stato di difficoltà causato dall’ultima crisi. Il Mezzogiorno non aveva ancora recuperato i livelli pre-crisi, ancora inferiore di 15 punti percentuali rispetto al 2007 (il Centro-Nord di circa 7). Sulla base dei dati di bilancio disponibili ad aprile per un campione di imprese con fatturato superiore agli 800.000 euro, le evidenze su grado di indebitamento, redditività operativa e costo dell’indebitamento portano a stimare una probabilità di uscita dal mercato delle imprese meridionali 4 volte superiore rispetto a quelle del Centro-Nord. Il risvolto più pesante, è che proprio nel centro-sud che poteva evitare il lockdown più pesante sarà più difficile ripartire. Il resto del Paese avrebbe subito il calo della domanda del Nord, ma poteva essere cruciale per l’intero Paese mantenere viva l’anima commerciale e l’industria del centro-sud, lì dove il virus si sentiva molto meno, fanno notare diversi economisti. Ora l’intero Paese deve ripartire. E la parte più debole, ma anche meno colpita, farà più fatica del resto. 

 
 
 



 

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