Coronavirus Italia, il virologo Lopalco: «In autunno ritroveremo il virus, ormai ce lo abbiamo in casa»

Coronavirus Italia, il virologo Lopalco: «In autunno ritroveremo il virus, ormai ce lo abbiamo in casa»
di Graziella Melina
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Martedì 23 Giugno 2020, 07:21 - Ultimo aggiornamento: 10:23

Il Sars Cov 2 visto solo dalla prospettiva nazionale può trarre in inganno. Se è vero che in Italia la curva epidemica scende, seppure molto lentamente, questo non vuol dire che il virus sia stanziale e conosca i limiti delle frontiere. Proprio ieri il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato che la pandemia «continua ad accelerare nel mondo». E infatti i 183 mila nuovi casi di coronavirus registrati domenica e riferiti alle ventiquattr'ore precedenti chiariscono meglio la questione: si tratta del numero più alto di contagi scovati in un solo giorno dall'inizio della pandemia.

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SECONDA ONDATA
Sul dato globale ha di certo avuto un grande peso l'aumento delle persone contagiate in America Latina - oltre 50 mila in Brasile, per un totale di un milione di casi positivi - poi gli Stati Uniti, con circa 120 mila morti e oltre 2,2 milioni di casi e l'India, che ha superato i 425 mila casi di positivi, e circa 13.400 morti. Ma a preoccupare gli epidemiologici, in realtà, non è tanto il fatto che l'epidemia si sposti, o che in diverse aree si verifichino i focolai, come per esempio in Cina, quanto che forse in alcuni casi si tratterebbe di una seconda ondata. Nella Corea del Sud, per esempio, si ipotizza che l'epidemia si sia sviluppata per la seconda volta ai primi di maggio; in quel periodo, secondo le autorità locali, il numero dei contagiati era di nuovo aumentato a causa di un focolaio a Itaewon, una zona della movida di Seul. L'allerta, dunque, è alta ovunque. Secondo il ministero della Salute «anche se in Europa i casi di Covid-19 sono in calo, l'European centre for desease prevention and control sottolinea che la pandemia non è finita e che servono sforzi costanti per garantire che il distanziamento fisico e le altre misure di prevenzione continuino ad essere osservate».
 



Le misure adottate dai Paesi europei «hanno ridotto collettivamente la trasmissione e, a partire dal 9 giugno 2020, l'incidenza a 14 giorni nell'Ue e nel Regno Unito è diminuita dell'80% dal picco del 9 aprile». Per comprendere bene l'andamento della pandemia occorre perciò allargare lo sguardo. «Il Covid 19 è una malattia globale, è chiaro che quindi il virus gira - ribadisce Stefano Vella, ex direttore del Centro nazionale per la salute globale dell'Istituto Superiore di Sanità e docente di Global Health all'Università Cattolica di Roma - Ecco perché mi preoccupa sentire parlare solo di epidemia locale. Dobbiamo prepararci a fronteggiare il fatto che questo virus non è per niente andato via. Il numero dei nuovi casi è stabile e in più ci sono focolai qua e là». Il calo del numero delle persone che hanno bisogno delle terapie intensive non deve trarre in inganno. «Questo accade non perché il Covid sia meno grave - rimarca Vella - ma perché i pazienti vengono presi in carico prima. Abbiamo capito come trattarli, anche se ancora non esiste un farmaco specifico. Ora c'è un rischio di recrudescenza con le frontiere aperte. Dobbiamo prepararci a piccoli focolai e a casi di importazione».

ALZARE LA GUARDIA
Il virus, insomma, «è sempre lo stesso - spiega Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene generale e applicata all'Università di Pisa - Durante l'estate circolerà in maniera molto leggera, a bassa intensità, grazie anche al fatto che si sta all'aperto. Ma in autunno e inverno occorrerà alzare ancora di più la guardia, perché in quel momento la circolazione tende ad aumentare e potrebbe passare a una fase a intensità maggiore. In più, c'è il problema dell'arrivo dell'influenza. Oltre al fatto che le condizioni climatiche ne facilitano la circolazione». Il pericolo, dunque, non bussa alle porte da altri Paesi. «Anche se potrebbe esserci qualche caso che viene da fuori - sottolinea Lopalco - il virus è endemico, lo abbiamo a casa. E se anche chiudessimo in maniera ermetica i nostri confini, ormai il Sars Cov 2 è stabile nella nostra popolazione».

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