Coronavirus a Napoli, morto il primo medico di famiglia: «Papà è morto per il suo lavoro»

Coronavirus a Napoli, morto il primo medico di famiglia: «Papà è morto per il suo lavoro»
di Daniela De Crescenzo
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Giovedì 26 Marzo 2020, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 14:07

«Mio padre ha continuato a lavorare fino all'ultimo giorno, avrebbe avuto diritto alla pensione, ma ha preferito restare in servizio. Lui era fatto così, sempre pronto a dare una mano ai suoi pazienti, magari anche con una delle sue battute ironiche capaci di sdrammatizzare e tranquillizzare. Adesso che il Covid 19 lo ha ucciso, non mancherà solo a noi, ma anche a tutti quelli a cui ha dato una mano»: Cristina, la figlia di Nino Autore, racconta come suo padre abbia perso la vita sul campo di battaglia. Ne ricorda l'amore per il lavoro, ma anche per i viaggi e per il teatro. E l'altra figlia, Roberta ripercorre le rotte navigate insieme tante volte in barca e conclude: «Per me sei sempre stato un porto sicuro dove rifugiarmi». Le due ragazze, commosse, sottolineano: «I medici in questo momento sono degli eroi».

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Autore è il primo medico di famiglia a perdere la vita in città, il secondo in Campania e il diciassettesimo in Italia. Sono, complessivamente, trenta i camici bianchi morti finora. «Mio padre era medico di base e medico legale, è stato quindi super impegnato, ma ha sempre continuato a rispondere a tutti i suoi pazienti, fino all'ultimo giorno. Ha anche recitato in una compagnia teatrale amatoriale: i soldi ricavati dalle rappresentazioni andavano in beneficenza. Poi, venerdì di due settimane fa, ha cominciato a non sentirsi bene, ma non sembrava nulla di preoccupante. Aveva qualche decimo di febbre, è nella sua casa di Arco Felice con la moglie e ha preso la tachipirina: pareva fosse guarito. Ma le cose sono peggiorate e all'inizio della settimana successiva ha ripreso a sentirsi male. È stato contattato il 118 ed è stato chiesto il tampone, però gli è stato detto di tranquillizzarsi e di non uscire. Non sono state ritenute necessarie altre verifiche».
 

 

Nei giorni successivi, poi, la situazione è precipitata, come spiega Antonella, la moglie del medico: «Sabato abbiamo chiamato nuovamente il 118 e questa volta è arrivata l'ambulanza, ma Nino ha preferito restare a casa perché sembrava che la situazione fosse sotto controllo. Nella notte è peggiorato e all'alba ho chiamato nuovamente i soccorsi: è stato ricoverato nell'ospedale di Pozzuoli». Adesso Antonella è chiusa in casa in attesa che le sia fatto il tampone.

«Quando ho saputo che mio padre stava male mi sono precipitata a Napoli da Roma dove lavoro nel mondo della comunicazione riprende il racconto Cristina ma non ho mai potuto vederlo. So, però, che il tampone gli è stato fatto con molto ritardo e non mi è stato detto nemmeno se a tuttora siano arrivati i risultati. Stamattina (ieri per chi legge, ndr) papà è morto da solo: adesso sarà cremato, non ci saranno funerali, non potremmo riabbracciarlo, ed anche questo è molto difficile da accettare. L'unica cosa che ci conforta è l'ondata di affetto e di solidarietà che ci ha investito: mio padre è morto sul lavoro. Ha osservato tutte le norme previste, ma non è bastato a salvarlo».
 

Tra i primi a manifestare solidarietà alla famiglia il sindaco Luigi de Magistris e l'assessore alla salute Francesca Menna che hanno detto «ci stringiamo attorno alla famiglia del Dottor Gaetano Autore deceduto nello svolgimento della sua missione di Medico di Famiglia. Il prezzo che stanno pagando i medici in tutta Italia è altissimo, e soprattutto i medici di famiglia, dimostrando quanto il loro ruolo rappresenti davvero quello più prossimo ai cittadini, il primo medico che il paziente incontra».

Molto duro il comunicato di Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg e presidente dell'Ordine dei medici di Napoli, che parla di strage e sostiene: «Il numero dei decessi tra i camici bianchi dovrebbe far riflettere, i medici vanno protetti e nessuno può sentirsi in pace con la coscienza se continua ad esporre medici e personale sanitario senza protezioni individuali e organizzative. È ormai evidente che per la medicina di famiglia il tempo sta finendo. Vogliamo sperare che la dematerializzazione delle ricette, il triage telefonico prima di ogni visita ambulatoriale o domiciliare (per noi e per i colleghi medici dei distretti specialisti) come tutte le soluzioni che stanno partendo compreso il consulto a distanza possano servire a fermare questa strage». 

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