Coronavirus, la previsione: i malati saranno 90mila e la corsa del virus finirà il 25 aprile

Coronavirus, la previsione: i malati saranno 90mila e la corsa del virus finirà il 25 aprile
di Mauro Evangelisti
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Sabato 14 Marzo 2020, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 09:31

ROMA La percentuale che racconta l'incremento dei contagiati in Italia va diminuendo: era del 24,3 per cento tre giorni fa, del 21,2 l'altro giorno, del 16,5 ieri. Di per sé è il segnale che una timidissima frenata di diffusione del coronavirus c'è stata, ma ci sono ancora troppe variabili per ipotizzare che ci sia una inversione di tendenza ora che l'Italia è il paese nel mondo con più positivi verificati (e dire che sono quelli verificati è comunque una precisazione importante). Prima di tutto bisogna comprendere se a rallentare la corsa contribuisca anche una scelta più oculata sui tamponi (solo a chi ha i sintomi) e soprattutto bisogna comprendere se siamo semplicemente in una fase di passaggio.

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La Lombardia è forse vicina al suo picco, per quanto drammatico, ma intanto nel centro sud stanno crescendo nuovi focolai ancora inespressi, a causa della famosa fuga dal nord nel giorno del decreto, ma anche delle famigerate settimane bianche. In sintesi: nella stima contenuta nella relazione tecnica del provvedimento economico del Governo, gli esperti ipotizzano un picco nazionale con 4.500 contagiati in un giorno tra lunedì e martedì prossimi, mentre fissano per il 25 aprile la fine dell'epidemia, con 92mila contagiati in totale. Ma questi sono dati medi, in realtà ogni territorio del Paese avrà un periodo di picco differente. Per questo adesso la zona rossa, il quadrilatero tra Lodi, Codogno, Piacenza e Cremona, si è stabilizzata.

Altre province stanno vedendo cresce rapidamente i positivi, soprattutto Bergamo e Brescia, ma anche in questo caso con una velocità che sta diminuendo. La stessa Lombardia ieri ha avuto un incremento complessivo attorno all'11 per cento, non altissimo. Ma ci sono altri territori che preoccupano e per questo vale la pena prendere l'esempio dell'Emilia-Romagna: da una parte Piacenza ha rallentato ma, ha spiegato il commissario per l'emergenza, Sergio Venturi, «lo tsunami si sta spostando a Parma», mentre c'è un altro punto debole molto preoccupante all'altro estremo della regione, a Rimini («anche se qui il ritmo di crescita è sostanzialmente più basso di quello che ci poteva aspettare»). E Roma? Alla Regione Lazio vedono i casi moltiplicarsi, certo, ieri sommando i dati arrivati dalle Asl, si superava 70 nuovi positivi, ma è anche vero che, per ora, si avanza a una percentuale del 30-35 per cento che viene considerata accettabile. A fronte degli attuali 242 casi positivi (dati Protezione civile) significa che il limite massimo considerato come sostenibile di 1.500 non sarà raggiunto nell'immediato, dunque ci sarà tempo nel frattempo per organizzare gli ospedali e per dimettere chi guarisce. 
 



SCENARI
«Anche se noi - precisa l'assessore alla Salute, Alessio D'Aamato - ci prepariamo anche a scenari peggiori perché così si fa in questi casi». Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani: «Su Roma, in particolare, ad oggi c'è un incremento sostenibile. Sempre di qualche decina di unità, del 20-25 per cento. Non ci deve però essere sottovalutazione e i cittadini ci devono dare una mano rispettando rigorosamente le regole». Per quanto riguarda la Campania, il governatore Vincenzo De Luca fa questa previsione: «Calcolando lo scenario più grave, avremo bisogno entro il 14 aprile di 150 posti letto in terapia intensiva. Poi si prevede una curva discendente. Quindi dobbiamo reggere un mese e mezzo, due mesi e poi non avremo un medico che sarà costretto ad affrontare l'alternativa su chi deve vivere e chi deve morire».

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