Coronavirus Padova, la moglie del soldato malato di leucemia: «Così lotto per salvare il mio Alessandro»

Gianna Fasolato col marito
di Lucio PIva
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Mercoledì 25 Marzo 2020, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 13:10

PADOVA L’amore al tempo del Coronavirus. Non potrebbe essere rappresentata altrimenti la vicenda di Gianna Fasolato, 51 anni, moglie dell’ex maresciallo dell’Aeronautica, Alessandro Chini, colpito nel 1999 da una grave forma di leucemia provocata dall’uranio impoverito, per colpa della quale vive, da oltre 4 anni in stato vegetativo. Da quando la malattia si manifestò, attraverso una forma di degenerazione cortico cerebrale, privando l’ex militare a quel tempo reduce da una missione in Bosnia, della mobilità e della parola, Gianna è stata praticamente la sua inesauribile vestale. Da 12 anni lo accudisce 24 ore al giorno. Interamente suo, fino a poco tempo fa, è stato anche l’onere di accompagnare il marito all’ospedale di Schiavonia per le medicazioni e le prestazioni sanitarie periodiche. Il soggiorno della loro casa sulle colline di Galzignano si è ben presto trasformato nella stanza di un ospedale ben attrezzato, attorno al quale Gianna si muove come il più esperto degli infermieri. Tocca a lei infatti compiere le più delicate operazioni di disinfezione, sostituzione delle flebo, e soprattutto controllare il funzionamento di tutti i dispositivi sanitari.


DESTINO
Non fosse bastata la sorte a compromettere per sempre la vita dell’ex sottufficiale, arriva adesso la minaccia del Covid 19 ad addensarsi come un’ombra sulle sorti di un’esistenza che solo l’inesauribile amore della compagna rende ancora pervicacemente legata ad un senso unico e profondo. Se fosse il virus a vincere, entrambi rischierebbero di finire nel baratro. L’assedio imposto dall’epidemia si fa ogni giorno sempre più stretto. Non al punto però da vincere le resistenze di Gianna. «Le trasferte a Schiavonia sono sospese – dice – e fino al mese scorso è venuto a casa nostra l’infermiere domiciliare per assistere mio marito. Non so se potrà arrivare anche nell’emergenza di questi giorni. Anche le visite specialistiche dell’otorino sono state sospese». Davanti a questo stato di cose, Gianna ha reagito isolando la sua casa da ogni contatto. Uno dei due figli che vive a Valsanzibio (un altro è residente a Pordenone) non varca neppure la soglia dove è costretto ad abbandonare la borsa della spesa. Ogni contatto in questa situazione potrebbe infatti rivelarsi pericolosissimo. Salvare Alessandro dal Coronavirus significa quindi rompere ogni minimo legame con il mondo, al punto da eliminare anche l’unico sollievo costituito dalla visita di un’assistente, anch’esso ora impossibilitato a continuare a frequentare la loro abitazione. Gianna continua a parlare al marito in ogni attimo, trasmettendogli il suo instancabile linguaggio di vicinanza, tenerezza ed assicurazioni.«Mi risponde – rivela – solo lo sguardo e con un battito di ciglia».



Senza mai volersi arrendere, la moglie tenta così di rendere impercettibile la paura che la simbiosi alimentata dall’amore possa ora venir meno. «Se Alessandro dovesse ammalarsi – rivela – non so chi e in che modo potrebbe assicurargli tutte le cure di cui ha bisogno». Il mondo, fuori dal “rifugio” dove Gianna ed Alessandro si oppongono al virus, è ancora vivo ed è fitto di messaggi di vicinanza. C’è il parroco di Galzignano, don Danilo Isati che porta il suo saluto. E c’è soprattutto l’affetto degli ex sottufficiali dell’Aeronautica che formano il Comitato Vittime dell’ex 1° Roc del Venda ad alimentare l’affetto per la coppia con messaggi e telefonate. Proprio l’Associazione si era attivata anni fa a fare in modo che ad Alessandro potesse essere riconosciuta la causa di servizio per la grave malattia contratta sotto le armi, qualificandolo come “Vittima del Dovere”. Un passo non facile e non scontato per la elefantiaca burocrazia militare. Davanti alla storia di Gianna ed Alessandro le costrizioni quotidiane imposte dall’emergenza del Coronavirus, sopportate con senso di inquietudine, di noia o di insofferenza da tante persone sembrano davvero diventare di colpo insignificanti. Nulla è infatti commisurabile, nel caso di Gianna, ad una “prigionia” che dura da 12 anni. E che l’amore vorrebbe far continuare per sempre. «Se il virus dovesse toccarmi – ricorda infatti Gianna – non so in che modo potrei separarmi da mio marito.

Sarebbe l’inizio di una tragedia immensa. Alla quale mi sforzo di non pensare mai».

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